La rivincita degli studenti minimalisti

Dalla Germania arriva un manuale per ragazze e ragazzi che a scuola si impegnano il minimo riuscendo comunque a cavarsela, con la raccomandazione di smetterla di chiamarli «scansafatiche»
/ 04.03.2019
di Stefania Prandi

Sono il cruccio di genitori esigenti e ambiziosi: figli che a scuola si impegnano il minimo necessario riuscendo comunque a non farsi bocciare. La famosa frase «è intelligente, ma non si applica abbastanza», pronunciata da adulti accigliati, diventa un mantra che li perseguita per anni. In genere si tratta di studenti appassionati solo a certe materie, che attuano strategie di «sopravvivenza» con il resto del programma scolastico. Molto diversi dai secchioni, che si danno un sacco da fare e sanno sempre tutto, i «minimalisti dello studio» dedicano ai compiti e alla preparazione degli esami lo stretto necessario, riducendosi all’ultimo. In loro difesa è arrivato un libro, a metà tra saggio e manuale (con esercizi pratici), tradotto dal tedesco all’italiano e appena pubblicato da Feltrinelli, intitolato Guida allo studio per pigri. Trucchi e strategie degli studenti minimalisti di successo. Tra le pagine viene spiegato che questi alunni sono «produttivi», perché ottengono grandi risultati con poco sforzo, e che il loro metodo di apprendimento, invece di essere demonizzato, dovrebbe servirci da ispirazione.

Le autrici sono Iris e Felicitas Komarek. Iris è una sociologa, formatrice e coach per l’apprendimento, che ha sviluppato il programma Ich lern einfach (Semplicemente imparo). Per oltre quindici anni ha fatto ricerche e insegnato metodi di studio utili, facili, senza stress ed è autrice di diversi libri sul tema. A ispirarla nel lavoro la figlia, Felicitas Komarek, esperta studente minimalista, oggi brillante universitaria. «Alle elementari mi sono ben presto resa conto di imparare in modo differente rispetto ai compagni di classe. Il mio obiettivo primario è sempre stato uscire a giocare il prima possibile. Sapevo, pertanto, di dovere sbrigare tutti i compiti rapidamente – e comunque imparare qualcosa – se volevo evitare noie» scrive Felicitas. I problemi per lei sono cominciati dopo, al liceo, dato che lì le veniva imposta una routine ben precisa: per esempio, doveva avere un quaderno apposito per i compiti a casa. «Questo mi infastidiva parecchio, mi sentivo limitata e anche bloccata. Quando ho avuto di nuovo la possibilità di studiare nel modo a me più congeniale, tutto è tornato a posto». A sostenerla nel percorso fuori dagli schemi sua madre, che «Azione» ha intervistato. 

Iris Komarek, perché ha deciso di dedicare un libro agli studenti minimalisti?
Molti giovani hanno problemi di motivazione nello studio e io ho sempre voluto cercare di stimolarli. Con alcuni ci sono riuscita, ma ce ne sono altri che semplicemente non hanno voglia di essere forzati a imparare la disciplina. E io non volevo che restassero indietro. Come madre di una bambina che riusciva a scuola attraverso l’apprendimento minimalista, ho avuto l’idea di mettermi a fare ricerca su questo tipo di comportamento.

Come funziona il comportamento degli studenti minimalisti?
Gli studenti minimalisti che riescono a scuola sono accomunati dal fatto di mettere a fuoco gli obiettivi e di utilizzare strategie di studio efficaci. Si concentrano durante le lezioni, seguono il loro percorso e hanno bisogno della libertà di studiare come vogliono. Durante lo studio si focalizzano molto sull’esame. Si domandano: cosa mi verrà chiesto? Quali informazioni posso ottenere al riguardo? Sanno qual è il loro punto di forza e lo useranno senza risparmiarsi.

Nel libro lei esamina i comportamenti e i risultati di diversi tipi di studenti. I minimalisti come si differenziano dagli altri?
Sono studenti che devono avere la possibilità di provare un metodo diverso, con la libertà di poterlo usare, se funziona. Devono potersi conoscere, capire che cosa apprezzano e cosa vorrebbero cambiare. Hanno bisogno di un buon sistema di supporto che li possa guidare nell’imparare un percorso differente.

Che cosa possiamo imparare da questo tipo di approccio? Quali sono i trucchi da sfruttare?
Chi usa l’approccio minimalista sa esattamente quanto deve prepararsi per superare un esame e sa che studierà seguendo le proprie inclinazioni. Si chiede: come devo procedere senza fare troppi sforzi? I minimalisti non sono necessariamente dei geni, ma sono intelligenti e consapevoli del modo in cui imparano.

Si possono comunque raggiungere risultati alti?
Possiamo dire che questi studenti non raggiungeranno risultati eccellenti, ma arriveranno a fare quello per cui sono portati. Dato che il minimalista in genere è molto interessato a una materia specifica, per quella studierà con passione e imparerà più del dovuto. Ma se si trova in un contesto in cui è forzato a imparare tutto nello stesso modo, non renderà, perché per il resto farà il minimo necessario.

Nel suo libro è centrale il tema del tempo dedicato allo studio. Come si ottiene il massimo, impiegando il minor tempo?
Prima di tutto va considerato che il modo in cui si impara è il migliore per se stessi e non per gli altri. Non si deve generalizzare. Io suggerisco di stabilire un tempo di studio e di usarlo per concentrarsi al massimo. Bisogna avere fiducia, accettando il proprio metodo. Spesso si eccede il tempo che si è stabilito perché si ha poca stima di sé. Quindi dico: credi in ciò che sai e stai certo che avrai fatto abbastanza.

Spesso i genitori non sono felici di avere dei figli «pigri». Che consiglio ha per loro?
Li incoraggio ad avere fiducia. Credo che molti genitori siano convinti che i loro ragazzi stiano sprecando il loro potenziale, e lo dico da madre che ha avuto lo stesso pensiero. Ma so anche che la decisione migliore che ho preso è stata di credere che mia figlia potesse trovare il suo modo giusto di imparare. I figli non devono essere i migliori, devono essere bravi abbastanza da farcela. Da bravi studenti minimalisti non falliranno: posso dire con certezza che quando sono lasciati liberi di seguire il loro metodo raggiungono quello che è bene per loro.

* L’intervista è stata tradotta e in alcuni passaggi adattata dalla giornalista.