La videointervista


Servizio della giornalista Maria Grazia Buletti (video di Vincenzo Cammarata).


I tumori pediatrici

Medicina - Grazie ai progressi della medicina sale il numero di bambini che guarisce dal cancro
/ 04.02.2019
di Maria Grazia Buletti

Una collana di perline colorate è tra le mani del dottor Pierluigi Brazzola, caposervizio di pediatria e responsabile del Servizio emato-oncologico dell’Ospedale Regionale Bellinzona e Valli. Parliamo di tumori infantili: «Ogni “Perla del coraggio” rappresenta un atto medico e segna il percorso di cura di ogni bambino o ragazzo che ne riceve una ogni volta che affronta un esame radiologico, un prelievo di sangue, una radiografia, una seduta di chemioterapia e via dicendo». Un gioco per i piccoli, mentre per quelli più grandicelli al termine del percorso di cura rappresenterà molto di più: «Alla fine conserveranno questa collana come un amuleto, un totem prova tangibile della loro lotta, della battaglia personale contro la malattia». La collana di perle chiude il cerchio della malattia e della sua cura. 

Ne parliamo perché il 15 febbraio si celebra la Giornata mondiale contro i tumori infantili: una malattia curabile ma che da noi continua a essere la seconda causa di morte dopo gli incidenti. Secondo il Registro Svizzero dei Tumori Pediatrici (RSTP), ogni anno in Svizzera si ammalano di cancro circa 200-220 bambini (sotto i 15 anni) e quasi la metà delle nuove diagnosi riguarda neonati e bimbi da 1 a 4 anni. Questa la situazione che però, grazie ai progressi della medicina, permette altresì di affermare che il numero di bambini che muoiono di cancro continua a diminuire e oggi, in media, 4 su 5 bambini guariscono.

Diagnosi e trattamento del cancro in età infantile e adolescenziale sono un’esperienza molto sconvolgente, gravosa e traumatica per tutte le persone coinvolte: famiglia e bambini. Questi si ammalano per cause differenti dall’adulto: «I tumori dell’adulto sono per lo più dovuti a cause esterne: le cellule hanno “una data di scadenza”, i meccanismi che ne controllano le funzioni possono incepparsi e col tempo escono i “difetti di usura” delle cellule che si ammalano». Per contro, il dottor Brazzola riporta le cause scatenanti il cancro infantile al concetto saliente della sfortuna: «In pediatria i tumori non derivano da cause esterne, bensì da una condizione insita nell’individuo: nei miliardi di cellule di cui siamo fatti, il programma non funziona sempre a dovere e una su dieci miliardi potrebbe non comportarsi adeguatamente». 

Una sorta di difetto di fabbrica che emerge e che poi va individuato e curato, in un percorso che si preannuncia, dice il dottor Brazzola, «non come un’autostrada, ma come un sentiero che si inerpica su per la montagna». Sentiero tortuoso e faticoso, che il piccolo malato condividerà con la famiglia e il team curante. «Si pensa sempre che queste cose succedano solo agli altri, ma quel giorno “gli altri” eravamo noi», sono le parole del padre di un ragazzo al momento della diagnosi di leucemia di suo figlio. La moglie, madre del giovane, condivide oggi con noi il ricordo di quel momento: «Nostro figlio aveva 12 anni, quando ha iniziato a lamentare forti dolori diffusi alle ossa e alle articolazioni; approfondite indagini mediche hanno trovato i linfociti alle stelle e poi la diagnosi: leucemia».

La signora racconta delle reazioni di genitori che si apprestano a condividere col proprio figlio una delle guerre più dure: complice e compagno di viaggio sarà il team medico e curante. «Non ci siamo persi d’animo: sapere chi fosse il nemico che ora avevamo dinanzi ci dava comunque forza. In quei momenti ci si rende conto che un figlio non è “un” progetto di vita, bensì “il” progetto». La madre si è dunque calata nei panni di «una mamma travestita da tigre», concorde col marito su un fatto: «Se nostro figlio se ne dovrà andare, faremo in modo che ogni minuto e ogni secondo che possiamo passare insieme sarà il migliore della sua vita». E il dottor Brazzola spiega che la chiave per iniziare questo difficile percorso di cura passa da qui: «Comunicazione, onestà nel percorso e nella sua condivisione, oggettività. Ciò costruirà le basi per un rapporto di fiducia reciproca con il ragazzo e con la sua famiglia, permettendo a tutti di andare nella stessa direzione. Una realtà che rispecchia le fiabe: a Cappuccetto Rosso non si nasconde il Lupo, ma le si insegna come combatterlo». 

Ne traggono utilità i piccoli pazienti stessi: «Occorre spiegare loro tutto onestamente, usando termini e concetti adatti alla loro età. Insieme ai genitori decidiamo come fare e li sosteniamo in ogni momento; concordiamo strumenti, parole, termini da usare e per questo ci aiutano alcuni libri adeguati all’età dei pazienti». Li sfogliamo e ne troviamo con semplici illustrazioni e cartoni animati per i più piccoli, fino a quelli più articolati in cui termini e filo logico sono adeguati agli adolescenti «più consapevoli della propria malattia e perciò desiderano essere meglio informati». 

A conferma di ciò la testimonianza della signora: «Il dottor Brazzola ci ha aiutato parecchio nel trovare il modo migliore per parlare con nostro figlio, soprattutto all’inizio quando noi non avevamo proprio le parole». Nel suo percorso terapeutico, il ragazzo ha ricevuto un trapianto di midollo e anche, in merito a questa fase delicatissima, la madre non manca di ricordare la vicinanza da un lato degli amici e della rete sociale, dall’altro quella degli infermieri curanti che definisce angeli senz’ali: «Nei momenti peggiori dicevano a nostro figlio: non so quando riuscirò a farti passare il dolore, ma sarò qui con te fino a quando ti passerà». Le terapie e i loro effetti collaterali sono spesso molto duri da affrontare, lo conferma il dottor Brazzola: «Perciò dobbiamo sostenere e informare costantemente ragazzo e famiglia sui benefici terapeutici e sugli effetti indesiderati, come ad esempio la caduta dei capelli; per altri disponiamo comunque di farmaci adatti ad alleviarli. Se sono informato, non mi stupisco di quanto avviene strada facendo, fa parte della terapia e lo affronto consapevolmente sapendo che è solo per ora, poi passerà».

Il ragazzo la cui mamma ha condiviso il percorso è guarito e oggi ha 18 anni e «un progetto di vita» per il quale i suoi genitori sono orgogliosi. «Lo guardo felice e ogni volta penso e ringrazio la persona che gli ha donato il midollo», così si congeda la mamma. Non è così in tutto il mondo e il dottor Brazzola ci invita a riflettere su questo: «La Giornata mondiale è l’occasione per rivedere tutto ciò che ruota attorno all’oncologia pediatrica: la guarigione non è appannaggio globale di tutti e in certe Nazioni si fatica spesso ad avere diagnosi e terapie adeguate». Questa giornata dedicata vuole aumentare la consapevolezza e l’informazione sul cancro nell’infanzia, esprimere sostegno ai bambini, agli adolescenti e alle loro famiglie, riconoscendone coraggio, forza ed eroismo.