La felicità di saper fare

Scuola – Il Centro professionale di Gordola ha ospitato i bambini della quinta elementare di Minusio nell’ambito del progetto «Con le tue mani»
/ 11.06.2018
di Laura Di Corcia

«Ma lo faccio da solo?» «Sì, lo fai da solo». In questo botta e risposta c’è tutto il senso del progetto #CON LE TUE MANI sviluppatosi sull’arco di tre giornate presso il Centro Professionale di Gordola. Un atelier creativo rivolto alle classi di quinta elementare volto non solo a spiegare cosa vi sia dietro la costruzione di un oggetto, con le varie tappe, ma anche a rafforzare l’autostima dei bambini verso le loro capacità manuali, che oggi come oggi passano spesso in secondo piano rispetto ad altre priorità. «I bambini seguono tre laboratori e imparano a lavorare il legno e il metallo, realizzando una casa per gli uccellini, e a costruire piccole torri per simulare un villaggio medievale – spiega Barbara Soer, dell’AM Suisse Ticino (Associazione Metalcostruttori), che ha organizzato l’atelier in collaborazione con la SSIC (Società Svizzera Impresari Costruttori Sezione Ticino) e l’ASFMS (Associazioni dei fabbricanti di mobili e serramenti sezione Ticino).

«L’idea è nata in modo spontaneo l’anno scorso, grazie all’iniziativa dell’allora Direttore delle Scuole elementari di Gordola, Siro Matasci – aggiunge Soer. Una edizione, la prima, che ha davvero raccolto un grande apprezzamento da parte dei partecipanti, i bambini delle Scuole elementari di Gordola, ciò che ha posto le basi affinché anche quest’anno l’atelier venisse riproposto, coinvolgendo questa volta le tre classi di quinta della scuola elementare di Minusio, in tre giornate, da venerdì 13 aprile a venerdì 11 maggio. «I bambini, in modo ludico ma professionale, sono spinti a seguire tutte le fasi che stanno dietro la costruzione di un oggetto – aggiunge Soer – utilizzando da soli, ma sotto la supervisione di un istruttore, trapani, avvitatori, lime e vari strumenti». Dopo un momento di teoria («Bisogna aprire la vite, togliere questa parte qui e poi infilarla nel buco. State attenti perché spiego una volta sola, se non seguite passo passo le istruzioni montate la casetta sbagliata», spiega Ronny Tunzi, del Laboratorio di falegnameria), segue quello della pratica, dove gli scolari e le scolare, sempre seguiti, soprattutto quando maneggiano strumenti difficili da usare, devono però darsi da fare da soli, imparando a sviluppare la forza manuale, la concentrazione e la precisione.

«I bambini della mia classe sono felici di partecipare a questi laboratori – precisa Gwendolyn Sciolli, insegnante e accompagnatrice della quinta B di Minusio. «Oggigiorno usano poco le mani, ma in questi tre laboratori oltre a quelle devono utilizzare la testa. È molto bello per loro constatare che quello che si impara a scuola, come le unità di misura, i centimetri e i millimetri, abbia anche un’applicazione pratica, possa aiutarli a costruire qualcosa». Anche Alessandra Zambetti, insegnante della quinta A di Minusio, che invece quando arriviamo noi è impegnata sul fronte dei muretti, è entusiasta. «Un’esperienza positiva, non foss’altro che i bambini nemmeno sapevano che esistessero tante professioni nell’ambito edile. È un progetto educativo davvero unico nel suo genere, non ho mai visto qualcosa di simile e credo che gli allievi si ricorderanno di queste giornate anche a distanza di anni, quando ripenseranno alla scuola. Oggi hanno imparato che per ottenere qualcosa bisogna faticare, hanno simpatizzato con macchinari che sembravano mostri. Insomma, hanno familiarizzato con il mondo degli adulti e capito che il lavoro è fatica e soddisfazione».

Fra trapani, morse, lime e attrezzi specifici, gli allievi imparano e sognano la professione futura. «Il mio laboratorio preferito è stato quello di falegnameria – spiega Eliseo – perché il legno è un materiale vivo e libera la creatività. Ma da grande voglio fare il fisico». Un atelier, questo proposto al Centro Professionale di Gordola, che supera gli stereotipi di genere, che spesso attecchiscono solo nella mente degli adulti. Basti come controprova la risposta di Céline, una graziosa bambina intenta a lavorare il metallo, la quale ad una domanda un po’ provocatoria e riguardante i lavori da maschi e quelli da femmine, risponde, candidamente ma perentoriamente, chiudendo la discussione: «Ma perché, esistono lavori da femmine e lavori da maschi?».