Sono giovani, sono globali, sono volontari, hanno voglia di cambiare il mondo creando un impatto positivo e virtuoso sulla società. Sono i global shaper, ragazzi tra i 20 e i 30 anni, che mettono le loro competenze, il loro tempo, il loro impegno, le loro idee e la loro visione al servizio della società e del prossimo.
Fondata nel 2011 per iniziativa del World Economic Forum, l’associazione indipendente e apartitica conta 414 hub e oltre 10’000 shaper in giro per il globo, gruppi di lavoro che agiscono a livello locale, regionale e internazionale grazie alla Rete di cui fanno parte, incentivati dal motto «dai forma al tuo futuro». Agiscono secondo tre pilastri: interazione, visione e impatto. Per far parte della grande famiglia degli shaper, a parte l’età, bisogna soddisfare alcuni requisiti.
Il profilo ideale è quello del giovane con competenze e background straordinari, dotato di grande potenziale umano e professionale, pronto a collaborare con gli altri membri dell’hub di appartenenza per migliorare la qualità di vita della propria città. Il giovane shaper condivide il suo spirito imprenditoriale nell’interesse pubblico, ha esperienza nello sviluppo di progetti, è fondatore di un’azienda o di un’organizzazione, ha ricoperto posizioni di influenza in grandi organizzazioni, agito nell’interesse e al servizio della società. Deve risiedere o vivere nelle vicinanze del proprio hub, conoscere il territorio nel quale opera.
La comunità di global shaper mette in Rete su scala mondiale una generazione di eccellenze coinvolgendole in processi di innovazione della società attraverso progetti di cittadinanza attiva e di cooperazione. Quali sono i progetti sui quali è al lavoro questa Rete di innovatori, attivisti e imprenditori? Powering Education, realizzato dall’hub di Roma in collaborazione con la Fondazione Centro Studi Enel e Givewatts, nel 2014 ha vinto il premio come miglior progetto di impatto sociale al mondo. Si tratta di un progetto nel campo delle energie sostenibili e dell’accesso all’educazione che ha studiato l’impatto della sostituzione di lampade al cherosene con lampade a energia solare sull’accesso all’educazione di un gruppo di bambini di età scolare. Lo studio ha coinvolto 13 scuole del Kenya situate in zone rurali senza accesso all’elettricità dove sono state installate 350 lampade solari.
Ma la lista dei progetti sui quali i global shaper sono al lavoro in tutto il mondo, spesso collaborando tra loro se c’è condivisione di intenti e di interessi, è lunga e spazia dalla lotta per l’ambiente, alla lotta per i diritti delle donne, all’accesso all’educazione e alla formazione. Gli shaper sono persone che concretizzano progetti di pubblica utilità, l’hub di Cartagena si preoccupa di rifornire le famiglie con filtri per l’acqua che rimuovono le tossine biologiche e aiutano a combattere le malattie nella regione; gli shaper di Mexico City hanno elaborato una piattaforma digitale per fornire ai migranti le informazioni relative alle opportunità di lavoro, l’hub di Los Angeles collabora con il governo locale per fornire un programma di tutoraggio ai rifugiati e quello di Caracas in Venezuela sostiene 10’000 rifugiati dando loro accesso a cure mediche, educazione e cibo. L’hub Ho in Ghana ha avviato un progetto di mentoring per le ragazze volto ad incentivarle nel realizzare carriere accademiche in campo scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico.
In Svizzera ci sono diversi hub, a Ginevra, a Zurigo e uno persino a Lugano che conta 22 volontari (www.globalshaperslugano.org) ed è curato da Elisabetta Caneva attiva professionalmente nel campo della comunicazione e della sostenibilità, un Master in Corporate Communication all’USI e attualmente assistente Corporate Communication presso l’ESMO, Società europea di oncologia medica. «La mia esperienza è iniziata un po’ per caso, finché me ne sono innamorata. Essere una shaper mi sta molto a cuore e, per quel che mi restituisce, è più del volontariato. L’obiettivo comune del nostro gruppo è sviluppare progetti con un impatto positivo sul territorio, non conta il singolo ma la squadra composta da profili sfaccettati con background diversi, la diversità nella nostra comunità è un valore fondamentale». L’hub si muove in modo indipendente ma riceve delle linee guida dalla base che richiede di realizzare almeno un progetto l’anno «gli obiettivi che la comunità chiede di raggiungere per il 2020-2021 coprono tre aree di ampio respiro: clima e ambiente, educazione e lavoro, equità e inclusione».
Il primo progetto sul quale l’hub luganese ha deciso di investire le sue energie si chiama Campione di innovazione 4.0. Tramite degli indicatori attentamente selezionati si analizza la consapevolezza relativa ai cambiamenti socio-economici innescati dalla rivoluzione tecnologica, con lo scopo di mappare le performance delle aziende ticinesi, identificare le best pratice più innovative e premiare le aziende che abbracciano i principi dell’industria 4.0. «Vogliamo individuare e far conoscere le perle del nostro tessuto economico-sociale e spingere le aziende con le migliori best practice a momenti di confronto e di dialogo attivando un circolo virtuoso dal quale tutti gli attori coinvolti possono trarre beneficio. Non ci muoviamo soltanto nell’ambito della pura digitalizzazione ma in un contesto più ampio che riflette sulle nuove modalità di lavoro e di produzione grazie alle quali è in atto un cambiamento culturale e sociale i cui risvolti si manifestano nel nostro modo di vivere e di consumare».
Altri progetti sui quali l’hub è al lavoro sono Shaping Fashion promosso dall’hub di Amsterdam «un progetto sulla sostenibilità del prodotto moda e l’impatto ambientale di ogni singolo individuo in base ai suoi consumi» e Food Waste «per lo sviluppo di una maggiore consapevolezza alimentare delle persone». Questo sono e questo fanno i global shaper, se siete giovani e siete interessati, questo è l’indirizzo che fa al caso vostro: www.globalshapers.org