Fino ad alcuni decenni or sono, il bosco era uno dei componenti essenziali nella vita di ogni comunità umana stanziata fino a una certa altitudine. Era fonte di combustibile, di legname da opera, habitat dove raccogliere stramaglia per le stalle, funghi, frutti dei boschi e pascolo temporaneo. E nel caso delle conifere, luogo per raccogliere i pinoli dei pini cembri e la resina che sgorgava da altri pini e dai larici. Infine, per cacciare la selvaggina, preziosa fonte di cibo, oppure per le pellicce. Una trappola per catturare gli orsi è tuttora visibile e segnalata sui monti di Bodio in Leventina.
La pineta è un bosco accogliente, caldo e profumato. Durante una luminosa giornata estiva, il calore solare esalta il profumo della resina emanato dalle fronde. La pineta di pino silvestre (Pinus silvestris) non ha la cupa solennità delle abetaie, né la vaporosa leggerezza dei larici, che entrambi sovrastano la pineta in quota. I1 suolo riceve la generosità del sole, e favorisce la presenza delle piante xeròfile (amanti del caldo secco), come il mirtillo rosso (Vaccinium Vitias-idaea, foto), l’uva orsina (Arctostaphylos uva-ursi), gli astragali, il crespino (Berberis vulgaris).
Durante un certo momento della primavera, a seconda dell’andamento climatico più o meno favorevole, il bosco di pino silvestre si trasforma in un fiabesco palcoscenico. Miliardi di pollini, un pulviscolo dorato, sono sospesi nell’aria, e la pineta si trasforma in una nube luminosa. In Scandinavia è stato calcolato che i fiori dell’albero producono tra dieci e ottanta chili di pollini per ettaro in un anno.
Gli assolati versanti alpini, dal Sud Tirolo (Alto Adige) alla Savoia e al Quéyras francese, attraverso la Valtellina, la Leventina, il Vallese e la Valle d’Aosta, costituiscono le «valli secche con pino silvestre». Per quanto riguarda il cantone Ticino i più vasti aggregati li troviamo nella media e alta Leventina: da Sobrio a Lurengo, ben esposti a sud-ovest, costituendo una fascia pressoché continua tra 1000 e 1300 metri lungo 35 chilometri. Proprio in questo contesto territoriale è stata istituita nel 2005 la «Riserva forestale di Forcaridra» in comune di Cavagnago intorno ai 1200 metri e su una superficie di quasi otto ettari. È 1’unica nel cantone Ticino per preservare a futura memoria la testimonianza e il dinamismo di questi tipi di boschi. Insieme con quella di «Selva Secca» nella zona del Lucomagno in alta valle di Blenio con pino cembro dominante, tra i pini della montagna alpina primeggia per la sua diffusione il pino silvestre.
Non raggiunge nelle Alpi l’importanza che assume invece nelle pianure e sulle basse montagne dell’Europa media e settentrionale, in Scandinavia fino al 71° parallelo nord. Ma è presente con una tale frequenza e in tante differenti condizioni ambientali da diventare uno degli alberi più comuni e familiari dei nostri paesaggi forestali nelle vallate asciutte. Le pendici aride e povere di acque, spesso già bruciate e imbrunite dal sole estivo, fanno pensare senza esitazione a una steppa. Qui l’aria è chiara e trasparente, netti si disegnano i profili dei monti sullo sfondo del cielo, e pare che l’intero paesaggio sia percorso da un raggio di splendore del Sud. Manca solo il frinire delle cicale.
Il pino silvestre è un albero di prima grandezza: può raggiungere 48 metri di lineare altezza e vivere fino a seicento anni. È resistente alla siccità e ai forti scarti termici: in Valle d’Aosta e nel Vallese prospera anche con una piovosità inferiore ai 500 millimetri annui. È frugalissimo, e capace d’insediarsi anche su terreni denudati, molto filtranti e poveri di nutrimento organico e minerale, sulle morene abbandonate dalle lingue glaciali vallive.
