L’adolescenza prolungata

Il caffè delle mamme - Nel suo nuovo saggio lo psicanalista Massimo Ammaniti si chiede perché i figli non crescono più e quali sono gli errori da evitare come genitori
/ 26.11.2018
di Simona Ravizza

Attenzione, genitori. Se oggi i figli rischiano di restare eterni adolescenti la responsabilità può essere anche nostra. È il grido di allarme di uno dei più noti psicoanalisti italiani, Massimo Ammaniti, che ha permesso a Il caffè delle mamme di leggere in anteprima il suo nuovo saggio Adolescenti senza tempo, in uscita il 29 novembre (ed. Raffaello Cortina Editore). La domanda a cui il professore di Psicopatologia dello Sviluppo alla facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza di Roma vuole rispondere è: perché i figli non crescono più? E, soprattutto, che errori possiamo evitare?

In Svizzera tra gli anni Settanta e gli Ottanta si usciva di casa in media a 21 anni. Ma da allora i tempi si sono allungati: oggi la media svizzera è di 24,5 anni e quella ticinese di 26. È uno dei segnali, forse il più tangibile, del prolungamento a dismisura dell’adolescenza: «È sempre più evidente l’asimmetria cronologica fra lo sviluppo somatico puberale e i cambiamenti psicologici dell’adolescenza – sottolinea Ammaniti –. Mentre la maturazione biologica puberale è circoscritta nel tempo, e anzi inizia più precocemente, il raggiungimento di un’identità più stabile si prolunga ben oltre gli anni dei teenager, per raggiungere e addirittura superare i 30 anni». L’ingresso nel mondo adulto viene sempre più rimandato: i giovani si trovano a vivere in una dimensione senza tempo.

Il prof. Antolini, uno dei pochi per cui il giovane Holden dell’omonimo romanzo di J.D. Salinger nutre stima, spiega al suo scapestrato studente, espulso a 16 anni dal collegio perché non aveva sostenuto abbastanza esami e in giro per New York in un indimenticabile viaggio iniziatico: «Io credo che uno di questi giorni ti toccherà scoprire dove vuoi andare. E allora devi metterti subito in marcia. Ma immediatamente. Non puoi permetterti di perdere un minuto». Ma noi genitori oggi siamo in grado di aiutare i figli a uscire dalle nebbie dell’adolescenza e portarli a diventare adulti? «L’adolescente, oggi, si colloca al centro dello scenario familiare, anche perché le famiglie si sono ristrette e il numero dei figli si è ridotto – scrive Ammaniti –. È inevitabile che l’attenzione dei genitori si concentri sul figlio o sulla figlia: tramite i figli, nei quali tendono a incarnarsi, essi rivivono la propria adolescenza. Attraverso i figli, i genitori cercano di realizzare quello che non sono riusciti a conseguire nella loro vita. E diventano i loro confidenti, ne condividono le esperienze personali, le storie sentimentali, i primi turbamenti e le esperienze sessuali». Così, come spiega ad «Azione» lo psicoterapeuta, mamme e papà si preoccupano troppo di essere buoni genitori, mentre un po’ di contrasto durante l’adolescenza va bene, perché utile a rompere il cordone ombelicale. Di qui tre consigli su cui a Il caffè delle mamme siamo spinte a riflettere.

Uno: gli adolescenti hanno bisogno di confrontarsi con adulti più stabili, convinti delle proprie idee, in grado di assolvere in modo fermo il proprio ruolo educativo. «Questo perché, nella lotta contro i genitori per far valere il proprio punto di vista – insiste Ammaniti – i giovani imparano a riconoscere i propri limiti e a trovare una propria coerenza personale».

Due: bisogna riaffermare l’autorevolezza, anche e soprattutto con gli adolescenti che, tra ormoni sballati e crisi d’identità, hanno bisogno più che mai di riferimenti rassicuranti. «Spesso i genitori reagiscono con un corto circuito emotivo: urla, minacce, punizioni oppure con un distacco risentito o addirittura con ricatti affettivi, tutti segni della propria debolezza – si legge in Adolescenti senza tempo –. In queste situazioni si gioca l’autorevolezza dei genitori. Invece di reagire a caldo conviene mostrarsi fermi e rimandare il chiarimento al giorno dopo, per esempio dicendo al proprio ragazzo: “Vai a dormire. Ne parliamo domani, quando ti svegli”. Il figlio viene preso in contropiede: non si aspetta che il padre o la madre controllino la situazione al punto di rimandare lo scontro, riaffermando in questo modo la propria autorità».

Tre: meglio non essere genitori amici, il rispetto dei ruoli è fondamentale. «Oggi, a differenza del passato, le madri tendono a reincarnarsi nelle figlie e a rivivere tramite loro la propria adolescenza, forse mosse dal desiderio di compensare i propri insuccessi – scandisce Ammaniti –. E, una volta, i padri accettavano e sollecitavano il distacco del figlio adolescente. Oggi patiscono il fatto di non sentirsi più interessanti per i figli. Sembrano aver perso l’autosufficienza: li seguono, li assecondano, vogliono continuare a condividere la loro vita. Ma gli adolescenti – va ribadito – non hanno bisogno di genitori amici, bensì di figure di riferimento».

Se i genitori ritornano adolescenti – domanda lo psicoterapeuta – perché i figli dovrebbero diventare adulti? Oskar Matzerath, protagonista del romanzo Il Tamburo di latta del Nobel Günter Grass, all’età di tre anni decide di non crescere e di creare fra sé e gli adulti una barriera invalicabile suonando incessantemente il suo strumento musicale: faticosamente e dolorosamente Oskar accetterà di diventare adulto solo quando seppelliscono l’odiato padre Alfred, morto soffocato dal distintivo del Partito Nazista che ha cercato di ingoiare di fronte ai russi invasori entrati nella sua cantina. Meglio non arrivare a tal punto.