È sempre più frequente il fenomeno che si manifesta da qualche anno sui pendii innevati di mezzo mondo. Gli sport invernali sono tornati a stimolare la fantasia oltre alla nostra vocazione sportiva per antonomasia. Fra le attività invernali stanno, infatti, spopolando, se non per numero di tesserati quantomeno per l’eccellenza dei risultati, le cosiddette discipline «fun».
Dai recenti Mondiali di Snowboard e Freestyle di Park City, nello Utah, la Nazionale rossocrociata è tornata a casa con sette medaglie, di cui tre d’oro. Non c’è da stupirsi. È una storia lunga, che risale agli anni Ottanta, quando ancora si parlava di sci acrobatico e la solettese Conny Kissling fungeva da pioniere. Campionessa mondiale a Tignes nell’86, sul podio iridato altre due volte, grande specialista di acrosky, chiamato allora anche «balletto», e sublime interprete della combinata, la signora Kissling-Lehmann, consorte del presidente di Swissski, è stata il vento iniziale che, piano piano, salto dopo salto, ha scatenato una valanga di campioni e campionesse rossocrociate i quali hanno scritto la storia di snowboard, skicross, freestyle, aerials, moguls, big air, eccetera.
Il fatto stesso che i nomi siano rimasti in inglese ci fa capire che gli Stati Uniti e il Canada sono stati le loro culle. Nel nostro continente, Francia, Svizzera e Italia sono salite sul treno giusto. Gian Simmen, primo oro nell’Half Pipe nel 1998, ai Giochi Olimpici di Nagano, Tanja Frieden, Daniela Meuli, Evelyne Leu, Philipp Schoch, su su fino agli eroi più recenti, come Jurij Podladtchikov, Patrizia Kummer, Fanny Smith, Nevin Galmarini, Sarah Hoefflin. Una lista che potrebbe essere anche più lunga se dovessimo includervi coloro che hanno dovuto accontentarsi dei metalli meno preziosi.
Non è facile stabilire con certezza le ragioni del successo di queste discipline. Si possono tuttavia azzardare delle ipotesi. Sono divertenti. Assecondano il bisogno di brivido degli adolescenti. Hanno il loro risvolto estivo con lo skateboard e con il parcours. Danno un senso di libertà e di impunità: quante volte noi adulti ci siamo ritrovati a insinuare perplessità sulle abitudini degli snowboarders, soprattutto dopo che nel 1998 il canadese Ross Rebagliati fu trovato positivo alla marijuana. L’equazione fu presto fatta: un campione olimpico si fa di erba = gli snowboarders sono tendenzialmente dei cannaioli. Vero o falso? Chi lo sa!
E che dire dell’abbigliamento, altro fattore di successo? Un po’ come accade nel mondo del rap e dell’hip pop, anche i freestylers hanno le loro «regole». Pantalone largo, cavallo basso, giaccone ampio e lungo, il tutto tendenzialmente dark, cuffie strane, tutt’altro che aerodinamiche, a fronte di tavole da neve sovente ipercolorate con motivi che ricordano l’opera di un graffitaro. Infine, l’imprenditoria turistica ci ha messo del suo, adeguandosi alle esigenze delle new generations. Sempre più stazioni invernali, anche dalle nostre parti, si sono dotate di uno snowpark dove i ragazzini imparano a saltare, slaidare, cadere, rialzarsi. Oppure hanno disegnato una pista di moguls, le temibili gobbe, dove le articolazioni di giovani atleti che sembrano fatti di gomma sono sottoposte a sollecitazioni da brivido.
Ne sanno qualcosa i due migliori freestylers della Svizzera Italiana, Marco Tadè e Nicole Gasparini. Il primo, lo scorso anno aveva in mano il biglietto per i Giochi di Pyeong Chang, ma un grave infortunio al ginocchio gli ha spento il sogno olimpico. I desideri di Nicole, pochi giorni fa, sono stati addirittura disintegrati. Quest’anno rientrava dopo un lungo stop per infortunio, era tornata su ottimi livelli internazionali, aveva conquistato la selezione per i Mondiali, ma, crac, a un soffio dalla sua gara, i legamenti del ginocchio sinistro hanno detto di no. Da piangere, altro che discipline «fun»! Eppure la forza di questi ragazzi sta proprio nella capacità di rialzarsi e di continuare a lottare fino alla fine come ha saputo fare la loro «sorella maggiore» Deborah Scanzio, che la scorsa primavera ha messo fine, in buona salute, a una lunga carriera fatta di un podio iridato, tre in Coppa del Mondo e quattro partecipazioni ai Giochi Olimpici.
Marco e Nicole sono ancora giovani. Con tenacia, voglia di divertimento e un pizzico di follia, ci riproveranno. Why not?