«Ho passato un’ora molto piacevole, assolutamente a mio agio e rilassata. Ho inoltre ricevuto degli ottimi consigli per il mio aspetto esteriore, ma soprattutto rivolti a una tranquillità interiore. Esperienza molto, molto positiva»; «Un’ora di assoluto benessere: a parte la competenza e la professionalità di Leila, è un servizio fantastico non solo per la “pelle”, ma anche per lo spirito, in un percorso particolarmente “pesante” nella vita di una donna (o di un uomo). Grazie!». Leila Fedulov è laureata in pedagogia curativa clinica e si occupa di estetica oncologica alla Clinica Sant’Anna di Sorengo, e questi pensieri di gratitudine le sono stati rivolti da due delle tante pazienti che si sono affidate a lei. Persone che stanno facendo un percorso terapeutico in seguito alla scoperta di una malattia che ancora oggi fa paura, ma che spesso si può sconfiggere: il cancro.
«Una malattia che, lungo il percorso terapeutico, possiamo combattere anche con un po’ di illuminante (ndr. una sorta di fondotinta) e un accompagnamento che aiuta la paziente (o il paziente) a sentirsi più a suo agio nella propria pelle», esordisce la nostra interlocutrice che una quindicina di anni fa venne interpellata dalla Lega vodese contro il cancro, a Gland dove viveva allora, per approfondire la sua formazione di estetica al servizio dei pazienti oncologici della clinica Genolier. Oggi anche nel canton Ticino si è compresa l’importanza della formazione di estetiste diplomate che dispongano le migliori competenze per poter aiutare, con il loro lavoro e i loro consigli estetici, le persone che stanno affrontando questo tipo di terapie.
«Si tratta di andare incontro al desiderio più che lecito di queste pazienti di riuscire a mantenere la propria immagine, la propria personalità, in modo che la malattia non prenda il sopravvento sulla loro individualità» afferma Leila. Il desiderio di sentirsi comunque belli, malgrado i disagi che alcune cure oncologiche comportano, è legittimo e non va interpretato come sinonimo di superficialità: «È importante che queste persone, durante la terapia oncologica, continuino a considerarsi le stesse di sempre e non si riducano a immedesimarsi unicamente con l’essere pazienti: prendersi cura di sé in modo adeguato permette di trovare la forza necessaria per affrontare un percorso faticoso, non certo semplice e spesso in salita».
Allora, gesti semplici come una manicure, un make up leggero ma d’effetto e una crema idratante possono fare la differenza su umore e autostima. Tutto questo ci viene confermato da Simona Gentile, un’altra estetista che ha seguito il percorso di approfondimento professionale che oggi permette pure a lei di essere al servizio di queste particolari pazienti seguite e coccolate, dice: «Anche con semplici accorgimenti, come un aiuto nella scelta del foulard adatto quando i capelli cadono, oppure il sapersi truccare delicatamente quando mancano le sopracciglia, e via dicendo». Sì, perché uno dei grossi compiti dell’estetica oncologica sta nel riuscire a consigliare i trattamenti che permettono di attutire almeno in parte quegli effetti collaterali che comporta una terapia antitumorale, la quale danneggia specialmente la pelle.
Difatti, Leila Fedulov conferma: «La pelle è il tessuto che risente di cicatrici e di gonfiori; poi dobbiamo considerare la caduta di sopracciglia, ciglia e capelli, che sulle pazienti può incidere profondamente dal profilo psicologico». Dunque, grazie alla ricerca medica e soprattutto alla collaborazione fra medici curanti ed estetiste specializzate si stanno facendo davvero passi da gigante per attutire il più possibile tutti questi disagi. Simona Gentile ci parla, ad esempio, di correttori, blush e rossetti naturali adatti alla pelle sensibilizzata, ad esempio, dalla radioterapia, così come dei fattori di cui l’estetista oncologica deve tenere conto nel consigliare i trattamenti alle sue pazienti: «Ad esempio, può manifestarsi una lacrimazione aumentata per via della mancanza delle ciglia, possiamo intervenire con creme calmanti e drenanti su un viso un po’ gonfio durante certi tipi di terapie, e via dicendo».
Le testimonianze delle pazienti di Leila che abbiamo preso ad esempio, insieme a quanto ci hanno raccontato le due estetiste oncologiche, ci hanno permesso di comprendere che, in tal modo, le donne che ricorrono alla loro competente consulenza potranno sentirsi più vicine a com’erano prima di ammalarsi. Anzi, come le nostre interlocutrici affermano all’unisono: «Quelle che agiamo, sono piccole attenzioni che riescono ad andare oltre la superficie e fanno sentire meglio, a maggior ragione, anche nei momenti più difficili». Di fatto: «Non perdere la voglia di sentirsi belle sollecita l’amor proprio ed è un sintomo di forza, quella forza che permette di andare avanti, di rapportarsi con gli altri, di mostrarsi così come ci si sente e come si desidera essere considerate dalle persone attorno, anche durante la malattia», spiega Leila. Tra gli esempi concreti a proposito dell’efficacia e soprattutto dei benefici dell’estetica oncologica, «ad esempio, alle donne che a causa della terapia sono prive di sopracciglia, spieghiamo che si può scegliere una pomata anziché la matita e questo può cambiare tutto», racconta Simona a cui fa eco Leila: «Così come è importante conoscere qualche piccolo trucchetto per rendere l’incarnato meno grigio e più sano, più rosa».
Il risultato sta in quelle frasi, quei pensieri in ordine sparso che Leila Fedulov raccoglie nel suo Quaderno del cuore: «È un piccolo taccuino su cui ogni paziente, se lo desidera, mi scrive ciò che il trattamento le ha portato». Ci racconta che alcune le chiedono di essere accompagnate anche in quella fase che segue la fine della terapia, quando tutte le attenzioni si affievoliscono e i riflettori si spengono. Allora le persone si possono sentire un po’ svuotate e sole, e lei le accompagna ancora volentieri: «Le nostre pazienti riusciranno in tal modo a metabolizzare meglio ciò che hanno dovuto affrontare, memori di quando le abbiamo aiutate e accompagnate a superare il dolore fisico e morale che la malattia e le cure inevitabilmente hanno loro inflitto», conclude Leila, ricordandoci quello che Patch Adams aveva già detto: «Se si cura una malattia, si vince o si perde; ma se si cura una persona, vi garantisco che si vince, si vince sempre, qualunque sia l’esito della terapia».