Manlio? Mauro? Marzio? Maurizio? Come si chiama in realtà l’assistente alla memoria della giovane Camilla, la cui capacità di ricordare è compromessa a causa di un aneurisma? Nell’ultimo romanzo dello scrittore luganese Mattia Bertoldi il loro incontro e la storia che si sviluppa sono frutto di una raffinata inventiva, ma ispirati a una figura professionale reale e innovativa presente in Ticino. Dal 2015 l’associazione no profit ProMemoria applica un approccio personalizzato nel sostegno alle persone con problemi di memoria, in particolare quelle affette da demenza, così che possano continuare a vivere serene la quotidianità senza gravare eccessivamente sui familiari. Proprio come Manlio di Come tanti piccoli ricordi (edizioni tre60) diventano un punto di riferimento che infonde sicurezza e tranquillità, poco importa in fondo il loro nome.
Ciò che conta, spiega ad «Azione» Silvia Hochstrasser, cofondatrice con la sorella Daniela Mondani dell’associazione ProMemoria, è la relazione che si instaura con il malato. «Capire i suoi bisogni condividendo la vita quotidiana al domicilio permette di assicurare un sostegno che rispetti la sua volontà e dignità. Si tratta di un approccio uno a uno nel quale l’assistente alla memoria deve essere in grado di cambiare continuamente strategia a dipendenza delle reazioni della persona malata. Sgridare, colpevolizzare, testare la memoria con domande tipo “Cosa hai mangiato oggi?” non serve a nulla. Chi soffre di disturbi della memoria non si comporta in un certo modo apposta per indispettire gli altri». La difficoltà maggiore, prosegue la nostra interlocutrice, è talvolta il primo contatto. A volte è necessario trovare un espediente – dal caffè alla pedicure – per riuscire ad agganciare la persona che ha bisogno di aiuto.
Considerati i dati statistici che prevedono nel nostro Cantone (come nel resto della Svizzera) entro il 2035 il raddoppio delle persone affette da demenza, che giungeranno circa a quota 15mila, il contributo degli assistenti alla memoria assume una notevole rilevanza. D’altronde, per affrontare quella che viene considerata una delle maggiori sfide al welfare delle società occidentali, sono state elaborate un’apposita strategia nazionale e di conseguenza un quadro d’orientamento cantonale. Quest’ultimo insiste, fra gli altri, sui punti cardini di ProMemoria: potenziamento del sostegno ai curanti informali (familiari in primis), mantenimento al domicilio il più a lungo possibile, aumento della capacità ricettiva dei centri terapeutici, migliore coordinamento delle figure e dei servizi coinvolti nella presa a carico.
Come è giunta Silvia Hochstrasser a questa nuova professione? Attiva per diversi anni quale infermiera in cure palliative, ha potuto constatare a più riprese le conseguenze delle malattie neurodegenerative sui pazienti e i rispettivi congiunti, questi ultimi duramente provati dall’assistenza prestata. Un Master a Milano sfociato in una tesi sul tema «Cure palliative e demenza» e un successivo stage in un centro per malati di Alzheimer a Monza le hanno permesso di scoprire e approfondire l’approccio che in seguito ha iniziato a proporre nel Luganese affiancandolo a un’attività infermieristica indipendente. Con il tempo ha trasformato tutte le sue competenze professionali in un unico concetto di cura che ora comprende anche il servizio di assistenza sanitaria «Cure a 360 gradi». Quest’ultimo è stato fondato sempre con la sorella Daniela Mondani, responsabile della gestione amministrativa, e con la direttrice sanitaria Tatiana Moro. Le prestazioni sono riconosciute a livello assicurativo, mentre quelle di ProMemoria sono a carico dei richiedenti. Se a Silvia spetta il coordinamento dei due servizi, la vera forza dell’innovativo progetto sta nel team che lo compone, come spiegano le stesse promotrici. Sono infatti una decina gli assistenti alla memoria che, assieme alle tre responsabili, hanno aiutato finora 65 persone per oltre 15mila ore di assistenza. Attualmente i malati seguiti sono 17, mentre i dipendenti dal 2015 ad oggi sono raddoppiati.
