Pochi sanno che si può curare in modo efficace, pochi si curano, pochi ne parlano: è il Disturbo ossessivo-compulsivo (Doc). Colpisce, spesso già nella prima adolescenza, tra il due e il tre per cento della popolazione e genera non poche preoccupazioni nella persona che ne soffre e nel suo contesto famigliare.
«Chi si lava le mani fino a scorticarsele, chi deve fare controlli infiniti in attività spesso banali, chi non riesce a disfarsi di oggetti inutili, fino all’esasperazione di non riuscire a gettare la spazzatura»: queste sono alcune manifestazioni del Doc che lo psichiatra Tazio Carlevaro cita ad esempio, e attraverso cui si può ben comprendere come questo disturbo renda la vita difficile. Malgrado ciò, solo lo 0,01 per cento delle persone si cura e chi ne soffre tende spesso a nasconderlo e a evitare i contatti sociali. La conoscenza di questo disturbo, ma soprattutto la consapevolezza che si può curare in modo efficace, sono il movente dell’Associazione della Svizzera italiana per i disturbi ansiosi, depressivi e ossessivo-compulsivi (Asi-Adoc) che recentemente ha promosso due iniziative di sensibilizzazione verso popolazione e professionisti del settore sanitario: il 6 ottobre scorso ha avuto luogo una conferenza pubblica alla Biblioteca cantonale di Bellinzona (Liberalamente da ossessioni e compulsioni) durante la quale è intervenuta sul tema la dottoressa in filosofia Alba Delsignore, docente nel Dipartimento di psichiatria dell’Università di Zurigo e membro del comitato della Società svizzera dei disturbi ossessivi compulsivi (Sgz).
Parimenti, un gruppo di lavoro dell’Asi-Adoc coordinato dal dottor Carlevaro ha tradotto in italiano (e messo a disposizione di popolazione e sanitari) la seconda edizione del prontuario La malattia nascosta. Lo psichiatra si dice molto soddisfatto della partecipazione alla conferenza di un gremito pubblico, nel quale erano presenti addetti ai lavori del settore sanitario («medici, psicologi e infermieri»). «Ciò significa che gli specialisti stanno maturando interesse e consapevolezza e si fa strada la tendenza a prestare maggiormente attenzione alla tipologia dell’intervento adeguato, soprattutto nella presa a carico dei giovani», afferma il nostro interlocutore che cita pure le parole della relatrice: «Il Doc ha un tipo di logica in cui la persona si perde, pensando che non ci sia nulla da fare. Ma, cambiando il punto di vista, ci si rende conto che invece esistono le soluzioni terapeutiche verso le quali andrebbero orientati anzitutto gli operatori sanitari».
Nella presa a carico del Doc si parla quindi di una multidisciplinarietà che contempla la preziosa collaborazione dei famigliari, i quali «si rivelano persone non ostili o pericolose, bensì collaboranti e preziosissime nel cammino terapeutico che, ricordiamolo, per essere efficace bisogna sia composto da una terapia cognitivo-comportamentale, una cura farmacologica e soprattutto una vera motivazione in comunione, appunto, con la famiglia».
La specificità di questa patologia, le conseguenze negative su chi ne soffre e sul suo contesto di vita, le ripercussioni a livello famigliare e i possibili percorsi terapeutici efficaci sono le basi su cui poggia anche l’interessante pubblicazione La malattia nascosta. Già pubblicato in tedesco da Sgz, l’opuscolo (così è denominato dal dottor Carlevaro, ma pensiamo si tratti di una pubblicazione che va oltre un semplice librettino informativo) è tradotto per il pubblico di lingua italiana da un gruppo di lavoro dell’Asi-Adoc capitanato dal dottor Carlevaro: «È di facile lettura e acquisizione dei concetti, dalla spiegazione della patologia, alla sua epidemiologia e ai tipi di Doc, proseguendo con le sue conseguenze. La presentazione del gruppo di auto-aiuto di Asi-Adoc dà inoltre ampio spazio alla presa a carico che oggi, attraverso una terapia mirata presso specialisti di salute mentale e di disturbi d’ansia, migliora in modo durevole la qualità di vita».
Si tratta dunque di offrire un sostegno concreto alle persone colpite da Doc: «Non dimentichiamo che il Doc è caratterizzato da un inizio spesso insidioso, da un’alta prevalenza (il 3 per cento ne soffrirà nell’arco della vita), da un’evoluzione verso la cronicità e da implicazioni famigliari e lavorative». Per questa serie di motivi, il dottor Carlevaro ribadisce da un lato la necessità di una vera motivazione («senza la quale le probabilità di successo terapeutico diminuiscono vertiginosamente»), d’altro canto sono da incentivare misure di salute pubblica che comprendano sia una diagnosi precoce, sia un intervento rapido. A questo proposito lo psichiatra si dice soddisfatto dell’interesse suscitato nell’ambiente sanitario: «Abbiamo inviato l’opuscolo a tutte le farmacie del cantone, ai medici generalisti, psicologi, psichiatri, pediatri e altri ancora che hanno a che fare con queste problematiche, i quali stanno richiedendone ulteriori copie da divulgare». Il primo obiettivo di raggiungere gli addetti ai lavori nel settore sanitario è dunque centrato.
Ora il sodalizio continua con gli incontri sul Doc aperti al pubblico: «Questi incontri permettono di orientare chi è coinvolto in qualche modo in queste problematiche sul da farsi e su come sia possibile trovare la motivazione per affrontare una cura. D’altronde, per non rischiare la cronicizzazione è importante chiedere aiuto». L’Asi-Adoc è a disposizione con l’intento dato dal fatto che, per affrontare il Doc bisogna conoscerlo e capirne la logica.