«Il bambino appena nato cerca subito e naturalmente il capezzolo della mamma», l’infermiera pediatrica Elena Ferrari ci riceve nel reparto di maternità della Clinica Sant’Anna di Sorengo che ogni anno vede venire alla luce in media circa 850 neonati. Non è in discussione il ruolo importante dell’allattamento al seno per lo sviluppo del neonato, tant’è che l’OMS indice ogni anno la settimana mondiale dell’allattamento materno, il cui motto quest’anno è stato «L’allattamento – un tema per tutti».
Oggi bisogna però parlarne più di prima, per spiegare e sensibilizzare. «Ai nostri giorni, e come succede oramai per tutto quanto riguarda la salute in generale, è cambiato il modo di accedere alle informazioni necessarie ai futuri genitori e ai neo genitori sul tema dell’allattamento: le indicazioni e ogni sorta di informazione possono essere cercate su Internet, attraverso siti più o meno ufficiali e sono molto in voga i blog con discussioni fra mamme. Questi ultimi non sortiscono effetti sempre positivi, perché solitamente raccontano di esperienze negative, quelle che si ha bisogno di esorcizzare e condividere»; Ferrari così giustifica l’importanza di una sensibilizzazione e una consulenza personale e individualizzata proposta da figure competenti che diventino di riferimento, per essere in grado di creare un rapporto diretto e intimo con ciascuna mamma e ciascun papà.
«L’allattamento al seno è un tema discusso già nel corso di preparazione al parto, nell’ambito della struttura prescelta, in cui i futuri genitori saranno informati sulle consulenze a loro disposizione: servizi sul territorio, levatrici a domicilio e consultori genitori-bambino che seguiranno la nuova famigliola a domicilio». Un tempo le madri sapevano cosa fare, mentre oggi l’eccesso di informazione crea paradossalmente madri più confuse che informate: «L’istinto materno c’è sempre stato, ma oggi si tende meno ad affidarvisi perché si cercano altrove risposte che le madri hanno dentro; malgrado tu sia la mamma e lui è il tuo bambino, sei portata ad affidarti a qualsiasi altro mezzo (telefonino, google…) piuttosto che al tuo istinto, mentre l’imperativo è risolvere tutto subito».
Invece ci vuole ben altro: «Per iniziare l’allattamento e portarlo avanti con serenità, beneficio e successo ci vuole tanta pazienza e possiamo dire che, di principio, non esistono mamme che non siano in grado di allattare il proprio neonato, perché il meccanismo della lattazione implica un gesto naturale e fisiologico, in fondo indipendente dalla nostra volontà». Molteplici e indiscutibili sono i benefici di allattare il proprio neonato al seno, sia per lui sia per la mamma: «L’allattamento favorisce la ripresa post parto, l’involuzione dell’utero con un puerperio più naturale e agevola il legame madre-bambino; si dice che un allattamento al seno esclusivo per almeno sei mesi diminuisca anche il rischio di sviluppare un tumore mammario».
Per il neonato i vantaggi sono speculari: «Oltre a favorire la relazione con la madre, il latte materno è il migliore alimento che possa ricevere il neonato perché cresca bene, è sempre pronto, lo si può dare dovunque ci si trovi e, comunque, è gratuito». Il periodo dell’allattamento può differire in modo individuale: «Oggi le mamme hanno un grande bisogno di essere supportate da noi, perché non esiste più la famiglia matriarcale come un tempo. Detto ciò, l’OMS consiglia dai quattro ai sei mesi di allattamento materno a cui segue un graduale svezzamento. Delle numerosissime nascite a cui ho partecipato qui a Sant’Anna, posso dire che il 95 per cento delle mamme inizia ad allattare. Di queste, la metà lo fa per i primi tre mesi (periodo che coincide per molte donne con il rientro al lavoro), e l’altra buona metà allatta fino a sei mesi e oltre».
Nell’accompagnare le neo mamme nelle prime fasi dell’allattamento è importante non illuderle facendo loro credere che tutto sia immediato e semplice: «Ci vuole tempo, il bello dell’allattamento al seno inizia dopo tre settimane circa e fino a lì si tratta di un periodo di adattamento per entrambi, mamma e piccolo, di conoscenza reciproca per riuscire a decifrare e riconoscere i segnali inviati dal neonato, come in qualsiasi inizio relazionale». Parecchi i problemi che le infermiere pediatriche aiutano a risolvere: «Le mamme si chiedono se il neonato ha mangiato a sufficienza (la montata lattea arriva a 72 ore dal parto) e temono che possa morire di fame. Non comprendono perché le prime 24 ore dorme e invece poi vuole sempre attaccarsi al seno (ciò serve da stimolazione per la produzione del latte), devono imparare a riposare quando riposa il bambino, approfittando delle sue pause. E poi c’è il dolore iniziale al seno, talvolta le ragadi che possono far male e via dicendo. La nostra strategia sta nel supportare queste mamme, facendo loro capire che è normale scoraggiarsi per stanchezza, che tutto sembra più difficile e complicato di quanto non lo sia davvero».
Eppure vi sono donne che decidono di non allattare il proprio bambino, o che non possono farlo: «Alcune ci mettono troppa razionalità, altre si sentono costrette contro la loro volontà, le gravidanze assistite sono un caso a sé a causa del particolare stato ormonale della neo mamma o della sua età avanzata e via dicendo. Dobbiamo spesso essere più psicologhe che infermiere; dobbiamo essere in grado di leggere tra le righe e interpretare i sentimenti che magari la mamma non esprime, in una sorta di relazione empatica. Non va mai colpevolizzata, comunque, una mamma che decide di non allattare».
Le motivazioni più frequenti: «Non me la sento, non è nelle mie corde, riprenderò presto il lavoro, non vorrei ma mi sento in colpa…». Sono sentimenti che meritano assoluto rispetto: «A quel punto non si forza la scelta dell’allattamento e il nostro supporto va nei due sensi. E naturalmente anche il neo papà viene coinvolto, sebbene la decisione di allattare dovrebbe essere piuttosto ad appannaggio della donna, perché in natura allattare è comunque un atto predisposto per la donna che deve poter decidere quale scelta la fa sentire a proprio agio».
«L’allattamento – un tema per tutti?» Naturalmente sì, è un tema sociale che però mette al centro la neonata relazione madre-figlio: un rapporto indissolubile che dura una vita e che per tutti dovrebbe iniziare nel modo più sereno e gioioso possibile.