Neurologo, psicologo e saggista, nel corso degli ultimi due decenni, facendo ricorso in particolare alle tecnologie di neuroimaging, Antonio Damasio è giunto a scoperte che hanno rivelato l’importanza delle emozioni nei processi decisionali.
Se l’attività di Damasio è nota ben oltre alla schiera degli specialisti è perché il neuroscienziato portoghese ha riflettuto sulle conseguenze delle sue scoperte, costruendo un modello originale di come funziona la nostra mente. Per esempio, è diffusa (oltreché essere tema storico della filosofia) la convinzione che corpo e mente siano a tal segno separati, che il ragionamento e il giudizio morale non abbiano relazione con la fisicità materiale del corpo, e che – come diceva Cartesio – da una parte c’è il corpo e dall’altra la mente. Pubblicando nel 1994 il suo saggio intitolato L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano, Damasio aveva fatto irrompere le emozioni e i sentimenti nell’ambito di quelle discipline – in particolare le scienze cognitive – che studiano i nostri processi decisionali, «ripulendoli» da ogni contagio del corpo e dei suoi «umori». Tutt’al contrario, già allora, Damasio sosteneva, attirando l’attenzione sui risultati delle sue ricerche neurologiche, che non prendiamo mai decisioni senza «sentire» il nostro corpo: «La mia idea è che i marcatori somatici assistano il processo di cernita (…) anzi, essi riducono il bisogno di cernita perché forniscono una rilevazione automatica dei componenti dello scenario che è più probabile siano rilevanti. Dovrebbe risultare così evidente l’associazione tra processi cosiddetti cognitivi e processi chiamati emotivi».
I saggi pubblicati successivamente hanno concorso a mettere in crisi non solo l’idea che mente e corpo siano due entità distinte, ma anche la persuasione che si possa considerare il cervello in maniera distinta dal corpo, presupposto che sta alla base anche di quelle ricerche nell’ambito dell’intelligenza artificiale che ritengono possibile ridurre le decisioni che prendiamo a processi descrivibili con algoritmi.
La riflessione condotta nelle pagine di Lo strano ordine delle cose – il cui sottotitolo è La vita, i sentimenti e la creazione della cultura – si sviluppa lungo due direttrici divergenti: l’esame delle dinamiche interattive dei batteri e degli organismi più semplici e lo studio delle organizzazioni culturali. Sembrerebbero due ambiti di riflessione irriducibili, posti a distanze tanto estreme, da indurre a pensare che chi volesse accostarli, starebbe facendo un esercizio sterile. Senonché, Damasio ritiene che le sue scoperte in merito alle emozioni e ai sentimenti permettono di rilevare in processi vitali molto semplici e molto primitivi la presenza di attività chimico-elettriche precorritrici delle funzioni regolatrici svolte dai sentimenti, e che gli uni e gli altri sono guidati dalla «mano invisibile» dell’omeostasi.
Il concetto di «omeostasi» che ha in mente Damasio non indica qualcosa di statico bensì di dinamico: si tratta di «una stabilità favorevole alla crescita», egli dice. Nella sua prospettiva «l’omeostasi è il potente imperativo, inconsapevole e inespresso, il cui assolvimento implica per ogni organismo vivente, piccolo o grande che sia, il semplice perdurare e prevalere». La relazione tra omeostasi e sentimenti ipotizzata da Damasio è data dal fatto che «i sentimenti sono i rappresentanti mentali dell’omeostasi».
Siccome i batteri, governati anch’essi dall’imperativo omeostatico, comunicano e «sentono» l’ambiente per mezzo di reti chimiche ed elettriche, e siccome i sistemi nervosi «sentono» il loro mondo interno e quello esterno per mezzo di reti di neuroni, senza rinunciare alle modalità comunicative dei batteri, per Damasio c’è continuità tra le forme di vita più semplici e quelle più complesse grazie alla funzione svolta dall’omeostasi.
Nella descrizione fornita da Antonio Damasio, i sistemi nervosi degli organismi complessi hanno il compito di «mappare» il mondo esterno per mezzo di tutti i nostri sensi (il «portale sensoriale»), e il mondo interno attraverso segnali nervosi veri e propri, oppure attraverso segnali chimici. Le «immagini» (non necessariamente fotografiche) del mondo esterno e del mondo interno, che i sistemi nervosi creano, sono dotate di «valenza», qualità che i sentimenti usano per orientare l’azione in modo che soddisfi le prerogative dell’omeostasi.
Essendo la relazione corpo-cervello al centro del programma di ricerca di Damasio, il neurologo ha posto particolare attenzione al modo in cui tutto il nostro organismo – e quindi non solo il sistema nervoso centrale – concorre alla creazione di sentimenti che orientano la nostra azione. Basterebbe pensare al ruolo trascurato dell’intestino. L’intestino ha un suo peculiare sistema nervoso chiamato «sistema nervoso enterico». Dal punto di vista evolutivo, questo sistema nervoso ha preceduto quello centrale, e i due comunicano attraverso il nervo vago. La nostra esistenza quotidiana è caratterizzata da un flusso ininterrotto di sentimenti omeostatici prodotti dal mondo interno antico dei visceri, dal mondo interno recente fatto dalla nostra struttura muscoloschelettrica, e dal mondo esterno mediato da quel portale sensoriale che ci fornisce una percezione di quanto sta attorno a noi ricca di sensazioni molteplici.
Sebbene quanto descritto potrebbe adattarsi anche ad altri generi animali, alcuni dei quali anch’essi dotati di una mente, Antonio Damasio sostiene che siamo gli unici ad aver evoluto una «mente culturale». Anch’essa è stata guidata dagli imperativi dell’omeostasi, la quale, tuttavia aveva già favorito l’emergere di strategie cooperative in molti animali sociali. «È sui sentimenti – dice Damasio – che poggia la maggior parte di ciò che costituisce la moralità e la giustizia, che è il fondamento stesso della dignità umana»; tuttavia è solo il nostro genere che ha evoluto la capacità di creare più versatili e condivisibili mappe interiori, le quali, dapprima sono state condivise dai nostri predecessori in forma orale, e successivamente hanno trovato nei supporti esterni potenti strumenti di memorizzazione.
Gli esseri umani sono l’unica specie, secondo Damasio, ad aver usato la mente culturale, assecondando un principio omeostatico iscritto nei loro stessi corpi, tuttavia è lo stesso neurologo portoghese a rendersi conto che, talvolta, non sappiamo valutare adeguatamente i nostri sentimenti perché facciamo fatica a scegliere tra una soddisfazione immediata e un equilibrio futuro.