È un essere misterioso e indipendente, pigro e sfuggente, elettrico e carezzevole. Parliamo del gatto. Fonte inesauribile di ispirazione per parecchi poeti, il gatto è protagonista di libri, favole e storie di ogni epoca e si guadagna a giusta ragione la medaglia di figura animale più presente nella letteratura. Lo scrittore inglese Oliver Herford lo definì: «Un leone pigmeo che ama i topi, odia i cani e tratta con condiscendenza gli esseri umani». Appunto: ama i topi a tal punto che uno dei suoi passatempi preferiti è quello di cacciarli.
Ce lo conferma Alessandra Arrigoni che di gatti ne ha due: Pittu, un magnifico micio rosso tigrato dallo sguardo ammaliatore, e Shagrath, il suo compagno bianco a macchie nere, molto sornione: «Shagrath caccia prevalentemente uccelli, mentre Pittu predilige i roditori di vario tipo come i ghiri e, naturalmente, i topolini». Scopriamo che Pittu i ghiri se li mangia, le talpe le caccia ma non le mangia, mentre ai topi predati riserva di volta in volta trattamenti diversi: «L’istinto è prevalentemente quello del cacciatore; ovviamente, se ha abbastanza cibo non caccia con l’obiettivo di cibarsene, bensì per soddisfare l’aspetto ludico proprio del gatto che gioca col topo».
Alessandra ci racconta che quando Pittu gioca con le sue prede, per lo più roditori di diverso genere, glieli porta e li «molla» sotto il tavolo di cucina dove la famiglia si ritrova per i pasti: «Io ci scherzo su, pensando ai fabbricanti di cibo per gatti che ancora non hanno inventato la scatoletta al gusto di topolino tanto gradito ai gatti, Pittu compreso».
Il riscontro sulla natura predatoria dei gatti nei confronti dei roditori che abbiamo avuto parlando con la proprietaria di Shagrath e Pittu ci è confermato dall’Ufficio federale della sicurezza alimentare e veterinaria (Usav) che, in una nota su questi magnifici felini, così esordisce: «Si tratta di animali indipendenti che possono diventare molto docili se abituati a vivere con l’uomo fin da cuccioli. Sono curiosi e necessitano opportunità di svago, posti di osservazione, arrampicatoi…». E dopo la conferma dell’istinto predatorio che necessitano di soddisfare, l’Usav sancisce anche le loro preferenze alimentari: «Il cibo preferito dei gatti sono i topi e altre piccole prede, perché questi felini hanno un elevato fabbisogno di proteine animali», rendendo attenti i proprietari sul fatto che: «Una nutrizione monotona a base di carne è per loro tanto nociva quanto un’alimentazione vegetariana o vegana».
L’invito è quello di nutrire i gatti sulla base delle loro esigenze; dunque: se cacciano i topi e se li mangiano, questo fa parte dei loro bisogni così come va rispettato il loro istinto quando cacciano i roditori e le piccole prede a scopo ludico. Quel che si chiede l’Usav è se i topi sono veramente un alimento sufficiente al gatto, giungendo alla seguente conclusione: «Contrariamente all’opinione comune, i topi e gli altri piccoli animali (uccelli e rettili) catturati dai gatti di fattoria non costituiscono un’alimentazione sufficiente».
La ragione è data dal fatto che la densità di topi varia sia durante l’anno, sia da un anno all’altro: «Se il detentore non dà da mangiare al suo gatto, nei periodi di magra questo sarà presto denutrito, e inoltre, anche se viene alimentato, il gatto non smette di cacciare: il suo istinto di cacciatore prevale e, ben nutrito, caccia meglio di un animale indebolito». È dunque sfatato anche il pensiero che induce a credere che i gatti di fattoria se la cavino benissimo da soli e che la vita di campagna si addica perfettamente alla loro proverbiale indipendenza.
Il modo di vivere libero e naturale presente anche nei gatti come Pittu e Shagrat che vanno e vengono tra casa e bosco, solleva in realtà interrogativi addirittura in materia di protezione degli animali e di salute animale. O almeno è quanto afferma l’Usav: «Chi dà da mangiare a un gatto, rendendolo dipendente da sé, viene considerato il suo detentore e ne è quindi responsabile». Questo principio si applica anche ai gatti randagi che per mangiare si uniscono talvolta ai gatti di casa o della fattoria. «Poiché ai gatti la sola caccia ai topi non basta, si deve provvedere a dare loro altro cibo a sufficienza», spiega l’Usav, invitando anche a prestare attenzione allo stato di salute degli animali: «In caso di sospetta malattia, i gatti che vanno e vengono dall’abitazione devono essere controllati e, se necessario, portati dal veterinario».
La legislazione è d’altronde molto esplicita a questo proposito: «Il detentore di animali deve adottare i provvedimenti del caso per evitare che essi si riproducano in modo incontrollato». Alessandra conferma che i suoi gatti hanno accesso all’esterno, dove sono capaci di appostarsi per ore davanti a tane di topi, pronti a sferrare l’attacco nel momento decisivo.
Dal canto suo, l’Ufficio federale della sicurezza alimentare e veterinaria invita proprio per questo motivo i proprietari dei gatti che hanno accesso all’esterno a prendere le misure necessarie per evitare una riproduzione indesiderata. Inoltre: «Essi dovrebbero essere vaccinati contro le malattie infettive feline più frequenti, quali la panleucopenia, l’influenza e la leucemia».
Tutte queste raccomandazioni sono utili perché la caccia ai topolini dei nostri beniamini felini resti un loro momento di svago e non comporti spiacevolissime conseguenze dovute all’incontro di altri gatti, magari randagi, durante le loro scorribande esterne e nelle battute di caccia.