I nostri figli fanno parte della Generazione Like, per la quale il numero di cuori su un post e di follower su Instagram può fare la differenza tra chi si sente importante e chi si sente uno «sfigato». Tra chi conta e chi no. Al Caffè delle mamme allora la scommessa diventa di insegnare ad adolescenti inchiodati allo smartphone a sviluppare un vero Io che tenga conto della differenza tra finzione e realtà.
I social permettono di raccontarsi con un’immagine che i giovanissimi possono manipolare per dare il meglio di sé alla ricerca di consenso virtuale. Il numero di like e follower diventa l’indice della loro grandezza. È la finzione dentro la quale i nostri figli stanno. Con un feedback in tempo reale sul grado di popolarità che li illude di avere saturato un vuoto interno. Eternamente connessi. «I genitori non devono scandalizzarsi del fatto che il consenso social per loro sia importante – spiega ad «Azione» Giovanni Boccia Altieri, docente di Sociologia dei media digitali all’Università Carlo Bo di Urbino. «Gli strumenti sono nuovi, ma il bisogno a cui viene data una risposta è lo stesso di sempre, ossia la ricerca della validazione degli altri (termine scientifico che indica il riconoscimento sociale, ndr)». È il meccanismo dello specchio che ben spiegano il giornalista Simone Cosimi e lo psicoterapeuta Alberto Rossetti in Nasci, cresci e posta (ed. Città Nuova, 2017): «L’identità del bambino si forma a partire dall’immagine che il grande Altro (familiare, sociale, culturale, storico) gli restituisce attraverso lo specchio: questo legame con l’Altro è al centro della formazione della sua identità. A nessun essere umano è data la possibilità di osservarsi dall’esterno, se non, per l’appunto, attraverso lo specchio, l’Altro; e nel nostro tempo, i social network».
Noi genitori dobbiamo, allora, aiutare i nostri figli a non preferire la propria immagine virtuale a se stessi: a furia di manipolare l’apparenza sui social rischiano altrimenti di non sapere più chi sono nella realtà. Vitangelo Moscarda, il protagonista di Uno Nessuno e Centomila di Luigi Pirandello, quando scopre dalla moglie di avere il naso storto, un dettaglio di se stesso che egli non aveva mai notato, realizza di non essere per gli altri come egli è per se stesso e si dispera: «Non mi conoscevo affatto, non avevo per me alcuna realtà mia propria, ero in uno stato come di illusione continua, quasi fluido, malleabile; mi conoscevano gli altri, ciascuno a suo modo, secondo la realtà che m’avevano data; cioè vedevano in me ciascuno un Moscarda che non ero io non essendo io propriamente nessuno per me: tanti Moscarda quanti essi erano». Oggi il pericolo è l’esatto opposto, cioè che gli adolescenti non si preoccupino più di come sono davvero e non perseguano il desiderio di essere fino in fondo quel che sono, ma che l’immagine diventi la loro ossessione. «Imparerai a tue spese – è la convinzione di Pirandello – che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti». Il rischio è che i nostri figli vogliano la maschera, imparino ad indossarla e non cerchino il volto, né il loro né quello degli altri. «Le persone possono agire attivamente nella costruzione dell’immagine pubblica, decidendo ad esempio quale foto pubblicare e quale no, cosa omettere del proprio carattere (tendenzialmente gli aspetti negativi) e che cosa far vedere della propria vita (soprattutto le cose positive) – sottolinea Rossetti –. Questo genere di controllo, impossibile prima dell’avvento dei social media, consente di eliminare i difetti, di mettere in mostra solo la parte che si preferisce, di nascondere ciò che non si vuole far vedere. La manipolazione dell’immagine può portare anche a non riconoscere la persona reale che sta dietro al profilo social». Fino a sentirsi perduti e non sapere più chi si è.
L’altro pericolo che corrono gli adolescenti è di avere un’ammirazione distorta verso gli altri, considerandoli in base al successo virtuale, senza vederli nella realtà. «A tal proposito è importante che i genitori aiutino i ragazzi a sviluppare un distacco critico» insiste Giovanni Boccia Altieri. «Una strategia può essere quella di guardare insieme ai figli i post dei personaggi che più li attraggono e di discuterne insieme per ridimensionare il fenomeno. Senza, però, mai criticare».
La consapevolezza da trasmettere è che nessuno può fuggire all’infinito: i conti con se stessi prima o poi vanno fatti. Sierra Burgess è una sfigata è il nuovo teen-movie distribuito sulla piattaforma streaming Netflix, una rivisitazione moderna e per adolescenti di Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand. Sierra, un po’ nerd e molto in sovrappeso, inizia una relazione sentimental-virtuale via whatsApp con il bel Jamey che però – per un errore nel numero di cellulare – la crede la bellissima cheerleader Veronica. I due alla fine si metteranno insieme, ma solo dopo che lei avrà imparato ad accettarsi per quel che è. Ci può essere un lieto fine? Purché non si finisca come il Narciso di Ovidio che si autodistrugge non perché ama la sua immagine, ma perché preferisce la sua immagine a se stesso. E questo, forse, è l’insegnamento che dobbiamo cercare di trasmettere ai nostri figli.