«I pazienti che ora siamo chiamati a curare presentano condizioni completamente diverse dalla quotidianità alla quale eravamo abituati: ci confrontiamo con patologie molto gravi a livello polmonare e respiratorio, il cui quadro clinico ed emodinamico può completamente degenerare anche in un paziente stabile fino a poco prima. Ciò significa che dobbiamo assicurare un controllo costante dei parametri vitali e mettere in campo tutte quelle indagini di cui disponiamo a beneficio massimo dei pazienti. Questo virus sta causando grossi problemi all’apparato respiratorio»: la dottoressa Manuela Balmelli (specializzata in medicina interna generale) ha per ora sospeso le visite ambulatoriali e presta servizio alla Clinica Luganese Moncucco 24 ore su 24, come del resto alcuni suoi colleghi e gran parte del personale sanitario, tutti chiamati a far fronte all’emergenza coronavirus.
Prima di lei sentiamo il professor Andreas Cerny, epatologo e infettivologo pure accreditato alla stessa struttura, che ora dirige anche la parte ambulatoriale degli altri suoi colleghi impegnati con i pazienti degenti in clinica: «Siamo dieci medici distribuiti in diverse sedi esterne ambulatoriali che si occupano di pazienti trapiantati, con cirrosi epatiche, Hiv, epatiti e dipendenze». Persone che, a lato dell’emergenza sanitaria, necessitano di cure improrogabili ora coordinate dal professor Cerny in servizio solidale con gli altri colleghi, fra i quali la dottoressa Balmelli che, malgrado i ritmi incalzanti di lavoro, ci riserva un po’ del suo tempo per parlare con noi di come viene vissuta oggi la quotidianità in clinica.
Con voce pacata, riflessiva e cordiale, ci ringrazia per l’interesse che dimostriamo ai curanti. Racconta come è cambiato il modo di lavorare in corsia, come ci si organizza, la situazione d’emergenza, le fatiche, la pressione emotiva, la relazione con i parenti e tanto ancora: tutto quello che solo un mese fa sarebbe stato inimmaginabile: «Prima di tutto sono cambiati i rapporti interpersonali a favore di tanta solidarietà. Lavoriamo 24 ore su 24, un grandissimo impegno medico-sanitario: medici senior, medici assistenti e personale sanitario sono operativi senza sosta». Una frenetica e complicata attività ospedaliera che richiede una presenza costante: «Il lavoro è molto più concentrato, faticoso anche dal profilo psicologico perché sono forti le interazioni con il personale infermieristico e tutti quelli che si adoperano a lavorare con noi in questo momento». Lo spirito di solidarietà è tangibile, racconta, tanto quanto la reciproca collaborazione di tutto il personale sanitario: «Ci dà la forza per andare avanti, lavorare tante ore consecutive essendo efficienti coi pazienti che ora hanno davvero molto bisogno delle nostre cure».
Uno sforzo psicofisico che talvolta necessita di un sostegno assicurato dallo psichiatra della struttura: «I pensieri sono veramente tanti, compresa la consapevolezza che potremmo ammalarci a nostra volta, pensiero che scongiuriamo mettendo in atto tutte le misure necessarie per curare i nostri pazienti». Tangibili le precauzioni messe in campo: mascherine, camici, occhiali, guanti, disinfezione e personale specifico che controlla quotidianamente che tutto sia come da protocollo. Anche il morale, ci racconta, si mantiene positivo: «Abbiamo scelto una professione che va, dal profilo sanitario e medico, verso l’aiuto al prossimo: ognuno di noi è certamente in grado di essere d’aiuto alle persone per le quali, mai come in questo momento, dobbiamo rappresentare un pilastro». Ma ci sono pure alcuni momenti di sconforto per quelle persone che non ce la fanno: «Come medici e curanti perdere questi pazienti è di sconforto perché è un epilogo che non vorremmo mai». Poi ci sono le persone che guariscono e lasciano la Clinica: «Ti salutano commossi, non finiscono di ringraziarti: è una grande emozione vederli partire ed è la cosa più bella che possa succedere perché ci fa comprendere il senso positivo di ciò che stiamo facendo».
Un auspicio per salutarci: «Non avrei mai pensato di vivere tutto questo nella mia vita, ma posso garantire che mai come ora ho incontrato persone speciali e ricevuto tantissimo sostegno da chi mai avrei pensato ci stesse vicino in questo momento». Solidarietà, e continuità dell’unione creatasi ora fra le persone: è l’auspicio che esprime quando le chiediamo cosa lascerà a tutti noi questa esperienza.