La videointervista

 

Video girato da Vincenzo Cammarata, con la collaborazione di Maria Grazia Buletti.


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I rischi del tabagismo

Il monitoraggio delle dipendenze mostra che in Svizzera ancora troppe persone ignorano i danni provocati dal fumo
/ 05.02.2018
di Maria Grazia Buletti

Un recente studio realizzato da Monitorage suisse des addictions (Addiction Suisse) ha dimostrato che nel 2016 il 60% della popolazione svizzera era cosciente dei danni alla salute provocati dal fumo attivo o passivo. Gli intervistati hanno dimostrato di conoscere bene l’impatto del tabagismo sugli apparati cardiocircolatorio e polmonare, e sulla diminuzione della speranza di vita legata al rischio di malattie causate dalla sigaretta. 

Una percentuale leggermente più bassa (57%) degli interpellati era altresì cosciente del fatto che nel nostro Paese il tabacco è la maggiore causa dei decessi prematuri ed evitabili. D’altro canto, non si sottovaluti il rimanente 40% della popolazione che ignora i rischi legati al tabagismo. «In queste prime settimane del nuovo anno abbiamo già fatto quattro nuove diagnosi di carcinoma polmonare metastatizzante», esordisce il dottor Maurizio Bernasconi, caposervizio e responsabile del Servizio di Pneumologia all’Ospedale regionale Bellinzona e valli (Orbv), che sottolinea come l’80% delle cause di questo tumore sia riconducibile al fumo, mentre solo il restante 20% è attribuibile a cause sporadiche o genetiche. 

Fumare fa male alla salute e può accorciare la nostra speranza di vita. In Svizzera ogni anno 7mila persone muoiono per il tabacco, di cui è importante definire il concetto di dipendenza: «Se ne parla quando c’è una forte necessità di accendere la sigaretta per ricevere una boccata di nicotina. Il grado di dipendenza può essere valutato chiedendo al fumatore quando fuma la prima sigaretta della giornata: il tabagista molto dipendente, dopo una latenza massima notturna di 7-8 ore dall’ultima sigaretta, sentirà l’esigenza di fumare prima ancora di andare in bagno o fare colazione». 

Meno dipendente, ma non per questo senza rischio, è colui che fuma saltuariamente o in occasioni particolari: «Queste persone incontreranno meno difficoltà nello smettere di fumare rispetto al fumatore fortemente dipendente da nicotina, i cui recettori cerebrali non possono stare senza». Ancora troppi (40% della popolazione) ignorano o vogliono ignorare i rischi legati al tabagismo. Addiction Suisse li identifica in quattro distinti gruppi: «Le persone sotto i 20 anni e sopra i 44, quelle con un basso livello socio-culturale, i fumatori abituali e i fumatori che non vogliono smettere». Queste persone sminuiscono le conseguenze legate al tabagismo o non vogliono darvi credito. 

«È un processo mentale legato al nostro essere: tutta la vita respingiamo l’eventualità della malattia o della morte, e fatichiamo a pensare che ciò che facciamo possa avere un influsso sulla nostra salute». Così, l’individuo che gode di buona salute fatica a pensare che potrebbe, un giorno, contrarre una grave malattia o avere un infortunio: «Le persone si nascondono dietro l’alibi del “nonno che ha fumato tutta la vita e non gli è successo nulla”, per cui sono convinte che andrà bene anche a loro». Ma così non è e il fumo miete vittime già nel grembo materno: «Se la futura mamma fuma, il rischio di aborto è maggiore, mentre nel periodo dopo il parto aumenta il rischio di morte bianca per i bimbi di madri fumatrici. È pure provato che i bambini piccoli esposti a fumo passivo hanno maggiore rischio di sviluppare polmoni più piccoli, di andare incontro a polmoniti e soprattutto di diventare poi a loro volta fumatori. Infatti, è noto che, a causa della forte influenza degli adulti, metà degli adolescenti fumatori (a 15 anni) hanno genitori che fumavano, in una sorta di banalizzazione della consapevolezza dei rischi insiti nel tabacco».

Parlando di giovani, il dottor Bernasconi rincara la dose: «Chi inizia a fumare prima dei 21 anni rischia di rimanere fumatore a vita». Il pneumologo rende attento chi si nasconde dietro la chimera della minore nocività del fumo di marijuana: «Non ci sono studi comparativi che ne attestino il minore impatto rispetto alla sigaretta; spesso queste persone fumano anche sigarette e sono a rischio di sviluppare un enfisema polmonare severo precoce». Pensare che la canapa non sia nociva sul polmone è dunque sbagliato: «È comunque tabacco e produce gli stessi effetti, in aggiunta al forte potenziale allergico che potrebbe portare a episodi asmatici».

Presto riassunti i rischi per la salute dovuti al tabagismo: «Nei fumatori dobbiamo tenere conto dei rischi cardiovascolari come arteriosclerosi precoce, infarto e ictus seguiti dai rischi polmonari che contemplano la malattia cronica ostruttiva del fumatore (enfisema) in cui egli rischia 8 volte più di sviluppare la malattia rispetto a chi non fuma, e il carcinoma polmonare per cui il rischio sale a 25 volte nei fumatori rispetto ai non fumatori. Non dimentichiamo le altre malattie oncologiche legate al tabacco: l’esposizione a sostanze cancerogene nel fumo (sono più di 70 nella sigaretta) toccano tutte le vie aeree, dalle labbra, alla trachea fino ai polmoni, e una parte è assimilata dal corpo col rischio di sviluppo del carcinoma vescicale». 

Smettere di fumare sarebbe una buona scelta, non cominciare la migliore: «Il fumatore di lunga data che smette non è immune dallo sviluppare comunque un carcinoma polmonare negli anni a venire; il rischio diminuisce comunque in maniera sostanziale da 25 a 8 volte rispetto a chi non ha mai fumato». Chi di noi non ha un conoscente o un parente che ha sviluppato questa malattia o che ne è morto? Vale la pena di riflettere su cosa si può ancora fare per migliorare la percentuale di chi è responsabilmente cosciente dei rischi legati al fumo: «In Australia, tra i giovani si è giunti a un tasso di fumatori del 5% mentre da noi è del 12%. Per tutelare i nostri ragazzi si può fare ancora parecchio: bisognerebbe dare un giro di vite alla legge sulla pubblicità e il prezzo della sigaretta dovrebbe essere aumentato sostanzialmente in poco tempo, solo per fare qualche esempio». 

Determinanti restano la prevenzione mirata e la messa in atto delle disposizioni legali in vigore secondo le quali non si può vendere tabacco ai minorenni. La posta in gioco è davvero alta, soprattutto considerando la grande vulnerabilità giovanile. «Tutti gli ospedali ticinesi dell’EOC, inoltre, dispongono di un programma di disassuefazione dal fumo che combina un accompagnamento motivazionale e spesso una terapia farmacologica per ridurre la voglia di fumare; la percentuale dei fumatori che riescono a smettere a 6 mesi dall’inizio del programma è di circa il 30%, ma vale la pena tentare». La posta in gioco rimane la propria salute, quella dei nostri cari e una speranza di vita ottimale.