L’esercito dei civilisti

Svizzera – Il Consiglio federale intende ridurre l’attrattiva del servizio civile per favorire l’arruolamento nell’esercito
/ 26.02.2018
di Roberto Porta

Il 2018 è un anno di riforme per il servizio civile svizzero. Riforme già approvate e definitive, entrate in vigore all’inizio dell’anno, e altre che sono tuttora al vaglio delle autorità politiche, con lo scopo di ridurre l’attrattiva del servizio civile e tentare di accrescere il numero di giovani che decidono di arruolarsi nell’esercito. 

Ma andiamo con ordine e iniziamo dalle modifiche legislative già in vigore, normative che riguardano, riassumendo, la durata dell’obbligo di prestare servizio e la scelta degli ambiti di attività, come ad esempio impieghi per i civilisti nella sanità, nella scuola, nella protezione della natura o ancora nell’aiuto umanitario. Tra le novità targate 2018 c’è quella che riguarda la riduzione dei giorni di servizio civile da svolgere. Un periodo che è stato accorciato di 23 giorni, passando a 368 giorni in totale. «Questo perché ci sono state due modifiche normative – ci spiega Mirjam Schmid, capogruppo presso la sede di Rivera dell’ufficio federale denominato ZIVI, l’Organo d’esecuzione del servizio civile – la prima modifica, quella che determina tra l’altro la riduzione dei giorni di servizio, è legata alle nuove norme sull’obbligo di prestare servizio militare, inserite nel cosiddetto “Ulteriore sviluppo dell’esercito”. In questo caso il servizio civile si è adattato a quanto succede nell’esercito. Il secondo ambito di modifiche riguarda invece soprattutto civilisti, ad esempio per disciplinare il servizio di lunga durata o un eventuale posticipo dell’obbligo di prestare servizio». Aspetti che possiamo pertanto definire tecnici e amministrativi e che finora non hanno avuto una grande eco sulla stampa svizzera. 

A far discutere sono state però altre possibili novità. Riforme che il Consiglio federale – su impulso anche del Parlamento – intende introdurre per ridurre l’attrattiva del servizio civile e la sua capacità concorrenziale nei confronti dell’esercito. Le cifre di questi ultimi anni parlano infatti chiaro. Nel 2011 il numero di civilisti si era assestato a 4670 unità mentre nel 2017 era salito a 6785. Da quando è stato introdotto il servizio civile, ormai 22 anni fa, il primato spetta comunque al 2010, con 6826 iscritti. Per quanto riguarda il canton Ticino va detto che l’anno scorso i nuovi civilisti sono stati 372, il 19% in più rispetto al 2016 – come ci ha indicato Mirjam Schmid. «Una cifra – ci ha detto ancora la capogruppo del ZIVI di Rivera – che nel corso degli ultimi anni non è sempre andata in crescendo, nel 2015 ad esempio il numero di nuovi civilisti è stato inferiore seppur di poco rispetto al 2014». Complessivamente comunque i dati a livello nazionale testimoniano di quanto questo tipo di impiego sia sempre più apprezzato dai giovani del nostro Paese. Un successo che, come rovescio della medaglia, si ripercuote negativamente sull’esercito e sulla capacità del «grigioverde elvetico» di attirare nuove reclute nelle caserme. Da qui l’intenzione del governo di intervenire, anche perché c’è una soglia, un numero minimo di militi di cui l’esercito deve poter disporre per funzionare correttamente, ma che fa sempre più fatica a raggiungere. Questa soglia è fissata a 20mila reclute all’anno. 

Nel corso del 2017 – tra le scuole reclute invernali e estive – hanno indossato la divisa militare quasi 22mila ragazzi. Obiettivo raggiunto dunque, perlomeno a prima vista. I dati dicono infatti che in media il 20% circa di questi giovani non riesce a portare a termine la scuola reclute, per motivi medici o per altre ragioni. Defezioni che l’anno scorso hanno portato il numero effettivo di nuovi soldati a 18mila, inferiore pertanto alla soglia minima prevista. Per questo motivo lo scorso mese di novembre il Consiglio federale ha formulato dei possibili correttivi, in particolare per ridurre il numero di giovani che sceglie di passare al servizio civile dopo la scuola reclute. Sono infatti parecchi i ragazzi che decidono di compiere questo passo, basti dire che nel 2016 ben il 40% dei nuovi civilisti proveniva proprio dall’esercito. L’obiettivo del governo è quello di accrescere il numero dei giorni di servizio da svolgere come civilista per chi lascia il grigioverde. Un modo, spera il Consiglio federale, per ridurre la perdita di militi registrata regolarmente dall’esercito. In linea di principio chi ha già svolto la scuola reclute dovrà svolgere almeno 150 giorni in qualità di civilista e dovrà attendere un anno prima di iniziare questo tipo di servizio, cosa che ad esempio potrebbe causare qualche problema per chi è ancora in formazione, all’università o in altre scuole.

In ogni caso tocca al Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca – quello diretto da Johann Schneider-Ammann – elaborare entro il prossimo autunno una riforma della legge in materia. Ma già fin d’ora Civiva, l’associazione che nel nostro Paese difende il servizio civile, è pronta a lanciare un referendum contro questo nuova normativa, facendo leva su questo argomento: se l’esercito ha un problema nel raggiungere il numero minimo di reclute di cui ha bisogno, la soluzione non sta nell’indebolire il servizio civile. Il problema è da risolvere invece all’interno dello stesso esercito e nelle sue modalità di arruolamento. Per questo motivo Civiva ha fatto notare che il numero di giovani che lascia l’esercito per svolgere un’attività da civilista è nettamente inferiore al numero di persone che vengono scartate al momento del reclutamento in grigioverde. 

Se l’esercito intende curare meglio il proprio vivaio – dice ancora l’associazione dei civilisti – non deve fare del servizio civile un capro espiatorio ma deve semmai migliorare i propri criteri di selezione. Non per nulla, proprio da quest’anno, chi ha problemi fisici potrà essere comunque arruolato, se dimostra di avere particolare doti informatiche. Lo scopo – indicato anche da diversi atti parlamentari – è quello di poter contare sull’apporto di chi sa muoversi con abilità su internet per combattere la criminalità informatica e per lottare con maggiore incisività contro le minacce terroristiche. Una misura che dovrebbe contribuire a garantire all’esercito un numero sufficiente di militi, anche nel settore che si occupa della lotta alla cybercriminalità – senza per questo intaccare l’attrattiva del servizio civile. In ogni caso al più tardi in autunno ne sapremo di più, quando il Consiglio federale presenterà il suo piano d’azione per meglio equilibrare le forze tra esercito e servizio civile.