«Il vero amico lo riconosci subito, è quello che non ti aggiunge mai nei gruppi WhatsApp». La freddura di @Totonno1980, uno dei comici di punta di Twitter autore di battute che hanno come filo conduttore le debolezze, le nevrosi e i tic della vita contemporanea, ben fotografa il problema: sopravvivere alle chat di classe, di pallavolo e calcio, di catechismo, più quelle che nascono in concomitanza di un evento come il «Compleanno Alessandro» e il «Pizzaparty da Pino». L’argomento è dibattuto quotidianamente a Il caffè delle mamme dove c’è chi già di prima mattina usa la chat della 5A per invitare le amiche a colazione con messaggi vocali e chi per la festa del bambino informa ogni quarto d’ora le sfortunate al lavoro sullo svolgimento del pomeriggio con foto e video. Quando il 30enne squattrinato Jan Koum, scappato da ragazzo al comunismo di Kiev e arrivato a 16 anni con la mamma baby sitter in un appartamento di Mountain View a Santa Clara (California), ha inventato la App di messaggistica insieme al collega di Yahoo! Brian Acton, non pensava di sicuro che il suo uso sarebbe diventato compulsivo.
I papà se la cavano in fretta: «Ecco il numero di mia moglie, è soprattutto lei che segue le attività di nostro figlio». Chi cerca di resistere, poi, finisce come il collega del «Corriere della Sera» Lorenzo Salvia che, in un articolo diventato virale con quasi 45mila condivisioni social, ha confessato: «Ho lasciato la chat su WhatsApp dei genitori della scuola di mio figlio. E sono tornato un uomo felice. Essere connessi H 24 e in tempo reale con gli altri genitori genera un incubatore di ansia da prestazione che rovinerebbe il papà più zen del mondo». Non sempre, però, la fuga è possibile. E, allora, bisogna trovare delle strategie per resistere.
Uno. Silenziare la chat contro la sovraesposizione al flusso di informazioni. È il trucco più banale che permette di evitare di mandare in tilt il cervello a ogni bit bit. È il modo più sbrigativo per non avere istinti omicidi al quotidiano messaggio di «Buongiorno» che – come raccontato nel manuale Genitori online (ed. Reverdito) – arriva puntuale alle 6.45 dalla mamma più mattiniera ed entusiasta.
Due. Non farsi prendere dall’ansia da prestazione da genitore perfetto. Dimostrarsi super mamme non è necessario, tanto meno su WhatsApp. Quando sulla chat «5A Supporto compiti» arrivano messaggi del tipo «Cosa dobbiamo fare oggi di storia?», quel maledetto dobbiamo, che implica un sodalizio con i figli nello svolgimento dei compiti, non deve farci sentire in colpa perché abbiamo insegnato all’11enne a fare da solo mentre noi siamo al lavoro oppure a farci la manicure dalle estetiste di fiducia. Non è obbligatorio imparare a memoria il diario e neppure improvvisarci prof per interi pomeriggi/serate. Il nostro ruolo – come già spiegato dagli esperti su «Azione» – non è fare calcoli di matematica e esercizi di tedesco insieme con il proprio bambino, ma aiutarlo ad acquisire il metodo per sbrigarsela da solo. All’emoticon con le manine che applaudono al «Vale complimenti sei super informata» non bisogna farsi cogliere da una crisi di inadeguatezza.
Tre. Evitare la «sindrome del leone da tastiera». Quando la chat di sport viene utilizzata per fare il tifo a distanza durante la partita di pallavolo, non è obbligatorio intervenire con frasi del tipo «Grande team», «Forza ragazze», «Fantastiche allenatrici» e «Uauhhh » a ripetizione. Lo stesso vale anche per il gruppo di catechesi dove non è per forza necessario rispondere all’invito di massa a trovare nuove energie per riprendere il cammino verso il Signore.
Quattro. Ridimensionare i problemi. Ogni refolo di vento nelle chat diventa una tempesta. Dai troppi compiti, alla frase di un’insegnante, fino alla temperatura in classe. L’unica cosa davvero importante da fare è parlare con il proprio figlio per capire qual è la situazione. Per il resto, astenersi dal drammatizzare.
Cinque. Arrendersi all’utilità delle chat. In certi casi, risolvono i problemi meglio delle pagine gialle e degli sms all’amica troppo presa per rispondere in tempo reale. Su 25 partecipanti al gruppo, uno eternamente connesso c’è sempre per inviare l’indirizzo giusto del negozio di sport dove acquistare le scarpe di pallavolo a prezzo scontato piuttosto che per spedire la fotografia degli esercizi di inglese in caso di libro dimenticato in classe.
Una sola richiesta, però. Anzi due, per aiutare tutti a sopravvivere al meglio alle chat di gruppo. Astenersi, per favore, dal rispondere «non lo so» alle domande, basta la risposta di chi è al corrente dell’informazione richiesta. Evitare di dire «so che è già stato chiesto» e riproporre l’interrogativo. Basta scorrere i messaggi precedenti alla ricerca dell’indicazione necessaria.