L’adolescenza è un periodo cruciale per lo sviluppo della personalità. Una serie di studi, raccolti di recente in un articolo della BBC, ricorda come «la fase più travagliata della vita» sia anche quella più delicata nel percorso per diventare adulti. Sarah-Jayne Blakemore, professoressa di Neuroscienze cognitive all’University College di Londra e autrice di Inventare se stessi: Cosa succede nel cervello degli adolescenti (Bollati Boringhieri), ha dedicato gran parte del suo lavoro accademico nell’analizzare il delicato sviluppo del cervello durante gli anni precari, intensi e decisivi dell’adolescenza. Secondo lei, gli adulti esprimono giudizi troppo severi verso i più giovani e non li capiscono a sufficienza. In un’intervista al settimanale «Observer» ha dichiarato che ci sono stereotipi negativi da sempre, già da Socrate che diceva che hanno brutti modi, disprezzo per l’autorità, mostrano poco rispetto per i più vecchi e amano le chiacchiere invece dell’esercizio. Non sarebbe consentito fare lo stesso con altri gruppi sociali, come gli anziani, ad esempio, ma è stranamente ammissibile deridere e demonizzare i teenager. «Non apprezziamo che i nostri bambini si ribellino, diventando indipendenti. È un passaggio difficile da gestire e un modo per accettarlo è prenderli in giro». Nel suo libro, da poco pubblicato in italiano, pioneristico per certi versi e adatto ai diretti interessati, gli adolescenti, Blakemore spiega che i cambiamenti, i turbamenti, la volubilità, sono parte di un processo biologico naturale e adattivo che ha bisogno di un certo periodo per stabilizzarsi.
I teenager non studiano il funzionamento del loro cervello a scuola e invece sarebbe opportuno introdurre delle lezioni ad hoc perché, in base ad alcuni programmi sperimentali monitorati dalla stessa Blakemore, ci potrebbero essere dei benefici nell’avere una maggiore consapevolezza. In questa fase della vita, infatti, compaiono i tre quarti dei disturbi e delle malattie mentali come depressione, ansia, disordini alimentari e schizofrenia. Succedono cambiamenti contemporaneamente e le pressioni della vita, soprattutto quelle scolastiche, aumentano all’improvviso. Il problema è che si comincia a sembrare adulti e gli altri si aspettano che ci si comporti da grandi, quando invece non si è ancora pronti.
In questi anni di mezzo la personalità può cambiare drasticamente. Christian Jarrett, psicologo britannico con diverse pubblicazioni scientifiche all’attivo, e con in programma, per il 2019, l’uscita del libro Personology, Using the Science of Personality Change to Your Advantage (Personology, Usando la scienza del cambio di personalità a proprio vantaggio), per gli editori Simon and Schuster e Little Brown, sostiene che da parte di genitori e insegnanti servono particolari attenzioni e cautele.
Nel passaggio tra l’infanzia e la maturità si è paragonabili a un caleidoscopio che viene scosso ed è di profonda importanza il modo in cui alla fine si combinano i pezzi. Una ricerca apparsa nel 2017 sul «Journal of Personality and Social Psychology», realizzata su migliaia di teenager olandesi, che sono stati sottoposti a test ogni anno per sette anni, dimostra che ci sono temporanei cali di coscienziosità e un aumento dell’instabilità emozionale. Si assiste a una regressione che dura per qualche anno, per poi sparire. Anche se questa branca di studi è solo all’inizio, i risultati raccolti fino ad ora indicano che un’ampia variazione nei tratti della personalità può essere parzialmente collegata a importanti processi dello sviluppo neurologico che permettono al cervello di essere modellato e influenzato dall’ambiente.
I tratti che appaiono nella fase da teenager sono predittivi di un ampio raggio di risultati a lungo termine. Christian Jarrett dice ad «Azione»: «Per molto tempo c’è stata la convinzione che la personalità fosse qualcosa di relativamente fisso. Adesso, invece, si ritiene che sia in gran parte malleabile e che gli aspetti strettamente connessi all’andamento scolastico e alla riuscita sul lavoro possano essere stimolati. Le implicazioni di questo approccio recente prevedono che la società non debba concentrarsi solo sull’insegnamento di materie specifiche, ad esempio la matematica oppure la scrittura di tesine: occorre una visione più ampia per aiutare i teenager a sviluppare abilità utili per il resto della vita in termini di salute, felicità e successo».
In questo senso, ci sono interventi specifici che si possono adottare per valorizzare le abilità non cognitive, come l’autodisciplina, spingendo i giovani a coltivare nuove abitudini virtuose di pensiero e comportamento, facendoli riflettere sulle differenze tra il tipo di persona che sono e quella che vorrebbero essere. «Più in generale, scuole e famiglie possono fare uno sforzo per creare situazioni che aiutino a nutrire e stimolare la responsabilità. Questo significa dare ai ragazzi ruoli formali, con compiti chiari», continua Jarrett, che ricorda quanto la presenza di genitori autorevoli e supportivi sia importante, soprattutto per le influenze dell’ambiente esterno. I fattori di stress, infatti, possono incidere in maniera negativa e irreversibile.
Uno studio del 2017 pubblicato sul «Journal of Research in Personality» e condotto negli Stati Uniti su ragazzini e ragazzine tra gli otto e i dodici anni, seguiti nell’arco di dieci anni, indica che esperienze negative tra cui il divorzio dei genitori oppure un incidente d’auto sono associate a un’instabilità emotiva che si forma nell’adolescenza e continua anche dopo. E quando gli eventi avversi sono responsabilità diretta dei giovani, come il comportarsi in maniera indisciplinata in classe fino ad arrivare all’espulsione, hanno ripercussioni ancora peggiori sulla personalità: oltre al nevroticismo (la tendenza a provare emozioni negative, soprattutto in risposta allo stress), si ha una diminuzione della coscienziosità e della capacità di vivere in armonia con il resto del mondo.