Abbiamo già avuto modo di parlare dell’Agenda 2030 con i suoi obiettivi di sviluppo sostenibile sottoscritti da molte nazioni, tra le quali la Svizzera. Ogni anno i risultati delle azioni sviluppatesi in questo senso sono oggetto di verifica nazionale e internazionale. Regolarmente si aggiornano le situazioni. Tra i temi che vale la pena menzionare e approfondire c’è la protezione dei mari.
L’Obiettivo 14 dell’Agenda invita a conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine. Gli oceani sono il motore del nostro sistema climatico e hanno il pregio di assorbire enormi quantità di CO2 prodotte dall’attività umana, impedendo al riscaldamento climatico di raggiungere valori catastrofici. I satelliti di osservazione terrestre sono uno strumento di fondamentale importanza per capire come il nostro pianeta e il suo clima stiano cambiando e quale ruolo giochino le attività umane. La coppia di satelliti europei Sentinel 3 controlla, tra le altre cose, tutti gli oceani e lo farà per almeno altri sette anni.
Primo dato preoccupante: l’innalzamento dei mari sta subendo un’accelerazione. Da 25 anni il livello è cresciuto a una media di tre millimetri all’anno. I dati dei radar altimetrici dei Sentinel, combinati con quelli degli omologhi satelliti franco-americani Jason, denunciano che questa quota sta aumentando. Lo ha riferito in un recentissimo simposio la dottoressa Anny Cazenave, del Laboratorio studi geofisici e oceanografici spaziali di Tolosa. L’aumento sarebbe del 10 per cento circa. Non allarmante, per ora, ma significativo.
La colpa è attribuita al riscaldamento globale in atto. Se la tendenza media generale è importante non lo è di meno la conoscenza delle differenze regionali. In certi posti, infatti, l’altezza del mare cresce e in altri decresce. Ci sono diverse ragioni che lo spiegano. Nella seconda metà del secolo scorso gli oceani si sono riscaldati parecchio e oggi conservano oltre il 90 per cento di quel calore accumulato, ma la sua ripartizione non è uniforme. Per esempio: quando le acque si riscaldano, si espandono. Il fenomeno è classificato come termo-espansione degli oceani. Ma ci sono differenze locali causate da altri fattori, come il conosciuto fenomeno periodico di El Niño.
Inoltre, nel processo globale, il 45 per cento dell’innalzamento dei mari è dovuto allo scioglimento dei ghiacci terrestri e delle calotte polari. Tutto questo ce lo confermano le misure dei satelliti. I Sentinel viaggiano a 800 km di quota, sorvolando la Terra da un polo all’altro. Sono velocissimi e fanno il giro 14 volte al giorno, cosa che permette loro, dato che la Terra gira, di effettuare una copertura totale del pianeta in 3 giorni. Ogni 35 giorni si ritrovano esattamente a sorvolare i luoghi che avevano già osservato, cosa utilissima per verificare le variazioni a breve termine. Coi sensori a microonde e i radiometri ai raggi infrarossi lavorano giorno e notte. Sentinel-3A e 3B sono separati tra loro di 140°. Si misura anche l’altezza delle onde, con la precisione di un centimetro. Il dato si abbina alle misurazioni locali delle boe, che però non sono disponibili in alto mare per le difficoltà tecniche di installazione e gli alti costi.
A cosa serve quella misura? Prima di tutto per la navigazione. Visto che la segnalazione è istantanea si possono scegliere rotte che evitino nei limiti del possibile onde alte e burrasche, per non parlare degli eventi estremi quali gli tsunami. Il 90 per cento dei commerci mondiali viaggia per mare. Le onde alte sono anche una minaccia per le strutture delle piattaforme marine d’estrazione di petrolio e per chi vi lavora: forse ne abbiamo costruite troppe e se al danno ecologico si accoppia il danno economico è sicuramente il caso di ripensare molte strategie.
Anche le correnti dipendono dalla temperatura delle acque e la loro conoscenza è fondamentale per la navigazione. Ritornando alla temperatura superficiale dei mari, si sa che alimenta gli uragani e i cicloni tropicali, intensificandone la velocità e la potenza. Meglio conoscerla bene per prevedere e limitare i danni. Senza parlare delle famose grandissime correnti calde che dalle zone tropicali vanno verso i poli, riscaldando le coste delle nazioni che ne vengono lambite e quindi favorendo la vita degli abitanti su estese aree della terra.
Se pensiamo che il 60 per cento della popolazione mondiale vive in una fascia inferiore ai 60 km da tutte le coste e che i due terzi delle città con più di 2,5 milioni di abitanti sono in riva al mare, capiamo che il benessere del mare è il nostro benessere. La salute dell’intero ecosistema marino, che va assolutamente salvaguardato e per il quale i comportamenti umani giocano un ruolo importante, è molto vulnerabile e condiziona la vita dei pesci e di chi vive nel mare e del mare.
I Sentinel 3 verificano anche in tempo reale una varietà di prodotti biologici, geologici e chimici marini che sono indicatori della salute del mare: vedono la fioritura delle alghe e, dai colori, la distribuzione del fitoplancton, tutti elementi chiave nella catena alimentare dei pesci. Misurano anche altri processi dell’attività biologica marina, la concentrazione di taluni pigmenti, la materia totale in sospensione, organica e inorganica.
Il discorso sulla allarmante presenza di plastiche e microplastiche, oggi molto di moda, meriterebbe un capitolo a parte (e l’anno scorso il collega Franco Banfi ha proposto una serie di articoli sul tema proprio in «Azione»). Dallo spazio è possibile identificare habitat critici, non solo per gli inquinamenti, ma anche per la vita sott’acqua. Citiamo i corridoi migratori dei pesci: il Canale del Mozambico, per esempio, che separa il Madagascar dal continente, è importante per il passaggio dei tonni, ma è anche una battutissima rotta per il traffico marittimo dell’Africa orientale.
Bisogna cercare di conciliare tutte le esigenze in nome della sostenibilità. In questo senso il controllo della pesca dallo spazio può diventare un valido supporto alla regolamentazione internazionale dello sfruttamento dei mari. È ora che la politica e i governi capiscano che certi interventi riparatori non sono più procrastinabili. Persino nell’erosione delle aree costiere dovuta al moto ondoso, quindi un fatto naturale, l’attività dell’uomo gioca un ruolo importante. Ce ne accorgiamo tragicamente solo quando le mareggiate fanno disastri, come capitato recentemente in diverse regioni d’Italia.
Il monitoraggio via satellite di questi cambiamenti ci fornisce mappe sempre aggiornate. Gli squilibri ambientali mondiali provocati dall’uomo sono evidenti anche se, in certi settori, non è sempre facile dire quanta percentuale sia attribuibile all’azione umana e quanto ai processi naturali.