Bolle di sapone in una corsia d’ospedale. Balli in casa anziani. Gare di smorfie. Clown mano nella mano di pazienti, che raccontano la propria vita. Sorrisi delicati, allegria contro malattia. «Ridere per vivere» è il nome dell’associazione ticinese, parte della Federazione Internazionale Ridere per Vivere. I Clown Dottori sono operatori professionali che agiscono attraverso le arti della clowneria (comicità, umorismo, prestidigitazione, improvvisazione teatrale, musica, burattini, e altre meraviglie) per mutare segno alle emozioni negative delle persone che si trovano in difficoltà di tipo sanitario e sociale. Si chiama comicoterapia, e più precisamente gelotologia, cioè la relazione tra il ridere, le emozioni positive e la salute delle persone.
I Clown Dottori vestono camici colorati, si aggirano per le corsie di un ospedale, per le case anziani, nelle carceri, nei centri diurni, nelle scuole, nelle strutture che glielo chiedono, con strumenti musicali, finte siringhe gigantesche, nasi rossi e tanta voglia di ascoltare. Si chiamano Dottor Imprevisto, Paciugo, Salsa, Contino, La Si Fa, Dottoresse Mentina, Carolina, Caramella, Arcobaleno, Pashmina, Giramondo, Pasticcino, Mirtilla, Molletta, Marachella.
«Ai clown si può dire tutto», mi confidano con orgoglio le presidenti dell’Associazione Antonella Ficari e Vanna Maffeis. «Si lavora a stretto contatto con l’équipe sanitaria e ogni nostro intervento è preceduto da momenti informativi con il personale del reparto, in modo da poter scegliere il tipo di intervento più adeguato per i singoli bambini o adulti: l’intervento del Clown Dottore non si può mai ripetere, perché ogni persona e ogni momento sono diversi». La formazione che ricevono gli operatori è molto specifica perché si tratta di un lavoro estremamente delicato, con forti rischi di burn out se non si è adeguatamente preparati. È fondamentale, quindi, che chi lavora come Clown Dottore faccia un percorso completo. «Prima di tutto ci si occupa di andare a ripescare la parte giocosa che sta in noi fin dalla nascita ma che dopo l’infanzia a volte tendiamo a nascondere... e poi segue una formazione professionale mirata a operare in quei contesti».
L’associazione «Ridere per vivere» quest’anno ha ricevuto un sostegno dalla Commissione culturale del Consiglio di Cooperativa di Migros Ticino, per contribuire alla realizzazione di un nuovo sito web, dove si possono seguire le sue attività e appunto la formazione, alla quale tengono in modo particolare.
I progetti che vi si leggono sono molti; uno dei più belli propone una serie di incontri dei Clown Dottori nelle scuole e si chiama «Ridere senza solletico». «Il clown ha il permesso di vivere tutte le sue emozioni e di esternarle, anche esagerandole. Ecco perché è una figura ideale per parlare, affrontare, sperimentare le emozioni che tutti noi proviamo». Un altro progetto è stato avviato a Casvegno, nella Casa Edera. «Siamo entrati in punta di piedi e con timore», raccontano i tre «dottori», di cui uno musicista, che si sono recati in questa ala del centro sociopsichiatrico di Mendrisio. «Ancora una volta, pur se in un contesto nuovo, abbiamo potuto assistere al cambiamento che avviene quando entriamo in luoghi di dolore e disagio dove l’amore e l’ascolto, il sorriso e il buonumore fanno scaturire quella scintilla vitale che allontana la sofferenza, lavorando sulla parte sana della persona. Abbiamo visto riaffiorare ricordi e sono emerse nuove consapevolezze, ridando potere e dignità».
Dottor Scricciolo, al secolo Stefano Scricciolo, ha seguito i corsi per poter agire prima come Volontario del sorriso, poi Clown Dottore. «Lavoro nel settore della vendita, ho 48 anni, una moglie, due figlie piccole. Mi occupo di marketing, soldi, merci, ma fin da giovane ho una “vena sociale” che sentivo sempre più il bisogno di sviluppare, andando verso il mondo del volontariato. Mie situazioni personali difficili mi hanno portato a vivere da vicino il grigiore della malattia, della preoccupazione e dei corridoi di un ospedale. Ho capito ancora meglio quanto ogni nota di colore può essere d’aiuto in quei momenti e appena ho sentito parlare della possibilità di formarsi per fare il Volontario del Sorriso, mi si è accesa una scintilla e mi sono iscritto».
