Iniziative e progetti delle Case anziani

Terza età - Tre esperienze diverse che tendono a favorire lo scambio intergenerazionale e la partecipazione alla vita della comunità del paese
/ 24.06.2019
di Alessandra Ostini Sutto

Le Case per anziani non sono strutture statiche, bensì dinamiche; ed è così che oggi, per rispecchiare il cambiamento generazionale in atto, accanto all’imprescindibile attenzione per le cure, mirano a valorizzare la figura e il ruolo nella società di chi vi risiede. Ciò si traduce, tra le altre cose, nello sviluppo di progetti volti a favorire lo scambio intergenerazionale e la partecipazione a quanto accade fuori dalla struttura. Progetti che vedono nel dialogo comune l’elemento unificatore e che sono stati il fulcro dell’esposizione «Agorà – Progettualità e iniziative nelle case per anziani», promossa da ADICASI (Associazione dei direttori delle Case per anziani della Svizzera italiana) il mese scorso a Lugano.

Tra queste esperienze, cominciamo col segnalare il progetto intergenerazionale sviluppato con una decina di ospiti della Casa Don Luigi Guanella di Castel San Pietro e i bambini di seconda elementare del locale istituto scolastico. «Come tema abbiamo scelto la fiaba, perché cura, nel senso che fa uscire le emozioni», esordisce l’animatrice Antonella Zecconi, che si è occupata del progetto, in collaborazione con le docenti. Il racconto fiabesco ha inoltre la capacità di creare un ponte emozionale tra le due generazioni. «Durante i primi incontri, lo scorso autunno, abbiamo spiegato agli anziani la struttura della fiaba, che inizia sempre con “c’era una volta” e finisce con “e vissero tutti felici e contenti” e che contiene un protagonista, un antagonista, l’aspetto magico e una conclusione positiva», continua l’animatrice.

È stata poi la volta della fase creativa: «Ci siamo serviti di un cappello; chi lo aveva doveva raccontare la fiaba e quando era stanco lo passava ad un’altra persona», spiega Antonella Zecconi, «sono emersi ricordi, paure ed emozioni, che ci serviranno anche nel rapporto di cura con i nostri ospiti». Una volta trascritte e rilette, le storie sono state suddivise in bigliettini, assegnati ai bambini, con il compito di tradurli in disegno. Al loro fianco, gli anziani aiutavano o davano consigli.Da questo lavoro sono nate tre fiabe, che ora stanno per diventare altrettanti libri, destinati inizialmente agli ospiti della casa. «Se ci sarà interesse, l’idea è quella di stampare ulteriori copie che si potranno acquistare», continua l’animatrice di una struttura che non è nuova a progetti volti ad avvicinare i suoi ospiti al paese in cui è ubicata: «L’anno scorso abbiamo trattato il ’900, recuperando molti oggetti che un tempo facevano parte della quotidianità dei nostri residenti, che sono stati poi divisi per settori.

Ad ognuno di essi abbiamo applicato un biglietto esplicativo con il nome in italiano e in dialetto. I bambini delle elementari hanno visitato questo museo, in presenza degli anziani pronti a dare delle spiegazioni».Iniziative di questo tipo, oltre a rompere la monotonia delle giornate, consentono all’anziano di essere ancora partecipe del tessuto sociale cui apparteneva, di sentirsi utile nel suo agire, aiutandolo così a ritrovare un’identità che il «ritiro sociale» può affievolire. Ma i benefici non si limitano agli anziani: «I bambini hanno l’opportunità di imparare qualcosa di nuovo e di avere a che fare con delle persone estranee, che mettono loro a disposizione il proprio tempo e il proprio vissuto», commenta Antonella Zecconi.I benefici appena citati si possono raggiungere – ovviamente – pure percorrendo altre vie. Come avviene, per esempio, alla Casa anziani Cigno Bianco di Agno, con il Coro Seduto. Grazie ad un progetto pilota promosso dall’Ufficio degli anziani e delle cure a domicilio del DSS, nel 2011 al Cigno Bianco è stata introdotta la musicoterapia, disciplina che utilizza l’espressione musicale per intervenire sulla sofferenza e il disagio e stimolare funzioni quali la motricità e il linguaggio.

