In queste giornate che non finiscono mai, dove la primavera sembra non riguardarci, osservo dalla finestra l’appartamento di fronte. Ci abita una famiglia di quattro persone – i genitori, un figlio di 17 anni, una figlia di 15, più un coniglio rosso.
Di solito si ritrovano il mattino alle 8 per la prima colazione, si disperdono subito per i rispettivi impegni e si ritrovano alle 20 per la cena. Ora il divieto di uscire aggiunge altre dodici ore di convivenza forzata, tutte da riformulare.
Lo spazio è poco, tre stanze e servizi, ma era poco anche il tempo da trascorrere insieme. Tutto è improvvisamente cambiato da quando l’abitazione è stata destinata agli arresti domiciliari. Ora il medesimo spazio contiene anche due classi di Liceo, un ufficio, una redazione e le attività di tempo libero. Una sorta di alveare dove ogni cella risponde a una pluralità di funzioni. In cucina si alternano: il padre che, come tutti gli uomini, prende il cucinare maledettamente sul serio e, dopo aver consultato un centinaio di ricette su Internet, trasforma quel piccolo spazio in un laboratorio di alchimia. Di solito il risultato è interessante e va apprezzato anche se per riordinare ci vorranno almeno quattro ore, che spettano alla madre naturalmente. Per i ragazzi la cucina è una stanza dei giochi dove riprodurre, con le solite disastrose conseguenze, i dolci che facevano quando erano piccoli.
Il soggiorno si è trasformato in un aeroporto dove ai vari Desk lavorano in sincronia o in successione la madre, collegata in smart working con l’ufficio, i figli che seguono le lezioni a distanza, il padre che discute un progetto in teleconferenza… la coniglia che rosicchia tutti i libri a disposizione.
La camera dei ragazzi è un campo di battaglia impossibile da varcare. Ma il bagno resta il luogo più ambito e conteso da quando gli adolescenti lo utilizzano indebitamente per telefonate riservate, da tenersi al riparo dall’udito fino dei familiari. Infine c’è la camera matrimoniale adibita, in tempi di alta tensione, oltre agli agitati sonni notturni dei genitori, a camera di decompressione quando il troppo diventa troppo e l’intimità coatta rischia di deflagrare.