Ha studiato materie come psicologia nella relazione d’aiuto, gelotologia, improvvisazione teatrale, arte del clown e del volontariato, trucco e costume. «Questa formazione organizzata da “Ridere per Vivere” insegna che bisogna sdrammatizzare le pratiche sanitarie in modo rispettoso, perché fa bene: è provato che la risata e la gioia aiutano nel processo di guarigione e anche nel vivere meglio le cure palliative».
Si ride di fronte a una realtà distorta, a qualcosa che non ci si aspetta: qualcuno che inciampa, prende una sedia dal verso sbagliato e cade mentre cerca di sedersi, se non si fa male fa ridere; anche sbagliare qualcosa, esagerare, parodiare, possono provocare il riso. Lo stupore, la sorpresa, il cambio di prospettiva: tutto questo, insieme alle terapie e a tanto amore, sono gli ingredienti per una vita migliore. Diventato Volontario, Scricciolo ha iniziato ad affiancare i Clown Dottori già formati: sono partiti con il loro camice e la loro valigia, hanno discusso con gli operatori del luogo in cui andavano a intervenire e hanno bussato. «Bisogna sempre chiedere il permesso, la cosa più importante è il rispetto. C’è chi non ha voglia di essere disturbato e può dirci di no, anche i bambini. Dobbiamo trattare le persone come persone e non come malati, dobbiamo occuparci della loro parte sana, la più viva che hanno».
Giusy dottoressa APina dice così: «Le emozioni che provo quando metto il naso rosso sono tante, non è facile descriverle: la voglia di dare un attimo di serenità a chi ne ha bisogno; sentirsi felice quando una persona che ha perso la vista ti riconosce dall’odore dei tuoi capelli; o quella signora che ti aspetta segnando sul calendario il giorno che ritornerai dopo le vacanze di Natale; e quelle che ti abbracciano quando ti vedono ogni venerdì e ti chiedono se sarai con loro la sera dedicata ai parenti perché vogliono condividere con te quel momento di felicità e di amore considerandoti parte della famiglia». A volte si agisce anche sulla cerchia di parenti, sul personale curante. Da loro anche arrivano molti messaggi ai Clown Dottori, per quel sorriso rispuntato che al paziente mancava da un pezzo, per la speranza che ha trovato una strada più corta per tornare, o semplicemente per quel momento di gioia trascorsa.
«Si entra in stanza col naso rosso ma con occhi e orecchie spalancate», aggiunge ancora Vanna Maffeis, Dottoressa Svampita. «Mi piace perché si prende spunto da qualsiasi cosa, una parola, un fiore, una canzone. Anche dal mal di pancia. Mi piace perché si chiacchiera e a volte il male passa mentre ci facciamo raccontare un episodio della loro vita, tenendo la mano sulla pancia dolorante; poi distribuiamo filastrocche buffe per far passare i mali, facciamo una carezza sulla schiena indolenzita, una visita con l’imbuto al posto dello stetoscopio per aspirare i pensieri negativi, distribuiamo infusioni di coraggio e felicità e il tempo vola e tu vorresti stare ancora un po’».
Dottor Scricciolo sorride, mentre descrive cosa sia per lui il volontariato: «Credo che si facciano queste cose innanzitutto per se stessi. Quando fai un intervento così, è bello e arricchente per te. Ti rendi conto che in quel momento sei tu quello dei due che ha più energia e che puoi sfruttarla strappando un sorriso a qualcuno, facendogli un complimento, tendendogli la mano. Su questa terra non siamo qui solo per guadagnare e spendere; abbiamo altri bisogni oltre a quelli primari. E uno di questi è l’empatia, che ti fa sentire meno solo al mondo. È come una persona che deve cantare la sua canzone: è così e basta. I bambini lo fanno sempre: quando hanno bisogno di cantare, cantano, stonati o non stonati, a squarciagola o sottovoce. Lo fanno gratis, senza sentirsi bravi. Ecco, secondo me il volontariato è così: è quella canzone che hai dentro e che canti».