Il nostro futuro e le macchine intelligenti

Nel libro Life 3.0 lo scienziato Max Tegmark pensa alle conseguenze dello sviluppo dei computer in grado di svolgere funzioni e ragionamenti tipici della mente umana. Il parere di Luca Maria Gambardella, direttore dell’Istituto Dalle Molle
/ 19.02.2018
di Stefania Prandi

L’intelligenza artificiale, cioè la capacità dei computer di svolgere funzioni e ragionamenti tipici della mente umana (per usare una delle definizioni possibili), sarà probabilmente il più importante cambiamento del ventunesimo secolo: trasformerà la nostra economia, la cultura, le politiche, i corpi e le menti in modi che molti possono immaginare a fatica. In Life 3.0 Max Tegmark, fisico teorico e comunicatore scientifico di origine svedese ma americano d’adozione, professore del Mit di Boston, membro dell’American Physical Society, analizza gli scenari futuri, i benefici e i rischi dell’intelligenza artificiale a breve e a lungo termine.

Il suo saggio, che sarà pubblicato in italiano ad aprile e, nel corso del 2018, tradotto in una ventina di lingue, sta facendo discutere. Il testo è per certi versi visionario. Raccoglie ipotesi non per forza condivise dall’autore, che vanno dall’estinzione dell’umanità alla convivenza tra umani-cyborg e super intelligenze, con un grande fratello che sorveglia, per finire con l’immagine di un futuro remoto con reti neuronali intergalattiche di intelligenze artificiali disincarnate. Come ha scritto il settimanale «Time», i libri di fantascienza impallidiscono di fronte a certe sue descrizioni, mentre personalità eminenti del mondo scientifico, da Stephen Hawking ad Elon Musk, hanno espresso il loro apprezzamento al contenuto.

Per capire i piani del discorso, bisogna considerare che l’intelligenza artificiale che sperimentiamo nella vita di tutti i giorni è ancora limitata, perché abbiamo a che fare con computer che eseguono funzioni specifiche come suggerire domande di ricerca oppure individuare le facce nelle fotografie. Ci sono sviluppi che conoscono soprattutto gli addetti del settore e che stanno trovando impiego nelle aziende, come quello elaborato da DeepMind, sezione londinese di Google, che ha costruito un sistema che impara da solo (senza alcun tipo di indicazione) a giocare ai videogiochi. Oppure c’è Deep blue, la macchina sviluppata da IBM, che ha sconfitto il campione del mondo di scacchi Garry Kasparov. 

Che cosa accadrebbe se un giorno l’intelligenza artificiale «uscisse dalla scatola», diventando una forma di vita superiore, capace di pensare meglio di noi e di manovrarci? Questa possibilità potrebbe non essere così improbabile secondo Tegmark, che crede che dobbiamo essere in grado di controllare la tecnologia, dandole una direzione. «Possiamo creare un futuro stimolante attraverso la tecnologia se vinciamo la gara tra il suo sviluppo crescente e la saggezza con la quale la gestiamo», ha spiegato di recente a una conferenza con un gruppo di programmatori di Google, nella Silicon Valley. «Quando gli esseri umani hanno inventato il fuoco, poi hanno trovato il modo di spegnerlo; per le auto sono state create le cinture di sicurezza, i semafori, le regole stradali. Non possiamo pensare di potere imparare dagli errori con tecnologie come le armi nucleari, la biologia sintetica, l’intelligenza artificiale superumana. Dobbiamo fare un cambiamento, passare dall’essere attivi all’essere proattivi», il che significa intervenire in anticipo per prevenire problemi futuri. 

A proposito delle conseguenze dell’impiego dell’intelligenza artificiale, in Life 3.0 viene fatto l’esempio di quanto avvenne nel 1962 durante la Crisi dei missili di Cuba, a bordo del sottomarino militare russo Soviet B-59. In seguito all’attacco di bombe da parte di un gruppo di navi statunitensi, il capitano del sottomarino russo prese la decisione di lanciare il siluro nucleare. Vasili Arkhipov, vicecomandante, si oppose a quell’ordine e scongiurò così conseguenze disastrose. Ma che cosa sarebbe successo se al posto di una decisione umana ci fossero stati dei robot guidati da intelligenza artificiale? Sarebbe scoppiata una guerra mondiale?

La visione di Tegmark interroga il mondo scientifico, anche se non tutti la vedono esattamente come lui. Luca Maria Gambardella, scienziato informatico, direttore dell’Istituto Dalle Molle di Studi sull’Intelligenza Artificiale (Idsia) che in collaborazione con la Facoltà di scienze informatiche di Lugano ha avviato, lo scorso settembre, il primo master in intelligenza artificiale in Svizzera, pur apprezzando l’intento divulgativo di Life 3.0, crede che sia difficile fare previsioni a lungo termine. «È vero che c’è un’intelligenza artificiale bodiless, cioè che non ha come supporto un corpo fisico, che si sta sviluppando a ritmo velocissimo. Anche noi a Lugano creiamo algoritmi in questo senso, sia per la ricerca di base sia per le aziende. Si tratta di applicazioni verticali, cioè viene detto alla macchina cosa fare e quella esegue. L’idea che un giorno ci sarà un’intelligenza nuova che farà tutto, come e meglio degli umani, non so se sia davvero realista. Io, come altri miei colleghi, riesco solo a pensare, nel concreto, a quel che accadrà tra uno o due anni. Chi si spinge più in là si avventura in speculazioni difficili da dimostrare». 

Secondo Gambardella – su questo in linea con l’approccio di Tegmark – quando pensiamo all’intelligenza artificiale dobbiamo liberarci dall’immaginario distorto dei film di fantascienza con robot killer alla Terminator oppure in versione femminile come Ava di Ex Machina. «Mi immagino un futuro dove, metaforicamente, avremo l’intelligente artificiale sulla spalla, al quale chiederemo consigli. Sarà un sistema ibrido, le macchine ci daranno dei pareri, come fanno gli amici, ma decideremo con la nostra testa. Questo sistema avrà applicazioni nel mondo del lavoro, in diversi ambiti, da quello finanziario, alla ricerca scientifica, alla scrittura di testi».

Comunque la si voglia interpretare, l’intelligenza artificiale rappresenta una rivoluzione che avrà un impatto sulle vite di tutti. Per prenderne parte non sarà necessario essere degli esperti, ma potrebbe essere utile capire il fenomeno. «Un buon modo per prepararsi a quello che sta succedendo è leggere testi divulgativi e sviluppare il pensiero computazionale, il ragionare in maniera logica, in modo algoritmico e a livelli multipli di astrazione. Ci sono molti corsi, qui in Ticino, con vari gradi di approfondimento, che offrono possibilità per i più giovani ma non solo», conclude Gambardella.