Una delle spettacolari armature dei Prizmatec, famiglia italiana di cosmakers e cosplayers

Il mondo dei cosplayer

Tempi moderni – Il cosplay è un hobby che si sta diffondendo in Ticino, anche grazie al Festival Japan Matsuri
/ 09.07.2018
di Alessandra Ostini Sutto

Dai termini inglesi «costume» (costume) e «play» (giocare/interpretare) nasce la parola «cosplay», la quale designa l’hobby di vestirsi come il proprio personaggio preferito ed interpretarne il modo di agire. Poiché il fenomeno ha avuto origine in Giappone, il personaggio rappresentato proviene generalmente dai manga (fumetti) o dagli anime (cartoni animati); il campo di scelta può però estendersi ai videogiochi, alle band musicali, ai giochi di ruolo, ai film, ai libri e persino alla pubblicità.

In Giappone il cosplay è un fenomeno di grande portata. Molte sono le occasioni in cui è possibile praticarlo, come le mostre-mercato di fumetti, i Comic Market. Non è nemmeno inusuale che gli adolescenti si radunino semplicemente per fare del cosplay. Su internet sono numerosi i forum e, nelle principali città, non mancano i bar in cui i camerieri indossano costumi da cosplay, sono nate catene di negozi specializzati e siti web che vendono costumi e accessori. Il fenomeno è arrivato anche in Occidente, dove nelle principali manifestazioni dedicate al fumetto e all’animazione si svolgono gare di cosplay. E la Svizzera non fa eccezione. «Quando abbiamo cominciato ad organizzare il Festival Japan Matsuri, i cosplayer in Ticino erano pochissimi, direi 4 o 5; negli anni sono aumentati, tanto che oggi se ne contano un’ottantina» afferma Sheila Muggiasca, ideatrice e organizzatrice della manifestazione, che, da sette anni, si svolge a Bellinzona in primavera. Crescita imputabile in parte proprio al festival giapponese della Svizzera italiana, che all’area espositiva e agli spazi gastronomici e ludici, affianca workshop, live show, concerti e, appunto, il Cosplay Contest. Oltre ad un’impronta culturale, l’Associazione Japan Matsuri, composta da giovani volontari, ha una vocazione no profit e benefica; essa è infatti nata nel 2011, in seguito allo tsunami che ha colpito il Giappone: «Conoscendo molto bene una famiglia che abita nelle zone toccate e che ha perso tutto, ho vissuto, seppur a distanza, il loro dramma», spiega Sheila Muggiasca, attratta dal Giappone fin da bambina, quando guardava i cartoni animati, tanto che professionalmente fa da collegamento tra le case discografiche e gli artisti del Paese del Sol levante ed eventi in Europa. «Ho quindi contattato il Camelia Club Giapponese con l’idea di organizzare una raccolta fondi e abbiamo deciso di costruire dei centri di accoglienza per i bambini rimasti orfani; così è nata la prima edizione del Japan Matsuri», continua. Ancora oggi Japan Matsuri sostiene il progetto Sendai Rainbow House dell’associazione Ashinaga, oltre a donare fondi a progetti benefici del Cantone.

Tra i volontari c’è la 23enne Karine Jam, una dei primi cosplayer in Ticino, che ha partecipato alla creazione del Gruppo Cosplayer ticinesi. «Nell’estate del 2011, mentre io ero in Canada, due miei amici hanno iniziato ad organizzare degli incontri tra appassionati del genere ai castelli di Bellinzona. Inizialmente vi partecipavano cinque o sei persone, che nel corso dell’estate sono diventate una ventina – spiega Karine, che studia comunicazione visiva alla SUPSI di Trevano – così è nato il Gruppo Cosplayer ticinesi. Grazie a Japan Matsuri ogni anno riceviamo una ventina di richieste di ammissione. Caratteristica del gruppo è però quella di restare chiuso, per riuscire a mantenere un rapporto approfondito tra i cosplayer che ne fanno parte. Sulla pagina Facebook Cosplay Ticino può invece interagire chiunque».