Da questa introduzione alla nascita del Coro il passo è stato breve: «Osservando che diversi anziani, spontaneamente, scrivevano poesie e pensieri, abbiamo provato a proporre ad un gruppo di residenti una determinata parola, chiedendo di esprimere cosa suscitava in loro. Dallo sviluppo di queste idee sono nate le prime canzoni», spiega l’animatrice Luana Turolla, che collabora con il musicoterapeuta Antonio Elia. Nel frattempo, le canzoni scritte insieme agli ospiti hanno permesso di realizzare due CD. «Il lavoro che facciamo in questo ambito è uno stimolo per chi vi partecipa. Basti pensare che persone malate di Alzheimer o che soffrono di demenza riescono a ricordare a memoria le frasi delle canzoni», spiega Luana Turolla, «in questo tipo di attività il cervello continua infatti a lavorare; per esempio per ricordarsi le melodie, le pause, le parti alte e quelle basse».

La canzone costituisce poi un efficace elemento catalizzatore, che stimola la partecipazione sia individuale che di gruppo. «Dalle canzoni nascono delle discussioni che continuano anche dopo gli incontri del Coro. Si tratta quindi di un’occasione di dialogo su un vissuto comune», continua l’animatrice.Il Coro consente poi ai suoi membri di interagire con altre realtà: «Di regola facciamo due trasferte al mese, in altre Case per anziani o presso strutture e istituti che ci invitano», afferma Luana Turolla, «si tratta di occasioni di socializzazione con persone che non si conoscono e con le quali si ha in genere l’opportunità di confrontarsi dopo l’esibizione».

Le canzoni sono accompagnate da semplici movimenti, che il pubblico è invitato a ripetere. «Si tratta quindi di uno stimolo e di un momento arricchente anche per chi ci viene a vedere», aggiunge Turolla, che continua: «in casa per anziani si deve continuare a vivere ed è quindi importante che i residenti si possano sentire utili ed impegnati in qualcosa che sia finalizzato al raggiungimento di un obiettivo. Tra le nostre proposte, per esempio, alcuni residenti, in collaborazione con parenti e volontari, stanno realizzando ad uncinetto un albero che servirà per il prossimo Natale. In questo caso è importante anche il fatto che i nostri anziani possano invitare i propri parenti, perché questa ora è la loro casa».Fare in modo che le Case per anziani siano, di fatto, parte integrante del paese, è l’obiettivo cui mira un altro tipo di progetto. «La principale differenza della nostra proposta sta nel passaggio dalla casa per anziani tradizionale – ubicata al di fuori del centro urbano e vissuta come il luogo in cui l’anziano veniva accompagnato durante l’ultima parte della sua vita – ad una visione che tiene tale struttura al centro della comunità», afferma Caterina Carletti, responsabile della comunicazione della Fondazione Casa San Rocco.

In questo concetto – attualmente applicato alla Casa di Morbio Inferiore e, nei prossimi anni, a due nuove strutture, a Vacallo e Coldrerio – la dimensione di cura si fa olistica: accanto alle cure farmacologiche e all’assistenza, il sistema di relazioni diventa parte del processo terapeutico. «Per realizzare una casa per anziani che vuole essere un luogo di vita ci siamo ispirati al modello abitativo e di cure 2030 dell’associazione settoriale nazionale CURAVIVA», spiega John Gaffuri, direttore della Fondazione Casa San Rocco, nel video di presentazione della struttura di Morbio Inferiore realizzato per «Agorà». «Ci siamo chiesti come attirare la comunità all’interno dei nostri spazi e in questo senso abbiamo aperto un bar-panetteria, un preasilo, un’agenzia postale e un piccolo spazio espositivo», continua Gaffuri.

Nell’ampio giardino trovano inoltre spazio un orto, che permette di fare dell’orto-terapia e di mantenere le abitudini che alcuni anziani avevano a casa propria, e una fattoria didattica che consente di entrare in contatto con i bambini. A riguardo, dal 2016, la Fondazione Casa San Rocco, in collaborazione con Mission Bambini e la SUPSI, porta avanti un progetto di animazione intergenerazionale, che coinvolge bambini e ragazzi di diverse fasce d’età, provenienti da diversi contesti; l’anno scorso sono state più di un centinaio le attività organizzate.Le iniziative delle varie case per anziani volte all’apertura verso l’esterno possono portare, commenta Gaffuri, «un contributo effettivo al miglioramento delle relazioni sociali della comunità e favorisce un ritorno all’aiuto reciproco e alla condivisione che caratterizzavano in passato la vita in paese».