Il direttore medico e scientifico del Neurocentro della Svizzera italiana, professor Alain Kaelin (Stefano Spinelli)

Le sfide delle neuroscienze nella società

Medicina - Dieci anni di Neurocentro Ticino: lo sviluppo di sinergie tra attività clinica, ricerca e formazione
/ 28.10.2019
di Maria Grazia Buletti

Nel 2012 secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) il 50 per cento delle disabilità nel mondo era dovuta a problemi di tipo neurologico. Oggi si stima che in Europa più di 220 milioni di persone ne sono colpite. Ne è prova che non esiste altra disciplina che si stia sviluppando così rapidamente come la neurologia. Parliamo di cefalee (guidano la lista dei disturbi neurologici più comuni), disturbi del sonno, ictus e demenza.

L’incidenza di molte delle malattie riconducibili a questo ambito (come ictus, demenza o Parkinson) aumenta con l’invecchiamento della popolazione. Tendenza progressiva che determina anche la rilevanza dell’impatto socio-economico generato dalle patologie neurologiche. L’aumento della speranza di vita è tipicamente accompagnato da un aumento delle malattie degenerative a carico del sistema nervoso centrale e rende fondamentale la ricerca clinica e sperimentale già molto attiva nell’ambito delle neuroscienze. 

Passato, presente e futuro dell’evoluzione delle malattie neurologiche, del loro impatto socio-economico, della prevenzione, insieme ai progressi della ricerca neuro scientifica, costituiranno l’ampio tema del Simposio Sfide delle neuroscienze nella società che avrà luogo giovedì 7 novembre 2019 (dalle 16.00 alle 18.30 all’Auditorium dell’USI a Lugano). Organizzato dal Neurocentro della Svizzera italiana, che sottolinea il decennale della sua istituzione da parte dell’Ente Ospedaliero Cantonale, vedrà fra gli esimi relatori il suo direttore medico e scientifico professor Alain Kaelin con cui affrontiamo i temi salienti che caratterizzano le neuroscienze e le malattie neurologiche per contrastare le quali scopriremo che tempismo, diagnosi precoce, evoluzione terapeutica (con la multidisciplinarietà e l’interdisciplinarietà), ricerca e, non da ultimo la prevenzione, sono gli alleati principali. 

«Dobbiamo innanzitutto puntualizzare che le malattie neurologiche non riguardano unicamente la popolazione anziana, ma il loro ampio spettro può abbracciare ogni periodo della vita: pensiamo alle malattie genetiche rare che spesso toccano il sistema nervoso e i muscoli del bambino, l’emicrania del giovane adulto il cui impatto sociale è ampio ma sottostimato, l’epilessia o la sclerosi multipla, malattia infiammatoria che può colpire giovani adulti, senza dimenticare quelle patologie internistiche croniche che non possiamo considerare direttamente neurologiche, ma che nella loro evoluzione andranno a intaccare il sistema nervoso. Ad esempio, il paziente diabetico potrebbe prima o poi sviluppare una polineuropatia». 

Evidenziando l’ampio spettro in cui si collocano le patologie neurologiche, il professor Kaelin dimostra che l’impatto di ciascuna dipenderà pure dall’età e dal tipo specifico di malattia: «A livello ospedaliero e ambulatoriale le malattie degli anziani avranno un peso economico sostanziale: una vera sfida per la sanità». La buona notizia sta nel fatto che «in pochi anni abbiamo consolidato una struttura sanitaria d’eccellenza nella Svizzera italiana che oggi sa dispensare cure multidisciplinari di alto livello al pari di un ospedale universitario». 

Kaelin ci ricorda come trent’anni fa la medicina neurologica poteva già diagnosticare tante malattie neurologiche per le quali però non disponeva di risposte terapeutiche efficaci e sicure: «Oggi, i pazienti del Neurocentro beneficiano delle sinergie create fra clinica, tecnologia medica e ricerca, i cui sviluppi sono evidenziati nelle diagnosi precise e nelle tempestive terapie salva-vita». Egli porta ad esempio la presa a carico nello Stroke Center dei pazienti colpiti da ictus per i quali fattore tempo e terapie permettono di salvare la loro vita conservandone un’alta qualità, ma non solo: «Il Neurocentro è oggi anche performante nei trattamenti all’avanguardia per malati affetti da tumori cerebrali, demenze, epilessia, morbo di Parkinson, sclerosi multipla, traumi cranici e patologie spinali degenerative e questo approccio neurologico moderno permette di diminuire anche l’impatto sociale di queste patologie». 

Abbracciando branche della medicina con impatto neurologico, e proponendo terapie neurologiche specifiche, la neurologia è oggi una medicina altamente specializzata senza netti confini. Un esempio è «l’esplosione della medicina del sonno» per la quale ci si potrebbe chiedere se la neurologia non stia evidenziandone la condizione: «È un dubbio pertinente al quale rispondiamo innanzitutto che la neurologia non crea malattie che non esistono, ma vuole trattare la gente che soffre, senza enfatizzarne tutti i disturbi». 

Non bisogna sottovalutare, come un tempo, i disagi legati al cattivo sonno che innescano una indubbia ricaduta socio-economica: «Pensiamo alle persone che, dormendo male, poi sono sonnolente al lavoro, distratte, stanche e non produttive. Per analogia abbiamo le persone affette da emicrania, la cui qualità di vita personale e sociale è davvero compromessa, come pure la loro produttività lavorativa». 

Dicevamo che le neuroscienze e la neurologia abbracciano sempre più un ampio ventaglio di patologie forse un tempo sottovalutate, ma per le quali oggi, oltre all’impatto di sofferenza individuale, è riconosciuto pure l’impatto sociale. Certo, questo genera costi sanitari maggiori che potrebbero però essere più contenuti se il trend strizzasse maggiormente l’occhio alla prevenzione ancora troppo sottovalutata, malgrado che pure nel campo neurologico se ne sia compreso il grande impatto positivo: «La neurologia si concentra da 100 anni sulla diagnosi e da 30 anni sulle terapie, ma nella prevenzione deve ancora darsi da fare. Abbiamo però compreso che, pure per le patologie neurologiche, promuovere uno stile di vita sano vale tanto quanto nelle malattie cardiovascolari». Si torna dunque a parlare di movimento, alimentazione corretta, e dei fattori di rischio come fumo e alcol: «Si è scoperto che, per citare un esempio, lo stile di vita sano permette di invecchiare meglio e diminuire il rischio di contrarre l’Alzheimer: si è compreso che l’attività fisica e il movimento, proteggono non soltanto dalla demenza senile, ma anche per la malattia di Parkinson». Il vecchio adagio Mens sana in corpore sano, dunque, viene riconfermato. 

Rimane essenziale comunque la ricerca: «Apre enormi orizzonti e, alla ricerca clinica e biologica, dovremmo affiancare maggiormente anche quella epidemiologica e l’osservazione sistematica dei pazienti con malattie non ancora trattabili. Questo per scoprire nuove relazioni, perché come diceva Pasteur: il caso aiuta soltanto lo spirito preparato».