Questo albero pare destinato ad allignare dove non possano altre essenze che hanno esigenze ecologiche maggiori, come l’abete rosso (Picea abies) e il faggio. Dopo il miglioramento climatico (12mila -9mila anni da oggi), i primi boschi che si stavano costituendo erano formati da pini silvestri e betulle, sospinti in quota dal progressivo e dominante arrivo dal basso delle latifoglie. L’istituzione della Riserva forestale di Forcaridra ha giustificato uno studio ecologico che permettesse di mettere in risalto anche le peculiarità della biodiversità in essa contenuta: il suo valore e il suo significato.
A Forcaridra, grazie a ricerche svolte in tutte le stagioni, sono state censite 65 specie di insetti e di altri invertebrati. Questo contingente faunistico popola 1’ambiente forestale a vari livelli: dalle alte chiome degli alberi fino all’humus del suolo. Dai pollinivori che si cibano di questi corpuscoli vegetali – come le Xyela (vespe prive di pungiglione) e i coleotteri nemonicidi – ai predatori di afidi come talune coccinelle tipiche dei pini, agli insetti che contribuiscono alla demolizione del legno deperiente, come le larve del rutilante coleottero buprestide (foto), insieme con due specie di bostrici. Fino all’immenso mondo di invertebrati, soprattutto insetti, che colonizza la lettiera alla base degli alberi. In questa sede è stato scoperto il più piccolo insetto finora conosciuto della Svizzera, una millimetrica vespina di 0.6 millimetri (disegno), il Baeus castaneus che parassitizza le uova di altri insetti. Da segnalare inoltre il ritrovamento di Polyxenus lagurus, un minuscolo millepiedi, arcaico organismo trovato nell’ambra del Baltico (35-40 milioni di anni or sono), giunto fino ai nostri giorni senza aver cambiato la sua fisionomia e la sua ecologia, e cioè la lettiera dei Pinites: i progenitori dei pini attuali. Infine, il raro coleottero nitidulide Glischrochilus 4-punctatus (foto), il quale si ciba delle ife fungine che crescono nelle gallerie dei bostrici.
Per contro, la pineta di Forcaridra non ospita per il momento la processionaria del pino, la farfalla i cui bruchi tessono i caratteristici nidi sericei sulle soleggiate chiome dei pini silvestri. E nemmeno le formiche rosso-nere del gruppo rufa, e questo per motivi climatici. È stato calcolato che gli alberi della pineta di Forcaridra hanno un’età di 150-170 anni. Si tratta, dunque di un aggregato forestale molto maturo e con una debole rinnovazione. Aggregato che conserva tuttora un popolamento faunistico (a livello di insetti) di tipo arcaico, con alcune entità di notevole interesse scientifico.
Qual è il significato di una riserva forestale, e quali sono le sue finalità? Il concetto è stato elaborato dalla Sezione forestale cantonale, e concretizzato in un rapporto approvato dal Consiglio di Stato il 6 marzo 2001, seguito da una ristampa aggiornata, del dicembre 2005. «Numerose ricerche hanno dimostrato che la sola applicazione di una selvicoltura naturalistica, che oggi (2001) rappresenta lo standard della gestione forestale in Svizzera, non garantisce la salvaguardia della diversità biologica. Accanto al bosco gestito, è quindi necessario creare un reticolo di aree consapevolmente lasciate all’evoluzione naturale. E questo in vista dei seguenti obiettivi: 1. conservare e favorire la diversità biologica stazionale e strutturale del bosco; 2. permettere che i processi, che regolano 1’evoluzione degli ecosistemi boschivi, possano esprimersi liberamente e in assenza di disturbo».
Il rapporto citato metteva inoltre in risalto il fatto che era necessario istituire nel cantone Ticino un certo numero di riserve forestali per complessivi 25mila ettari. Attualmente (2017) siamo a 6076 ettari. Il cammino è ancora lungo.