Quando pensiamo all’apparecchio ai denti, è molto comune associarlo ai bambini o agli adolescenti perché ancora oggi sussiste la convinzione che, da «grandi», oramai ci sia poco o nulla più da fare per la propria dentatura. «Ma i trattamenti ortodontici da adulti sono possibili e garantiscono ottimi risultati, dato che i denti si possono spostare ortodonticamente sempre».
La dottoressa Paola Merlo è medico dentista SSO/STMD, specializzata in ortodonzia e ci parla «dell’apparecchio ai denti» riferito alla persona adulta. Forte del master in ortodonzia per adulti, la nostra interlocutrice conferma e legittima la possibilità di prendersi cura del proprio sorriso a qualsiasi età: «L’ortodonzia, soprattutto quando è mirata agli adulti, è spesso “estetica”: rispecchia molto bene le necessità sociali e personali di questa fascia d’età, proponendo soluzioni alternative ai classici attacchi in metallo».
Sviluppatasi soprattutto negli anni Ottanta, è una «scienza relativamente giovane», sebbene già a inizio Novecento se ne parlava, pur con la consapevolezza che i benefici fossero alquanto limitati. Convinzione non condivisa da tutti gli operatori del settore, motivo per cui si registrò un ritardo dell’avvento del trattamento ortodontico nel paziente adulto. Negli ultimi vent’anni l’incremento significativo delle richieste di prestazioni ortodontiche sono dettate da diversi fattori: «L’aumento della vita media, un migliore standard socio-economico, maggiore conoscenza della salute dentale, più interesse per l’estetica e la consapevolezza di poter intervenire in casi particolari come la sistemazione preprotetica degli spazi, le disfunzioni temporo-mandibolari e il perfezionamento delle tecniche di gestione delle anomalie scheletriche (grazie alla chirurgia ortognatica)».
Inoltre, dagli anni Ottanta si è aggiunto il grande sviluppo tecnologico: «Ora siamo in grado di elaborare leghe metalliche estremamente elastiche (nichel titanio) e tutto ciò ha permesso di mutare l’ortodonzia mobile (prevalentemente nei bambini) in ortodonzia fissa». Fra trattamento nel bambino per rapporto all’adulto c’è un distinguo: «Creare un’occlusione ideale, anche stimolando la crescita in una certa direzione piuttosto che in un’altra, è l’obiettivo primario nel bambino, mentre nell’adulto è esclusivamente quello di muovere i denti».
La dottoressa Merlo illustra l’evoluzione che ha permesso di proporre differenti tipi di apparecchi: «Prima avevamo solo gli attacchi esterni, poi negli anni 70/80 in Giappone hanno ideato l’ortodonzia linguale che dispone di attacchi linguali posizionati all’interno delle arcate dentali e perciò invisibili, aprendo la terapia a tutti quelli che avrebbero rinunciato per questioni di estetica. Si è aggiunto di recente l’allineatore trasparente: una tecnica relativamente semplice soprattutto per i casi low profile, che può essere applicata anche dal dentista generico a patto di una rigorosa selezione del caso».
Gli aspetti tecnici si intersecano con quelli di confort. Ne risulta che l’ortodonzia nell’adulto è individualizzata secondo esigenze del paziente e obiettivi del trattamento: «L’aspetto di confort è indubbiamente superiore negli allineatori, ma richiede una collaborazione attiva, mentre ci sono persone che preferiscono delegare l’apparecchio fisso alla responsabilità dell’odontoiatra. Quello linguale comprende una tecnica molto più specifica, secondo la severità del caso, e non è idonea a tutti».
In concreto, tracciamo il profilo del paziente adulto che si rivolge all’ortodontista: «Il 70-80 percento è di sesso femminile, con età media tra 35 e 40 anni, ma non c’è limite d’età e vediamo pazienti che rifanno i trattamenti perché hanno perso una quota del risultato raggiunto da ragazzi, ma anche adulti che da piccoli non hanno potuto o voluto mettere l’apparecchio e realizzano l’esigenza da grandi. Il nostro record di trattamento è per una persona di 74 anni. Senza dimenticare i pazienti francamente patologici che sono però molto rari (occlusioni causanti problemi articolari e casi complessi il cui livello di difficoltà aumenta, con indicazione medica che va approfondita)».
Ortodonzia per tutti, dunque, dove nel fare la differenza non è l’età, bensì la salute parodontale: «Il parodonto è una struttura situata tra l’alveolo e il dente: la sua elasticità (atta ad ammortizzare i carichi della masticazione) rende i denti mobili, come succede con gli ammortizzatori delle automobili. La sua salute è essenziale: è più pericoloso mettere un apparecchio in una persona trentenne con parodontite acuta, che in un sessantenne sano».
Altre controindicazioni al trattamento, oltre alla parodontite, riguardano i «pazienti che usano bifosfonati (farmaci per l’osteoporosi) perché estremamente fragili dal profilo chirurgico, pazienti diabetici o trapiantati (a causa del farmaco antirigetto) e fumatori (presentano condizioni infiammatorie gengivali peggiori, iperemia gengivale, maggiore fragilità delle mucose). La prognosi favorevole del trattamento rimane facilitata dal parodonto sano».
I vantaggi del trattamento ortodontico nell’adulto sono facilmente comprensibili, mentre gli svantaggi in quanto tali sono controllabili, a una condizione: «Dobbiamo andare incontro all’aspettativa estetica del paziente, i denti allineati comportano vantaggi igienici perché più facili da pulire, nei pazienti patologici riduciamo significativamente i sintomi e, nel contempo dobbiamo valutare molto bene gli aspetti di fattibilità, i rischi di recessioni gengivali e quant’altro. Tutto ciò è possibile solo attraverso la creazione di una relazione con il paziente dove sono indispensabili empatia e soprattutto ascolto, prima di renderlo edotto sul trattamento».
Il percorso ortodontico può avere una durata variabile secondo il caso, da qualche mese a un paio d’anni, ma non finisce qui: «L’adulto deve comprendere che l’investimento non sarà limitato ai mesi di trattamento, perché poi l’impegno, seppur minore, durerà tutta la vita con una eventuale contenzione sugli incisivi, controlli periodici e tutto quanto contribuisca alla conservazione del risultato nel tempo».
Un sorriso perfetto non è il risultato auspicabile ed entriamo nel labirinto del «fascino del difetto»: «Un mio professore ci insegnava a lasciare un incisivo laterale leggermente ruotato, per lasciare una piccola imperfezione». Così la dottoressa Merlo ci ricorda che: «La natura è molto più imperfetta nel posizionare i denti in bocca che nella creazione, ad esempio, delle valvole cardiache (il cuore è statisticamente molto più perfetto che non la dentizione). Non dimentichiamo che le funzioni vitali della masticazione sono assicurate anche con difetti di mal occlusione. Ma perseguire l’estetica non è affatto disonorevole e spesso si collega a vantaggi clinici e a migliore funzionalità».