Il fatto che il gruppo sia chiuso è pure una forma di tutela nei confronti dei membri più giovani, ancora minorenni. «In genere ci si avvicina a questo hobby all’età delle scuole superiori, ma ci sono pure cosplayer di trent’anni e oltre», commenta Sheila Muggiasca. Karine si è avvicinata al cosplay nel 2009, quando ha cominciato la Csia: «Già durante le medie frequentavo su internet dei forum di appassionati di manga, fumetti e del mondo nerd in generale; ho conosciuto così diversi ragazzi in Italia che partecipavano a delle convention, come Lucca Comics & Games». Per il suo primo cosplay Karine ha deciso di cominciare con Arane Norimaki del manga Dr. Slump & Arale: «mi sono “limitata” a trovare i pezzi del look simili a quelli del personaggio che ho scelto sia per la semplicità nei tratti e nei materiali sia perché rispecchia alcuni lati del mio carattere e del mio aspetto». Ovviamente c’è anche chi opta per la strategia opposta, scegliendo di vestire i panni di un personaggio diametralmente opposto a come è in realtà; il cosplay è un mondo di grande libertà.

Libertà che si ritrova nel modo in cui il look del personaggio scelto viene realizzato: «c’è chi compra un costume, a cui apporta magari dei ritocchi, e chi realizza da sé vestito e accessori», commenta Karine. «Passo successivo, ci si esercita ad imitare gesti e comportamenti, per un’identificazione totale». Questa grande cura nel dettaglio fa capire che il cosplay non ha nulla a che vedere con il carnevale o le feste in maschera. «A carnevale ci si traveste per andare a divertirsi, quando fai cosplay vuoi invece apparire bello, nel senso che ci tieni a fare una bella impressione su chi ti vede, su chi interagisce con te, e vuoi trovare il tuo modo di essere il più possibile affine al personaggio», spiega Karine Jam.

Effettivamente c’è ancora un po’ di confusione attorno a questo fenomeno non a tutti noto. Come quando, lo scorso mese di maggio, due cosplayer di Lugano sono stati fermati dalla polizia mentre si stavano recando alla prima di Deadpool 2, attesissimo film dedicato a uno dei supereroi del grande schermo, alla quale erano stati invitati. Il ragazzo tra i due che era già in costume è stato multato per infrazione alla legge sulla dissimulazione del volto. «Quando c’è stato questo episodio purtroppo ho letto su internet diverse reazioni spiacevoli», afferma Sheila Muggiasca, «il cosplay non è nulla di negativo; anzi, è un modo per socializzare e può essere d’aiuto per i ragazzi timidi che riescono a diventare estroversi grazie all’interpretazione di un ruolo».

Una parte significativa della sottocultura cosplay sono infatti le scenette in cui i cosplayer reinterpretano dei passaggi del film, fumetto o serie TV del loro personaggio o al contrario ne forniscono un’interpretazione personale. Le esibizioni – come pure il costume, le eventuali armi e gli accessori – vengono poi valutate da una giuria. Per il secondo anno consecutivo, a giudicare i cosplayer ticinesi – una trentina durante la passata edizione – erano i Prizmatec, una famiglia italiana di cosmakers e cosplayers specializzata nella realizzazione di spettacolari armature. I giudici, abituati ad eventi ben più grandi, hanno apprezzato l’atmosfera familiare che si respira alla fiera di Bellinzona, dove si instaurano dei bei rapporti tra gli organizzatori e i ragazzi che partecipano alla competizione. «Durante le fiere si incontrano molte persone con le quali si scambiano opinioni, commenti e critiche costruttive; è molto inclusivo», commenta Karine Jam che in occasione della gara tenutasi ad aprile nella capitale ha scelto di interpretare Shouko Nishimiya, personaggio di A Silent Voice: «Per motivi personali, mi sono affezionata a questo lungometraggio giapponese, che parla di un fatto di bullismo accaduto ad una bambina di sei anni nata sorda. Una storia bella e profonda, che consiglio vivamente».