Di paternità si parla ancora poco e spesso in maniera imprecisa, eppure i padri sono fondamentali per la buona crescita di bambine e bambini. Ha cercato di colmare questa carenza Anna Machin, antropologa evolutiva inglese che da oltre dieci anni si occupa di studiare i nuovi padri. Ricercatrice all’Università di Oxford, nel Regno Unito, ha pubblicato interviste e una sintesi dei suoi lavori accademici e di altri studiosi in The Life of Dad, da poco tradotto in francese (Devenir papa, Editions Larousse). «I papà che ho incontrato vengono da esperienze e percorsi diversi: sono omossessuali ed eterosessuali, professionisti e lavoratori manuali, senza titolo di studio oppure con una laurea, di varie provenienze geografiche. Mi hanno permesso di entrare nelle loro vite in momenti personali e privati, nell’attimo in cui sono diventati padri per la prima volta» spiega Machin.
Il ruolo dei padri è un mix di storia, cultura e biologia. Quest’ultima ha un valore fondamentale, molto più di quanto si pensasse fino a pochi anni fa. Gli uomini hanno geni, anatomia e cervello plasmati dall’evoluzione per renderli genitori competenti. «L’istinto e l’abilità sono connaturati, bisogna solo mettersi in ascolto». I papà, pur non passando attraverso i cambiamenti fisici associati alla gravidanza, al parto e (nei casi in cui si scelga e sia possibile) all’allattamento al seno, sono preparati biologicamente e psicologicamente per la cura dei figli appena nati. Vanno incontro a trasformazioni ormonali e neurochimiche. La neuroscienziata Pilyoung Kim dell’Università di Denver, in Colorado (Stati Uniti), ha scoperto che le aree del cervello degli uomini coinvolte nell’attaccamento al neonato, espressione di comportamenti di cura e reazione ai comportamenti infantili, presentano modifiche significative.
Si pensi a un ormone come l’ossitocina, con la funzione di inibire i circuiti della paura e promuovere le relazioni, per anni considerato «femminile» (viene associato, in genere, alla nascita e all’allattamento al seno). Ora si sa che è fondamentale anche per gli uomini. Ruth Feldman, psicologa dello Sviluppo dell’Università di Bar-Ilan di Israele, ha realizzato uno studio sulla neurochimica della paternità, secondo il quale i genitori che vivono insieme durante la gravidanza mostrano nel sangue un aumento simile dei livelli di ossitocina. Inoltre, negli uomini in attesa di un bebè, i livelli di testosterone diminuiscono, per non tornare mai più ai valori precedenti. Il calo dell’ormone simbolo della virilità favorisce l’attenzione alle necessità domestiche e rende maggiormente empatici.
I cambiamenti a livello fisico hanno come conseguenza l’adattamento della personalità alle nuove esigenze; le priorità vengono ridefinite. Racconta Nigel, padre di Poppy (bimba di sei mesi), in The Life of Dad: «Non ho più voglia di uscire il venerdì sera con gli amici. Non è che non li voglia frequentare, soltanto sto maturando, ho una figlia e mi sento responsabile per lei. Non mi va che Liz stia a casa a badare a Poppy mentre io sono in giro per pub. Voglio stare con la mia famiglia perché a bere ci posso andare quando voglio, mentre Poppy cambia ogni giorno».
Le trasformazioni si accentuano negli uomini che scelgono di essere partecipi della gestione quotidiana e pratica della famiglia. Più facile a dirsi che a farsi: riuscire a essere considerato un genitore di pari importanza della madre è difficile, soprattutto nei posti di lavoro. Non è semplice scardinare gli assunti alla base della separazione tra dimensione privata e funzioni riproduttive, ancora quasi esclusivamente appannaggio delle donne, e ruolo pubblico e lavoro produttivo, concepiti socialmente come «naturalmente» maschili. Basti pensare al faticoso iter che ha dovuto affrontare il congedo paternità approvato pochi giorni fa dal Consiglio nazionale, accolto peraltro nella forma del controprogetto, che prevede 2 settimane di congedo, rispetto alle 4 chieste dall’iniziativa popolare.
L’attaccamento dei padri è fondamentale per i figli. Machin insiste molto su questo punto nelle sue pubblicazioni e nelle conferenze divulgative che si trovano online. La cura paterna (richiede tempo e attenzione al pari della materna), infatti, favorisce la salute mentale, incoraggia l’indipendenza e supporta lo sviluppo comportamentale e linguistico. Al contrario, quando la relazione è carente, le conseguenze sono negative non solo per il bambino e la famiglia, ma per la società in generale. I bambini con un attaccamento insicuro rischiano di comportarsi in maniera antisociale, di sviluppare dipendenze e di avere un cattivo stato mentale. Nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza, se l’attaccamento paterno non viene meno, i benefici si consolidano: l’equilibrio psicofisico si rafforza e le competenze sociali migliorano. I risultati durano fino all’età adulta e rappresentano la vera eredità che ogni papà può lasciare.
Lo psicologo John Condon dell’Università di Flinders, in Australia, è giunto alla conclusione che il modo in cui un padre si relaziona con il neonato è l’indicatore decisivo di come sarà il rapporto nel corso del tempo. La gestazione (l’interazione avviene con la pancia della madre – si parla, si cantano canzoni, si fanno carezze lievi – e le ecografie aiutano a prendere coscienza del nascituro), ma soprattutto le prime settimane sono decisive per la cementificazione del legame: in questa fase si instaura la routine abituale che continuerà successivamente.
E allora perché nella maggior parte del mondo, durante la gravidanza, il parto e le prime settimane del bambino, non ci sono forme di supporto né di orientamento per i padri? Se ne è resa conto di persona la stessa Machin, in seguito alle sue due maternità difficili, con problemi iniziali anche per i neonati. «A me è stata giustamente offerta la possibilità di usufruire di un servizio di counseling e sostegno per superare il trauma, mentre mio marito, testimone di tutto, sempre con noi mentre la situazione diventava esasperata, è stato del tutto ignorato». Perciò l’antropologa evolutiva ha deciso di scrivere The Life of Dad: per abbattere i pregiudizi e gli ostacoli che impediscono ai nuovi padri di essere presi sul serio come vorrebbero.