Non sono pochi, soprattutto in primavera, a sentirsi fiacchi, affaticati e persino depressi. Altri soffrono di mal di testa o insonnia. Ma i mali si accumulano in tutte le stagioni: chi non ha mai subito un trauma sportivo? O chi, a un certo punto, non comincia a soffrire di artrosi o artriti? Bene – si fa per dire – la soluzione potrebbe essere vicina. O meglio, tanto vicina no, ma in poco più di 20 ore di volo chi accusa acciacchi vari potrebbe sperimentare un check-up, o come viene chiamato in lingua Pitjantjatjara un pampuni, cioè il tocco taumaturgico dei guaritori aborigeni Australiani e verificare se il vostro Kurumpa, lo Spirito, sia palya, tutto ok, quindi in ordine e allineato.
E pensare che un report dell’OMS (WHO Global Atlas of Traditional, Complementary and Alternative Medicine) del 2005, non ancora aggiornato, afferma che la medicina cinese è l’unica medicina tradizionale, complementare e alternativa presente in Australia: di 60mila anni di cultura aborigena, nemmeno un cenno. Zero. A storcere il naso fu, otto anni fa, un’italiana: la ricercatrice in diritti umani presso l’Università di Sydney, la dottoressa Francesca Panzironi di Roma.
Uno sguardo straniero, esterno, quello di Francesca Panzironi che, abbandonato il mondo accademico e supportata anche dalla sorella Elisabetta, da cinque anni collabora con la comunità di Ngangkari (guaritori) Anangu al fine di promuovere e trasmettere le pratiche tradizionali, il loro sapere e quindi la loro cultura.
Gli aborigeni Anangu, in particolar modo quelli di lingua Pitjantjatjara e Yankunytjatjara, sono fra gli ultimi reduci delle duecento etnie che un tempo erano presenti in Australia, prima del genocidio compiuto dagli «europei», così come riferiscono gli australiani bianchi.
Questi gruppi etnici, popolano l’APY lands, il territorio da cui provengono i 18 guaritori iscritti al registro professionale voluto dalla ONG aborigena ANTAC (Anangu Ngangkari Tjutaku Aboriginal Corporation) di cui Francesca è CEO e i cui membri sono esclusivamente guaritori aborigeni.
L’APY è un territorio costretto al centro del nulla apparente, là dove il South Australia, di cui fa parte, tocca il Northern Territory e il West Australia. Tredici comunità che portano nomi come Mimili, Kaltjiti (Fregon), Amata, Kanpi, Pipalyatjara o Pukatja conosciuta quest’ultima col nome della missione cristiana Ernabella che lì aveva la sua base evangelizzatrice e che di certo non sponsorizzava tali pratiche indigene, che avevano poco o niente a che fare con la pratica strettamente religiosa.
Impossibile visitarle se non con mezzi fuoristrada e rifornimenti sufficienti, ma soprattutto se sprovvisti di permesso.
Le rotte turistiche, che tagliano in due l’Isola da Adelaide a Darwin, passano dalla famosa Stuart Highway e non si addentrano così tanto a ovest. Uluru, il monolite sacro a cui la massa di turisti rivolge tutta la sua attenzione, è a qualche centinaio di chilometri a nord.
Nel caso in cui vi siate decisi a sottoporvi a un check-up aborigeno, tuttavia non occorre recarsi fino a lì, ad Adelaide infatti è presente un Centro ANTAC dove chiunque può recarsi per beneficiare delle cure di healers, come Margaret, Mukayi, Debbie o Rogie. Il consulto è semplice e indolore. Qualche domanda preliminare su richieste o esigenze particolari così da concentrarsi sulla parte interessata e poi, dopo un momento di raccoglimento dei guaritori, inizia una fase di pampuni, una sorta di energica manipolazione tesa a espellere con gesti rapidi e decisi il male o ciò che lo causa.
Le mani che operano sono quelle segnate di chi è nato a contatto con una terra aspra: sono quelle che raccolgono dai cespugli di una vegetazione, a volte spinosa, le bacche che servono per produrre unguenti e rimedi medicamentosi che da millenni hanno lenito i malanni di un’intera civiltà. Al tatto però i palmi risultano morbidi, caldi e, forse anche per assecondare la suggestione occidentale, carichi di «energia» pranoterapeutica.
Ma attenzione. Non si tratta di indovini. Non vedono passato e futuro e non mescolano pozioni misteriose con antichi riti sciamanici: qui la spiritualità non c’entra proprio, o se c’entra è solo perché una parte della visita si concentra sullo Spirito. Sul Kurumpa.
Il concetto di Kurumpa è fondamentale per capire il reale significato dello Spirito come parte complementare ma integrante del Corpo stesso. Spirito e Corpo convivono, e loro hanno conservato e, nel caso dei Ngangkari, sviluppato la capacità di vedere entrambi, e nel caso di eventuali problemi con il corretto posizionamento del Kurumpa all’interno o all’esterno del Corpo, di re-allinearlo. Niente di più e niente di meno.
Questa abilità si tramanda da nonni a nipoti, viene incoraggiata non appena si manifesta: per entrare a far parte del «Registro dei Guaritori» ANTAC, da statuto, occorre infatti essere riconosciuti come tali dalla propria comunità APY e aver compiuto appena 15 anni di età.
Nel 2013, Francesca pubblica quello che potrebbe definirsi la risposta al report dell’OMS: il suo Hand-in-Hand: Report on Aboriginal Traditional Medicine prova ad affrontare dubbi e perplessità che tutti gli attori coinvolti hanno fatto emergere sul tema durante le sue interviste. È una sorta di libro delle risposte che propone uno scenario alternativo a coloro che vorrebbero queste pratiche slegate dal sistema sanitario e a uso esclusivo delle comunità aborigene.
Essere riconosciuti dalla medicina ufficiale e dal sistema sanitario statale, che in Australia è ibrido fra la Medicare pubblica e l’assicurazione sanitaria privata, è uno dei principi su cui ha da sempre puntato ANTAC per ottenere fondi, mezzi e spazi per perseguire lo scopo primario per cui i guaritori stessi la pensarono: tenere in vita la propria sapienza e cultura.
Oggi, finalmente, grazie al lavoro di Francesca Panzironi ed Elisabetta, per lo Stato del South Australia, le cure dei Ngangkari prestate agli aborigeni che ne fanno richiesta sono gratuite.
Oggi i guaritori lavorano in diversi ospedali e cliniche insieme ai medici del South Australia’s Royal Adelaide Hospital, riportando ottimi risultati.
Oggi ANTAC opera anche in altri Stati, nelle maggiori città australiane (Sydney e Melbourne) così come nelle cliniche rurali dell’Outback australiano.
Un bel traguardo.