Lasciamoli annoiare. L’elogio della noia a Il Caffè delle mamme arriva nel mezzo dell’estate con un dibattito acceso: l’agenda di appuntamenti di molti dei nostri figli 10-12enni è rimasta fitta, non più per lezioni di scherma, hip hop, nuoto e pallavolo, lezioni di pianoforte e prove di teatro, ma per campus linguistici a Berlino e Londra, ritiri sportivi o di ballo neanche dovessero partecipare alle Olimpiadi 2020 o esibirsi sulle punte alla Scala, e perfino per settimane allo Stelvio per mantenere l’allenamento sciistico da sfoggiare d’inverno. Chi sostiene l’importanza delle ore fatte di nulla, cioè la sottoscritta, è in netta minoranza. Ma vale la pena lo stesso tentare di argomentare l’utilità di giornate scandite dal nulla da riempire con la fantasia.
La giornalista e scrittrice Francesca Barra, mamma di Renato (13 anni), Emma (6) e Greta (3), lancia la questione sui social: «Non c’è stato niente di più costruttivo per la mia immaginazione (forse non sarei mai diventata una scrittrice) del privilegio di essermi annoiata da bambina – scrive su Facebook e Instagram il 20 giugno –. Aver trascorso momenti interminabili di silenzio e di vuoto da riempire mi ha fatto costruire personaggi immaginari, storie che svolazzavano sulla mia testa e che si sono posate su un foglio bianco, diventata adulta. Concedete ai vostri figli tempo di nulla, lasciate che inventino giochi con le nuvole, guardando fuori dalla finestra. Lasciate che canticchino sul divano, che abbiano caldo, che rincorrano le ore. Il giorno dopo sarà migliore. Prenderanno uno strumento, una penna, un mestolo». L’appello è di fare un investimento a lungo termine: regalare ai figli il lusso della noia. «La nostra generazione di mamme che lavorano vuole colmare i sensi di colpa riempiendo le giornate dei figli di cose stimolanti» dice Barra ad «Azione». «Io anche nei miei libri come L’estate più bella della nostra vita (Garzanti ed.) amo raccontare la bellezza del tempo dilatato e lento, scandito anche da silenzio e solitudine».
In Ricordo di un’estate, film Oscar di Rob Reiner ispirato a un racconto di Stephen King, per dare un senso alle giornate nella cittadina di Castle Rock dell’Oregon i 12enni Gordon «Gordie» Lachance, Chris Chambers, Teddy Duchamp e Vern Tessio, si trovano un’avventura: andare alla ricerca del cadavere di un ragazzino scomparso tre giorni prima e di cui hanno sentito parlare per caso. Così la stagione estiva segna simbolicamente anche il passaggio dall’età dell’innocenza alla consapevolezza. Ed è forse, allora, l’avventura della mente che da genitori dobbiamo stimolare perché i nostri figli prendano un foglio bianco e scrivano la vita con creatività e desiderio per scoprire ciò che gli piace senza eccessivi impulsi dall’esterno. La noia è costruttiva perché spinge a ingegnarsi.
«Gli stati di noia attivano un insieme di circuiti celebrali definiti default mode network utili per elaborare il sé» spiega ad «Azione» la psicoterapeuta del Centro medico Santagostino di Milano Sara Di Croce. «In uno studio pubblicato nel 2014 dalla University of Central Lancashire (Does Being Bored Make Us More Creative?) un gruppo di persone sono state invitate a elencare tutti gli usi possibili di una tazza di plastica. È risultato che chi aveva svolto in precedenza un compito ripetitivo per un quarto d’ora aveva ideato un maggior numero di risposte e con maggiore creatività. Ripetendo l’esperimento con compiti ripetitivi differenziati, i ricercatori hanno dimostrato che non solo lo stato di noia facilita l’entusiasmo e l’attenzione verso gli stimoli che vengono a interromperlo, favorendo la creatività, ma anche che quanto più lo stato di noia è intenso, tanto più la creatività ne trarrà guadagno».
Evviva la mente vagante, insomma, di cui è fautore il noto scrittore e psicologo statunitense Daniel Goleman: «L’attenzione concentrata, al pari di un muscolo sotto sforzo, si affatica. I migliori nel loro campo, che si tratti di sollevatori di pesi, pianisti o di un musher con la sua muta di cani, tendono a limitare il duro esercizio a circa quattro ore al giorno. Il riposo e il recupero delle energie fisiche e mentali hanno un ruolo fondamentale nel loro regime di allenamento: cercano di spingere se stessi e i loro corpi al limite, ma non al punto di perdere la concentrazione durante le sessioni di allenamento. La pratica ottimale è quella in cui riusciamo sempre a mantenere la concentrazione al massimo».
Per lo scrittore Emanuele Trevi la noia è addirittura un valore assoluto: «I nostri genitori non ci amavano meno di quelli di oggi. Ma essendosi molto annoiati durante le loro infanzie, non vedevano nulla di male nel fatto che condividessimo la stessa sorte. Le cose erano andate così, in fin dei conti, fin da quando al mondo c’erano stati dei bambini. Godevamo così di un accesso illimitato alle sterminate miniere della noia, sperimentate lungamente in una gamma praticamente infinita di variabili. La noia scolastica, la noia pomeridiana, la noia dei viaggi in macchina... E quella potentissima, quasi metafisica noia domenicale, che forse è l’incubatrice di tutti i destini individuali, di tutti i caratteri. Per natura, sono troppo incline alle sottili gioie della noia per non considerarla come un valore assoluto. Poco mi importa se il bambino che si è annoiato da grande riuscirà a scrivere un romanzo o a dirigere una sinfonia. Buon per lui: ma la noia è qualcosa che vale di per sé, non può assolutamente essere confinata a un ruolo ancillare, preparatorio. Dirò di più: è una forma d’arte degna di stare accanto alla musica o alla letteratura».
E allora a Il Caffè delle mamme la domanda viene rilanciata: «Siamo proprio sicure che sia un bene continuare a iperstimolare i nostri figli?». Già riflettere sulla questione può essere un primo passo.