Numeri ed esigenze che lo scorso anno hanno fatto nascere l’idea di ampliare il progetto attraverso l’apertura di una Casa ProMemoria. Per una valutazione dell’iniziativa è stata interpellata la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI). Lo scorso mese di giugno quattro studenti del corso Master of Science in Business Administration con indirizzo Innovation Management hanno presentato i risultati della loro ricerca, evidenziando il carattere innovativo del «servizio uno a uno» proposto dall’associazione. Le criticità emerse serviranno a ProMemoria per migliorare lo sviluppo delle sua attività, mentre i criteri stilati per il progetto di un luogo nel quale svolgere parte di esse saranno il punto di partenza nella ricerca della casa ProMemoria.
L’esperienza di questi anni – spiegano Silvia Hochstrasser, Daniela Mondani e Tiziana Moro – ha evidenziato il piacere delle persone con difficoltà mnemoniche di continuare a mantenere abitudini e svaghi precedenti l’insorgere della malattia. Andare al bar o al ristorante, festeggiare le ricorrenze, compiere viaggi sono momenti ai quali non devono per forza rinunciare. Precisa Silvia Hochstrasser: «Un luogo di ritrovo – anche per i familiari che ci hanno reso partecipi di questa esigenza – ci permetterebbe di organizzare con maggiore frequenza e regolarità ciò che oggi proponiamo mettendo a disposizione le nostre case. L’obiettivo è un’accoglienza adeguata e personalizzata improntata alla massima flessibilità. Già oggi siamo reperibili 24 ore su 24 per fronteggiare eventuali emergenze».
L’aiuto al domicilio è basato sulla collaborazione con i servizi e le associazioni presenti sul territorio per ottimizzare la rete di assistenza. In concreto sono molto utili supporti come lavagnette e foglietti adesivi, senza dimenticare i mezzi tecnologici, dal bracciale d’allarme al localizzatore, al telefono facilitato (uso di immagini). La differenza la fa però sempre l’approccio, la capacità di leggere la situazione personale della persona con problemi di memoria. È quanto emerge anche nel romanzo di Mattia Bertoldi, che ha volutamente affidato a Camilla, la giovane donna in difficoltà con i propri ricordi, un ruolo di rilievo. Spiega l’autore: «L’incontro con Silvia, la giornata trascorsa con alcuni pazienti dell’associazione ProMemoria, fra i quali una donna di mezza età, sono stati gli spunti per il romanzo, spunti approfonditi attraverso una ricerca sulla perdita di memoria in narrativa. Nell’elaborazione della storia ho appositamente inserito un paziente anziano di Manlio per non perdere la dimensione dell’attività quotidiana degli assistenti alla memoria e per esplorare la relazione padre-figlio».
La consapevolezza della malattia o la sua totale assenza come pure la grande umanità dimostrata da assistenti alla memoria e pazienti hanno colpito il giovane autore che con il suo ultimo libro dà voce a una realtà verso la quale la nostra società deve ancora sviluppare un atteggiamento di accoglienza. Lo studio della SUPSI conferma che una «comunità amica delle persone affette da demenza», concetto già promosso in Italia e Inghilterra, non è ancora presente in Ticino. Anche nel resto della Svizzera sono in corso sperimentazioni che possono tradursi in realtà molto diverse fra loro, come confermano le ricerche svolte da Silvia Hochstrasser.
Empatia, flessibilità, fantasia sono caratteristiche indispensabili per relazionarsi con coloro che hanno problemi di memoria accompagnandoli in un percorso lungo e doloroso compensato per gli assistenti da un insegnamento prezioso: l’importanza del vivere qui ed ora. L’attività dell’associazione ProMemoria è pionieristica in un ambito nel quale si cercano soluzioni che permettano di salvaguardare identità e qualità di vita di tutti gli interessati.
Informazioni
associazionepromemoria(at)gmail.com Tel. 079 6582035.