La nascita di un bambino è sempre un evento bello e unico. Il nucleo famigliare prende consapevolezza lasciandosi alle spalle immaginazione, dubbi e domande, e accoglie il neonato sviluppando l’innata propensione a rispondere ai suoi bisogni. È l’accudimento, condizione necessaria allo sviluppo e alla crescita del nascituro, spiega lo psicoterapeuta Pierre Kahn: «Per crescere, il bambino necessita di una figura adulta capace, sensibile, responsabile che sappia assicurargli vicinanza, protezione e affetto». Purtroppo non sempre il neonato può essere accolto in questo modo, giungendo in famiglie cosiddette vulnerabili.
«La vulnerabilità abbraccia un campo abbastanza ampio nel quale dobbiamo distinguere l’aspetto patologico (disturbi psichici, tossicodipendenze, alcolismo e altre dipendenze) dalle nuove “dipendenze senza sostanze” che stanno prendendo sempre più piede: quelle dalla tecnologia che negli ultimi dieci anni ha invaso la nostra società», esordisce lo psichiatra e psicoterapeuta Michele Mattia che racconta l’esempio di una mamma e un papà visti a cena in un ristorante, con il bambino seduto a tavola con tablet e cuffiette nelle orecchie. «Una famiglia diventa vulnerabile anche quando siamo troppo legati a noi stessi ed entriamo nel mancato accudimento verso l’altro, quando i genitori non mettono limiti e, come in quel caso, lo smartphone fa da babysitter al bambino che entra in una dimensione di trascuratezza rimanendo isolato invece di socializzare durante la cena».
Ma il discorso è complesso e il campo si allarga anche alle famiglie a basso livello economico nelle quali possono esserci conflitti continui legati a questa dimensione: «Allora il bambino vive all’interno di una famiglia ad altissima conflittualità espressa». Senza dimenticare il rischio legato alle famiglie «ad altissimo livello economico» nelle quali, secondo lo psichiatra, potrebbe verificarsi una dimensione di anaffettività nei confronti dei figli: «La nostra società deve dunque riconoscere che il ventaglio di vulnerabilità famigliare è ampio e racchiude una serie di aree che oggi sarebbe bene emergessero accanto a quelle già note». Per ora, in occasione della Giornata mondiale della salute mentale dello scorso mese di ottobre, Promozione Salute Svizzera ha acceso i riflettori sulle vulnerabilità famigliari psichiche: «Lo sviluppo della prima infanzia è importante per la salute psichica durante tutta la vita. Tuttavia, le misure a sostegno dei bambini che crescono in condizioni difficili sono insufficienti. Queste carenze vanno portate alla luce e perciò presentiamo quattro nuovi progetti innovativi a favore dei bambini che crescono in famiglie in condizioni iniziali difficili a causa di carichi famigliari, sociali o materiali, e vedono dunque compromesso il loro sviluppo della prima infanzia».
In Ticino si è puntato sulla prevenzione con il progetto «Da meno 9 a più 36» (dove per 9 e 36 si intendono i nove mesi della gravidanza e i 36 successivi alla nascita). Ce lo spiega Martina Flury Figini, coordinatrice di PAT-Imparo con i genitori: «Ci rivolgiamo molto precocemente a quelle famiglie che si trovano a manifestare fattori di stress a livello sociale, finanziario, problematiche psichiche o fisiche dei genitori. Ci attiviamo solo dove troviamo consenso e collaborazione della famiglia stessa; partiamo dalle sue risorse e portiamo un nuovo linguaggio, in modo che i genitori si sentano in grado di adempiere bene al proprio ruolo». Un progetto in cui famiglia e specialisti (levatrici, ostetriche, ginecologi, medico di famiglia e via dicendo) sono messi in rete già durante la gravidanza, come spiega Promozione Salute Svizzera che lo finanzia insieme al Cantone: «I genitori approfittano di quest’offerta e, in collaborazione con persone di loro fiducia, sono messi in condizione di prendersi cura della propria salute psichica: ciò è essenziale perché i bambini nella prima fase della loro infanzia dipendono fortemente dalla presenza di persone di riferimento affidabili ai fini di un sano sviluppo».
Patologiche, psichiche, legate alle nuove tecnologie o al nuovo stato sociale che vede la famiglia non più allargata ma individualista e spesso sola a gestire le criticità, le vulnerabilità comporteranno un problema di accudimento che non sempre la famiglia riesce a compensare attivando le proprie risorse. Allora va aiutata, dice Pierre Kahn, per proteggere il bambino che: «in caso di stress, disagio o bisogno invia segnali attraverso il pianto o altri atteggiamenti, aspettando di ricevere una risposta complementare che lo possa aiutare e confortare». Le cose si complicano quanto il genitore ha egli stesso bisogno di attenzioni e diviene auto centrico: «Ad esempio, se una madre ha problemi psichici, potrebbe non saper rispondere adeguatamente ai bisogni di un bimbo che piange, potrebbe viverlo come un fastidio o un’interferenza, usarlo come proprio strumento consolatorio, come fosse una bambola e non un individuo, invertendo in un certo senso i ruoli di accudimento». Nei primi anni il ruolo della madre è preponderante sul quello paterno, perciò tutto si complica se fosse lei a presentare una vulnerabilità psichica. Fra conseguenze dirette e indirette («quando è il padre ad avere problemi e la madre si trova ad occuparsi di entrambi»), anche Kahn riconosce il ruolo fondamentale e le risorse della famiglia allargata: «Sono provvidenziali nonne, zie, o altre figure che con la loro presenza possono rispondere ai bisogni del bambino».
Le famiglie vulnerabili vanno dunque individuate, sostenute e aiutate per l’equilibrio di crescita dei figli, onde evitare tutta una serie di possibili evoluzioni negative: «Un bimbo piccolo può presentare ritardi nello sviluppo, nel linguaggio, negli aspetti motori, cognitivi e relazionali. Può costruire un rapporto ambivalente con la figura materna, diventando un bambino insicuro e ansioso. Da adolescente rischia di vivere rapporti morbosi ed esclusivi, non avendo imparato la giusta distanza relazionale con l’altro. Da adulto rischia infine di idealizzare il proprio partner, di sovrainvestirlo diventando un adulto geloso, ossessivo, controllante, autoritario, anche perché da piccolo non ha appreso correttamente a decodificare l’interazione con l’altro».
È utile, conclude Kahn, poter riportare il bimbo al centro dell’attenzione dell’adulto, aiutando nel contempo quest’ultimo nella difficoltà che sta attraversando. Tutti, i genitori in primis, vogliono solamente il bene del bambino. Sostenere le famiglie vulnerabili aiuta a proteggere il nucleo in cui cresceranno gli adulti di domani. E proteggere è il sinonimo che più si avvicina al verbo amare.