Cinquanta chili sulle spalle, due zoccoli sbilenchi, un passo falso. «Croci, croci ovunque, troppe croci» annotava angosciato Mauro Corona, che ricordava quanto fosse penoso e pericoloso il lavoro che attendeva lui e i suoi compaesani di Erto, ogni primavera, quando dovevano trasportare verso il monte fertile terra asportata da piogge e nevi fondenti sui terrazzamenti sostenuti verso valle, e faticosamente costruiti sopra il paese di erti pendii. Per cinque schei e per due secchi di patate. Schei per dire soldi. Durante la dominazione austro-ungarica della prima metà dell’Ottocento, infatti, nel Lombardo Veneto circolavano anche monetine di modesto valore facciale sulle quali era impressa la scritta in tedesco «Scheiben-Münze». La gente leggeva solo la prima parte della scritta pronunziata in italiano, per l’appunto: Schei.
I muretti a secco e i terrazzamenti sono parte integrante di ogni paesaggio umanizzato in tutto il Mondo. E questo, dalle risaie pensili nelle Isole Filippine, lungo centinaia di chilometri sui pendii dell’Asia sud-orientale, fino alle mirabili costruzioni realizzate dagli Incas sulle Ande del Perù per irrigare le coltivazioni di granoturco, fagioli e patate. Dai vigneti delle Langhe in Piemonte a quelli delle Cinque Terre in Liguria a picco sul Mare Tirreno. Agli innumerevoli terrazzamenti che sono sostenuti da muretti a secco in tutte le regioni collinari e del pedemonte lungo l’arco meridionale delle Alpi, fino a 2000 metri nel Vallese e in Valle d’Aosta.
I muretti a secco (tali perché non contengono sostanze cementificanti tra sasso e sasso) sono ingegnosi manufatti creati dall’uomo per impedire che i terreni sovrastanti ogni gradino possano franare verso il basso. Oppure sono in grado di sostenere canalizzazioni per addurre e distribuire l’acqua, onde rendere attuabile l’irrigazione anche in zone distanti parecchi chilometri nelle Alpi prendendo origine dai torrenti glaciali.
Ricordiamo le bisses nel Cantone Vallese (vedi articolo di Romano Venziani, su «Azione» del 18 febbraio 2019), e i rus in Valle d’Aosta. Muretti a secco: mirabili e ingegnosi manufatti che l’uomo ha realizzato attraverso i secoli in tutto il Mondo. Oltre un certo angolo di inclinazione del pendio, la massa di terreno e di detriti rocciosi di vario calibro scende scivolando verso il basso per gravità. Si tratta di una massa eterogenea per dimensioni, non trattenuta dagli alberi e dalla cotica erbosa. Altrettanto ineluttabilmente l’uomo ha avuto sempre la necessità vitale di scoprire e adottare razionali tecniche per conservare il suolo al suo posto, cioè in posizione il più possibile orizzontale.
Nella storia che ha scandito la presenza e la sua successiva affermazione del nostro antenato sulla Terra, vi è stata la scoperta dell’agricoltura durante il Neolitico, un’epoca compresa tra 8mila e 10mila anni or sono, a partire dall’Asia fino alla regione mediterranea. Soprattutto ben conosciuti sono i primi insediamenti sedentari nel Medio Oriente (Mesopotamia), regione coperta di boschi e ricca di acque, dove ora c’è il deserto. Bagnata da due maestosi fiumi, Tigri ed Eufrate, questa zona vantava della terra fertile in virtù delle loro periodiche alluvioni. A seguito di ripetuti incendi voluti, però, il suolo si andò progressivamente scoprendo, generando la conseguente erosione che asportava la terra lungo i pendii verso il basso.
Dopo innumerevoli tentativi, riflessioni, prove e insuccessi, il nostro uomo ormai agricoltore stanziale, metteva in opera le sue capacità tecniche che gli consentivano la costruzione di muretti a secco e di terrazzamenti. Tutte geniali realizzazioni di ingegneria per salvaguardare il territorio e arricchire le sue capacità di aumentare la produzione di cibo. A Gerico, nell’attuale Palestina, ricerche archeologiche hanno permesso di scoprire il più antico chicco di frumento finora conosciuto, datato 10mila anni or sono, con il metodo del radio carbonio (C14).
I muretti a secco sono dei manufatti artificiali creati dall’uomo. Queste costruzioni hanno tutte le caratteristiche per essere definite «Ambienti sotterranei superficiali», cioè un sistema di micro-grotte e di fessure nell’insieme del manufatto. I muretti a secco hanno le stesse peculiarità fisiche e biologiche di un sistema carsico naturale, un microclima particolare a causa delle temperature e dell’umidità che si rilevano nella parte iniziale delle grotte.
Essi danno ricetto a una fauna e a una flora che richiamano una ricca ed eterogenea compagine, articolata in un complicato contesto alimentare: produttori e consumatori, predati e predatori, dal minuscolo insetto fino agli uccelli rapaci. Le fessure più o meno ampie ospitano piccole felci (Asplenium), chelidoni (l’erba per le verruche), semprevivi, e qualche arbusto che preannunzia l’installazione degli alberi, stadio finale della colonizzazione del muretto.
In definitiva, il muretto ha tutte le caratteristiche di un mucchio di sassi di vario calibro artificialmente collocati. La catena alimentare ospitata ha inizio con la presenza di una comune formica (Lasius) che porta nel formicaio i semi del chelidonio, muniti di caruncola. È questa una piccola escrescenza carnosa, ricca di sostanze nutritive e vitaminiche particolarmente appetite da formiche non granivore, in quanto a loro interessa la caruncola e non il seme che viene in tal modo passivamente veicolato.
Le lumache si cibano di vegetali, e sono predate da topolini e da voraci insetti coleotteri. Nelle fessure dei muretti nidificano di preferenza alcuni uccelli come l’upupa e il torcicollo. Le cui uova, insieme con i topolini, sono predate dalle vipere, molto frequenti in questi ammassi artificiali di sassi. A sua volta, la vipera è predata da un rapace diurno, il biancone, (Circaëtus gallicus), la cui alimentazione è costituita per il 90 per cento da vipere. Nel Cantone Vallese questo rapace molto selettivo è una specie protetta da 150 anni.
Per finire, è molto probabile che un bell’esemplare di biancone faccia bella mostra (debitamente imbalsamato) in una dimora umana. È l’anello ultimo della lunga catena alimentare che popola a nostra insaputa un muretto a secco, la degna conclusione di un’avventura.