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Lago limpido, ma non pulito

Inquinamento - Il persistere del divieto di pesca dell’agone segnala che la situazione dei contaminanti nel Verbano, seppur migliorata, non è ancora ottimale
/ 17.07.2017
di Elia Stampanoni

Una grave e diffusa contaminazione avvenuta nel 1995 diede il primo allarme riguardo la qualità delle acque nel lago Verbano. Fu uno stabilimento industriale situato a Pieve Vergonte, lungo il fiume Toce in provincia di Verbania, a causare l’importante inquinamento di bifenili policlorurati (PCB), para-diclorodifeniltricloroetano (DDT) e metalli pesanti (in particolare mercurio). Proprio a seguito di questo infelice avvenimento il Laboratorio cantonale esegue da quella data un monitoraggio costante (annuale) delle concentrazioni di questi elementi, analizzando gli agoni che vivono nel Verbano. Tali pesci, essendo assai grassi, accumulano meglio le sostanze in questione e sono quindi i migliori indicatori della salute delle acque. Ebbene, i valori in questi dodici anni sono gradualmente calati, ma non a sufficienza per revocare il divieto di pesca professionale di questa specie, che rimane quindi in vigore, così come il commercio e la vendita.

Ricordiamo che l’uso di DDT, uno dei primi insetticidi moderni a largo spettro, è stato proibito tra gli anni settanta e ottanta in quasi tutte le nazioni industrializzate. Anche in Italia l’utilizzo fu vietato nel 1969 ma, fino al 1997, venne regolarmente prodotto in diversi stabilimenti chimici, tra cui quello di Pieve Vergonte.

Oltre al DDT, anche i PCB riscontrati nel Verbano sono molecole che creano ancora perplessità per la salute umana. Ma cosa sono questi PCB? Le miscele di PCB erano usate in un’ampia gamma di applicazioni, per esempio come fluidi dielettrici per grandi condensatori e grandi trasformatori, fluidi per circuiti idraulici, lubrificanti e oli da taglio. I PCB erano usati anche come additivi in vernici, pesticidi, carte copiative, adesivi, sigillanti, ritardanti di fiamma e fissanti per microscopia. Sono molto stabili, una caratteristica sfruttata dall’industria, ma tuttavia responsabile della loro persistenza nell’ecosistema. Il loro uso è andato declinando dagli anni Settanta, a causa dell’allarme ambientale che ha condotto al bando della loro produzione in numerose nazioni.

Seppur la contaminazione da DDT nel Verbano sia da tempo rientrata a livelli tollerabili, la situazione permane critica proprio per i PCB, tuttora situati a livelli superiori rispetto la tolleranza. I metalli pesanti come arsenico, mercurio, cadmio, cromo, piombo, rame, zinco e arsenico, anche se in dosi non pericolose per il consumatore, sono presenti in quantità significative nei pesci analizzati, a conferma di uno stato ecologico piuttosto critico delle acque del Verbano. 

Per questi motivi il monitoraggio effettuato dal Laboratorio cantonale prosegue, con prelievi di diversi pesci catturati in particolare a Tenero, Magadino, Ascona, Brissago, Vira Gambarogno, Isole di Brissago, Ronco sopra Ascona, Gerra Gambarogno, San Nazzaro e Ranzo.

Come detto, il livello di DDT (sempre riferito alla parte edibile ottenuta dopo filettatura del pesce) è calato abbastanza rapidamente: all’inizio misurata a 2000 µg/kg, la concentrazione di questa molecola è scesa a 1000 µg (1998), per poi mantenersi dal 2016 al di sotto del limite di legge in vigore fino al 2010 di 1000 µg (il limite è stato poi rivisto al rialzo portandolo a 4000 µg/kg).

Resta però aperto il problema come comunicato dal Laboratorio cantonale: «Dal 2012 gli indicatori di PCB (i-PCB) rilevati negli agoni del Verbano sono sistematicamente inferiori all’attuale limite di legge di 125 µg/kg, ma altri indicatori contribuiscono ancora al superamento del valore di tolleranza fissato per la somma delle sostanze inquinanti», da qui il divieto di consumo per l’agone, che evita così eventuali pericoli sanitari, mentre i risultati riscontrati non hanno alcun influsso sulla balneabilità, anche se un pensiero va all’ecosistema del lago che da questi contaminanti potrebbe essere perturbato.

Situazione che ci è confermata da Nicola Solcà, capo dell’Ufficio della gestione dei rischi ambientali e del suolo del Dipartimento del territorio: «Analisi e ricerche vengono eseguite annualmente, oltre che dal Laboratorio cantonale, anche nell’ambito della Cipais, Commissione Internazionale per la Protezione delle acque Italo-Svizzere. I risultati riscontrati su diverse specie di pesce, su zooplancton, su molluschi e su sedimenti mostrano un calo lento ma graduale delle concentrazioni di DDT e PCB». I risultati forniscono un quadro completo della contaminazione nei diversi comparti ambientali, con concentrazioni crescenti lungo la catena alimentare: basse nello zooplancton, più alte nei pesci predatori e adulti. 

Se da un lato l’evoluzione degli ultimi anni prospetta a medio termine un rientro alla normalità, va sottolineato che in occasione di alluvioni e piene del fiume Toce avvengono ancora oggi dei nuovi apporti, seppur contenuti, di inquinanti verso il lago Maggiore. «Esatto» commenta Solcà «il problema del DDT e dei PCB è che si accumulano e si degradano molto lentamente. Per questo anche se ormai sono proibiti da anni, si ritrovano ancora nell’ambiente in maniera ubiquitaria. Inoltre la bonifica del sito inquinato non è ancora terminata e quindi succede che vengano ancora rilasciate sostanze inquinanti nel fiume».

Nel 1998 la legge italiana inserì, infatti, lo stabilimento di Pieve Vergonte fra le 16 aree ad elevato rischio ambientale, prevedendo lavori di bonifica del sito. Nel 2001 è già stato costruito un depuratore a fianco degli impianti in modo da depurare le acque presenti nella falda sotterranea. Con questo sbarramento idraulico le acque inquinate dalle terre soprastanti dovrebbero poi defluire pulite nel Toce e quindi nel Lago Maggiore. Ma l’iter procede a rilento e gli interventi sembra possano avviarsi solamente in questo 2017.

«Da un paio di settimane a Pieve Vergonte è iniziata l’attività di scavo delle terre inquinate. Sono 680mila i metri cubi che da qui al 2028 verranno estratti e analizzati nell’imponente bonifica da oltre 160 milioni di euro», leggiamo in un articolo pubblicato su «La Stampa Verbano Cusio Ossola» il 1° maggio scorso. Un passo concreto per eliminare forse in modo definitivo questi residui, le cui tracce ritroveremo però ancora per anni nel Toce e nel Lago Maggiore.