Lavorare la materia con le proprie mani, creare oggetti originali, artistici, utili, belli. Entrare in contatto con saperi antichi continuando a essere innovativi. Chi sono oggi gli artigiani, come lavorano e cosa producono? Abbiamo cercato di scoprirlo insieme a Claudio Gianettoni, Vicepresidente dell’Associazione ticinese artigiani e artisti Aticrea, e l’esperienza di un collettivo luganese, Lugano Bella.
Ciò che salta all’occhio è che il lavoro dell’artigiano ha subito un profondo mutamento: dal produrre manufatti di stretta necessità si è passati all’oggettistica di nicchia. Cambiano i tempi, il prezzo e il pubblico, e per sopravvivere nel presente l’artigianato deve rimanere al passo, essere attrattivo senza svendersi, mostrare quali sono le sue imprescindibili qualità rispetto alla produzione seriale. Basterà produrre cose belle? Forse sì, ma vanno valorizzate la formazione, l’esperienza, la conoscenza, l’unicità delle proprie creazioni, e soprattutto bisogna imparare nuovi modi di comunicare e concepire il lavoro manuale, creando rete.
In Ticino l’associazione Aticrea, sta cercando di portare l’attenzione del mondo dell’artigianato verso questi ambiti: la promozione, con le Giornate europee dei mestieri d’arte, e la formazione, con il Progetto Comedia. Claudio Gianettoni ci racconta che: «Aticrea è nata nel 2018, sulla base di un’altra associazione esistente, per dare un taglio diverso al settore: non parlare solo di artigianato in generale, perché questo riconduce a zoccolette, gerle e boccalini, ma valorizzare la creatività. E così quelli che consideriamo artigiani aumentano: un tecnico luci, un regista, sono tutti dei creativi. Fare l’artigiano oggi non significa più stare dietro al bancone ma avere un mondo di potenziali clienti. Per questo oggi più che mai servono le nuove tecnologie». Insomma, le idee e i concetti ci sono, ma concretamente, cosa fa Aticrea? «Ci concentriamo sulla progettualità, sosteniamo i nostri associati nell’elaborare il loro progetto. L’associazione diventa così un erogatore di servizi di interesse comune, comprimendo i costi, capitalizzando le competenze, le relazioni, le conoscenze. Si tratta di avere un’ottica più funzionale. Oggi come oggi il valore di un artigiano dipende in gran parte dalla capacità di presentazione. Bisogna creare l’aspettativa, comunicare quello che si esprime con il prodotto e capire come mediare la creatività del cliente con le proprie competenze. Non basta più la tecnica». Quindi l’artigiano non è più l’artista nella sua bottega che crea oggettistica tradizionale o artistica? «No, non voglio negare questo aspetto. Andare a riscoprire le radici, farne un’interpretazione, e riproporre l’oggetto con una nuova visione mantenendo lo spirito, la storia, la conoscenza dei materiali. Questa energia, oltre a esperienza e competenze, è quello che differenzia l’artigianato dal prodotto industriale. Oggi però ci vuole anche più autostima».
Per questo motivo Aticrea ha portato due anni fa in Ticino il format europeo delle Giornate dei mestieri d’arte, una vetrina dell’artigianato aperta a tutti, dove negli stessi giorni, contemporaneamente in tutta Europa, è possibile visitare laboratori e mostre per conoscere i mestieri. La scorsa edizione sono stati più di 2000 i visitatori all’ex Macello di Lugano e negli atelier degli artisti. «Dal 3 al 5 aprile 2020 – continua Gianettoni – faremo scoprire il dietro le quinte delle attività artigianali che operano per tre settori fondamentali nella nostra regione: il carnevale, il cinema, il teatro e i media. Si potrà assistere a laboratori e esposizioni alla RSI di Besso per il multimedia, alla Città dei Mestieri a Bellinzona per il carnevale e al Palacinema di Locarno per il cinema». Un programma denso (disponibile a breve su www.metiersdart.ch) che non si esaurisce nei tre giorni di aprile, ma che a novembre è stato anticipato da eventi come incontri e conferenze sul carnevale e che prevederà anche un dietro le quinte del LAC con Daniele Finzi Pasca, e che soprattutto vuole sottolineare anche il legame con la neonata Città dei mestieri di Bellinzona.
Parlando di giovani, ci sono scuole che preparano gli studenti al mondo dell’artigianato, come il Centro scolastico per le industrie artistiche di Lugano. «Abbiamo deciso di collaborare con loro – spiega Gianettoni – per creare il Progetto Comedia, che mira a colmare le lacune legate alla comunicazione. Il corso che proponiamo inizierà nel mese di marzo, e sarà aperto a studenti e artigiani, con docenti Csia e nostri». In effetti da un’indagine effettuata da Aticrea, è risultato che su 1600 artigiani, meno della metà possiede un indirizzo internet, e meno di 100 un proprio sito. Tra gli obiettivi del corso: più informatica (web, social media) e maggiori conoscenze degli strumenti idonei alla promozione e commercializzazione, anche attraverso partner specializzati. «Il nostro obiettivo finale è poi creare un magazine digitale».
In Ticino oggi però c’è anche chi sa già come promuovere il lavoro artigianale locale e di qualità, con un discreto successo. Forse è un nuovo modo di concepire le professioni di un tempo, forse una nuova tendenza. Stiamo parlando del giovane collettivo Lugano Bella, formatosi un anno fa e gestito da Veronica e Valeria Panizza e Damiano Merzari. Due gli appuntamenti finora che li hanno visti protagonisti, un contanier sul lungolago l’estate scorsa e uno spazio vendita pop-up prima di Natale: in entrambi i casi una vetrina singolare su prodotti locali. Boccalini rivisitati, asciugapiatti design coi pesci di lago, il rosso e il blu, tanta Lugano. «Si tratta di una piattaforma per la produzione e la promozione di cose belle, che hanno come riferimento comune il Ticino. Ma anche un punto d’incontro, uno spazio dove chiacchierare e conoscersi – ci raccontano i tre – Lugano Bella è nata per dare visibilità e facile accesso a cose pensate, realizzate con buoni materiali, per la qualità di tutti i giorni». I tre vengono da professioni e vite diverse, chi artigiano, chi no: «collaboriamo con artisti cui ammiriamo abilità e operato. Ci piace chi lavora bene, senza pensare solo a quello che sarebbe più strategico fare». A loro, che ce ne sembrano portatori, chiediamo se è corretto oggi parlare di un artigianato di ritorno: «Le nostre produzioni sono sicuramente influenzate dal passato e dalla tradizione artigianale ticinese, per noi è stato quasi istintivo. In questo momento storico si è tornati a prestare attenzione ai propri acquisti e a prediligere un determinato tipo di produzioni, di riflesso l’artigianato ne beneficia. È la dimostrazione che vi è un’altro modo di fare le cose, più lento, più dolce, più curato e alla fine più bello. E gli oggetti così vengono trattati meglio, tramandati, diventando quasi dei tesori».