La fortuna dell’ibrido

Motori - Una tecnologia che vanta diversi tipi di propulsioni combinate
/ 17.07.2017
di Mario Alberto Cucchi

Hybrid ovvero ibrido. Quando Toyota nel 2000 si approcciò a lanciare sul mercato mondiale la sua Prius, già presente in Giappone dal 1997, cercò a lungo un’alternativa alla parola ibrido. Perché? Il motivo è che in alcuni Paesi il termine «ibrido» aveva una sfumatura negativa. Veniva usato per indicare un qualcosa che era metà-metà o meglio che non è né l’una, né l’altra cosa.

Cercando su Wikipedia si trova anche un significato ancora più sgradevole: «In senso colloquiale per ibrido si intende un organismo reale o di fantasia spesso con caratteristiche mostruose…». Tuttavia e nonostante l’impegno, dopo lungo cercare, l’alternativa non fu comunque trovata e la Toyota Prius Hybrid venne chiamata semplicemente ibrida: nome che a conti fatti le portò fortuna se consideriamo che è ad oggi la vettura ibrida più venduta al mondo. 

Entrando in tema di automobili, quando si parla di veicoli ibridi s’intende indicare quelli dotati di due propulsori. Nel caso di Prius, uno elettrico e un motore a scoppio alimentato a benzina. Ci sono però diversi tipi di propulsione ibrida. La tecnologia più diffusa tra le automobili in circolazione è quella Full Hybrid. Ovvero quella in cui il motore elettrico è in grado di far muovere il mezzo a prescindere dall’autonomia delle batterie. In pratica ci si può spostare con una sola delle due motorizzazioni, termica o elettrica, oppure utilizzando entrambe. 

Questa soluzione non pone problemi di autonomia dato che per viaggiare basta fare il pieno di carburante in qualsiasi distributore. Le auto con questa tecnologia non sono però solo benzina-elettrico ma anche diesel-elettrico. Il motore tradizionale provvede durante il funzionamento a ricaricare le batterie poi utilizzate dal propulsore elettrico che entra in funzione per offrire una potenza ulteriore in determinate situazioni di guida e che in alcuni casi consente di viaggiare in modalità esclusivamente elettrica ovvero a emissioni zero. 

Un complesso sistema ripartisce in modo fluido i flussi di potenza verso le ruote. Se la prima è stata proprio Toyota con Prius sulla strada dell’ibrido sono poi arrivati anche Audi, Bmw, Cadillac, Ford, Peugeot, Porsche, Range Rover, Volkswagen e tanti altri. Alle Full Hybrid si aggiungono poi le «ibride plug-in». La loro caratteristica è che possono ricaricare le batterie oltre che in movimento anche attraverso colonnine di ricarica dedicate, oppure prese di corrente posizionate nel box sotto casa. 

E per quanto riguarda i costi di gestione? Gli esperti del settore sostengono che un’auto ibrida può essere più economica di un corrispondente veicolo convenzionale. La frenata rigenerativa, ovvero quella che permette la ricarica delle batterie durante i rallentamenti, dovrebbe poi allungare la vita di pneumatici, così come di dischi e pastiglie freni. Per quanto riguarda la manutenzione di un’auto ibrida è fondamentale considerare che il motore elettrico e tutta l’elettronica di gestione non richiedono interventi di alcun tipo da parte del proprietario. Insomma la manutenzione ordinaria su un’ibrida va eseguita quasi esclusivamente sul propulsore termico tradizionale. Quest’ultimo peraltro, lavorando in sinergia con la controparte elettrica, è sottoposto a un impiego meno intenso rispetto a un motore che deve lavorare da solo. Il minore stress subito ne allunga sensibilmente la durata e ne mantiene inalterate le prestazioni. 

Un successo? Senz’altro. Basti pensare alla svolta storica annunciata a inizio luglio da Volvo: dal 2019 solo auto a batteria. Il costruttore automobilistico ha annunciato che ogni nuovo modello della Casa svedese che debutterà a partire dal 2019 sarà dotato anche di motore elettrico. Volvo Cars ha affermato di voler avere un totale di un milione di auto elettrificate vendute a clienti sulle strade di tutto il mondo per il 2025 comprendendo vetture solo elettriche, ibridi plug-in e auto con soluzioni mild-hybrid.