L’Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp) indica che da gennaio ad aprile di quest’anno sono stati registrati in totale 97 casi di morbillo. Una tendenza al rialzo in linea con l’allarme lanciato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms): «Il morbillo cresce rapidamente in tutto il mondo e quest’anno il numero di casi è triplicato rispetto allo stesso periodo dello scorso anno». L’allerta riguarda anche Europa e Usa, dove le vaccinazioni avevano permesso di debellare la maggior parte delle malattie infettive: «Oggi a livello globale sono milioni le persone a rischio e nei primi sei mesi del 2019 i casi segnalati sono i più alti in assoluto dal 2006».
La consapevolezza che consacrava le vaccinazioni come una grande rivoluzione silenziosa del nostro tempo sta affievolendosi. Eppure, è in gran parte merito delle vaccinazioni se oggi abbiamo un mondo sicuro nel quale anche i più deboli possono vivere con serenità. Resta un dato di fatto che malattie infettive come vaiolo e poliomielite (non dimentichiamo che condannavano alcuni a morire e molti a una vita di severa disabilità), morbillo, parotite, meningite, tetano, influenza siano state rese inoffensive proprio dai programmi vaccinali. Eppure, proprio ora che i risultati sono evidenti, parecchie persone incorrono sempre più nel pensiero che ai vaccini stessi si possa o si debba rinunciare.
I contagi (ad esempio di morbillo) aumentano e di pari passo pare crescere il numero di persone vaccino-scettiche, al punto che l’Oms ha deciso di porre la vaccino-esitazione fra le dieci sfide più importanti per la salute mondiale. Oggi i genitori non si sentono sempre sereni nel fare una scelta che agli esordi dell’era delle vaccinazioni era considerata una vera conquista, e i pediatri sono sempre più confrontati col darsi da fare per fugare i dubbi che insorgono.
«Credo siamo giunti al punto che i vaccini siano vittime del proprio successo: non sappiamo se il numero di genitori vaccino-scettici sia aumentato, ma è certo che se c’è ancora una generazione che si ricorda delle malattie infettive debellate dalle vaccinazioni e dei loro effetti spesso devastanti, così non è per i nostri figli e i bambini che sono arrivati dopo e non hanno visto né vissuto la poliomielite, la difterite e il tetano, ad esempio. Le scienze cognitive lo spiegano col fatto che abbiamo sviluppato una falsa vigilanza: dal momento che non vedo più la malattia, ho la falsa impressione che il pericolo non sia in essa perché non esiste più. Ed è molto difficile doversi vaccinare da una malattia della quale non abbiamo visto né percepito la minaccia». Incontriamo a Ginevra il medico responsabile del centro pediatrico Clinique des Grangettes, il pediatra Alessandro Diana, che ci permette di riflettere su questa reticenza senza giudizio: «Una mia paziente africana, ad esempio, mi chiede tutti i vaccini disponibili dicendomi che non mi rendo conto di quante persone lei abbia visto morire di polio, meningite e altro. Lei ha una vigilanza molto diversa dalla nostra che stiamo qui e non abbiamo più idea di queste malattie».
Esitare può dunque essere legittimo, e il nostro interlocutore ha ammesso di aver egli stesso cambiato atteggiamento nei confronti di chi è scettico e non vuole far vaccinare i propri figli: «Come professionisti della salute, per anni abbiamo un po’ sottovalutato l’aspetto dei vaccino-esitanti, dicendo loro che i vaccini sono importanti, senza stare ad ascoltare i loro dubbi, le loro paure, il loro punto di vista. A un certo punto, mi sono messo nei loro panni, ho dubitato delle mie certezze assolute e soprattutto di come volevo imporle, e grazie alla metacognizione, all’osservazione critica del mio pensiero, ho cambiato atteggiamento».
Nell’imporre il sapere sull’importanza dei vaccini, il medico è percepito come qualcuno che si pone su un piedistallo, trascurando il dialogo, l’empatia, l’ascolto dell’altro e l’accoglienza delle sue ragioni: «A un certo punto, ho capito che questi miei pazienti ponevano domande legittime, logiche e intelligenti e ho capito che era scorretto non dare risposta ai pazienti vaccino-esitanti». La via intrapresa dal dottor Alessandro Diana è lunga un decennio, sa di grande cambiamento e passa per la parola magica della comunicazione: «I genitori vaccino-esitanti sono persone che agiscono per il bene del loro bambino, hanno dubbi per i quali meritano ascolto, dialogo e risposte adeguate».
La metacognizione altro non è che la «Science of Thinking of thinking»: da meta (dopo) e cognition (conoscenza): «Le neuroscienze ci insegnano che tutti noi prendiamo un’infinità di decisioni sulla base delle credenze. Quindi, si tratta di attivare la corteccia pre-frontale per sviluppare le divergenze e porre domande come: “È sicuro che la sua decisione od opinione sia giusta?”, “Quanto siete certi che non vaccinare contro il morbillo sia una buona scelta?”. Il 90 per cento dei pazienti e professionisti vaccino-esitanti sono indecisi e un colloquio motivazionale permette di entrare in empatia, sviluppare le divergenze, evitare il confronto degli argomenti e coltivare un senso di autoefficacia».
Tutto ciò si chiama Motivational Intervewing Spirit: «Un colloquio motivazionale che tiene conto del fatto che una persona non cambierà parere in cinque minuti, ma si deve dapprima provare a comprendere il perché della sua posizione, da dove vengono le sue paure, ammettendo che se avessi le stesse esitazioni avrei le sue stesse perplessità». Il dottor Diana ha ben compreso che chiedendo il permesso la porta si apre. Il genitore vaccino-scettico si sente capito e rimane all’ascolto, più aperto, riflette, domanda, spesso torna sui suoi passi con assoluta legittima autodeterminazione.
Si sgretolano così quelle paure legate, per fare un solo esempio, ai vaccini che causano l’autismo: «Attraverso esempi concreti e assenza di evidenze scientifiche, riescono a comprendere che l’unico nesso esistente fra vaccini e autismo è di tipo temporale e non di causa-effetto».
Egli porta parecchi esempi concreti dell’applicazione di questa tecnica che permette ai genitori di accedere a informazioni specialistiche: «La chiave sta nell’accompagnare una persona a cambiare parere, rendendola parte della partecipazione terapeutica; sono certo che informando professionisti e pazienti, questi ultimi sono abbastanza autonomi per saper scegliere cosa sia davvero il meglio per i propri figli che poi spesso scelgono di vaccinare». Il problema non sta nel vaccino-esitante, ma nella disinformazione: «La vera informazione ha fatto progredire l’umanità, mentre quella falsa ci ha sempre ributtato indietro. Dobbiamo unirci, perché il nemico comune non siamo noi, uno contro l’altro, ma la disinformazione».