Dietro ai progetti che funzionano ci sono sempre belle menti e spiriti appassionati. Non fa eccezione Nicole Bandion, in passato già direttrice del Servizio Orientamento e Promozione dell’Università della Svizzera italiana, oggi totalmente dedita al suo progetto «+identità. Settimana della Svizzera italiana» nato e cresciuto all’interno dell’USI. Non temete, non si tratta di una formula matematica ma di un’iniziativa che deve la sua vitalità e riuscita alla messa in Rete di contatti umani, competenze, risorse e idee nell’intento di diffondere e far conoscere la lingua e la cultura della Svizzera italiana Oltregottardo, in particolare nei licei, sensibilizzando docenti e studenti.
Giunta alla sua sesta edizione, si ispira alla «Settimana della lingua italiana nel mondo» con l’intenzione di colmare una lacuna invece presente sul nostro territorio che in passato non aveva uno o più giorni dedicati interamente alle lingue nazionali. Quali sono però le risorse, i punti forti e gli scopi del progetto ce lo racconta proprio lei, Nicole Bandion, vallesana, giunta in Ticino per caso per poi decidere di mettere radici, che abbiamo raggiunto proprio mentre era in corso la Settimana della Svizzera italiano nel liceo bernese di Kirchenfeld dal 3 al 7 aprile.
Quest’anno il progetto è giunto alla sua sesta edizione. Ci racconta in che cosa consiste?
Nasce con l’intento di far conoscere il termine Svizzera italiana e ciò che ad essa è legato e rappresenta anche Oltralpe dove si parla sempre ed esclusivamente del Ticino. In un’ottica di un più ampio discorso di plurilinguismo e lingue nazionali vogliamo comunicare il messaggio che avvicinarsi e conoscere una lingua significa anche fare proprie la cultura e la conoscenza di un territorio. A livello di pubblico abbiamo da subito compreso che i nostri interlocutori sono i giovani, i loro luoghi e i loro contesti. Dunque il progetto sin dal principio ha preso forma nei licei.
La settimana, sin dalla sua nascita, si svolge in un cantone della Svizzera, quest’anno tocca a Berna. Cosa è cambiato dalla prima edizione?
Va detto, innanzitutto, che si tratta di un progetto che si palesa in una specifica settimana all’anno ma che presuppone un percorso di preparazione e di lavoro molto più lungo nel quale interagiscono diversi attori. Per l’edizione di quest’anno abbiamo iniziato a lavorare ad agosto dell’anno scorso coinvolgendo i docenti di diversi licei e di diverse materie, arti visive, musica, italiano ma anche le mense e le biblioteche per trovare proposte e soluzioni che andassero bene per tutti e motivassero le persone a partecipare e a contribuire. La risposta è stata estremamente stimolante, infatti anziché collaborare con un solo liceo come in passato, abbiamo collaborato con 10 licei del territorio bernese. Ognuno dal suo interno ha proposto dei lavori sulla lingua e sulla cultura della Svizzera italiana che sono confluiti in un percorso unico. Risultato: il liceo di Kirchenfeld che quest’anno ospita la settimana + identità propone ogni giorno delle attività sul tema mentre gli altri licei gli dedicano un giorno della settimana. Insomma, siamo arrivati alla sesta edizione e al sesto cantone, nel cuore della sua città capitale e bilingue, con il programma più ricco in assoluto. Un’impresa resa possibile anche dal sostegno dell’Ufficio federale della cultura che sponsorizza l’evento insieme ai cantoni di Berna, Ticino, Grigioni, e le fondazioni Oertli e Bindi.
Quanto è importante fare Rete tra le varie realtà liceali e i loro attori?
È vitale e infatti anche qui possiamo dire di avere raggiunto un importante traguardo frutto di tutti questi anni di dedizione al progetto: abbiamo creato molte connessioni, messo in contatto moltissime persone, abbiamo fatto sì che nascessero importanti relazioni e scambi ma, soprattutto, siamo stati in grado di coinvolgere ed appassionare gli studenti dei licei che sono stati contenti di poter contribuire con le loro idee e i loro progetti alla realizzazione di questa settimana dell’italianità. Il lavoro su questo territorio in particolare ha potuto approfittare di un rapporto di scambio coeso tra le varie realtà liceali e dall’interazione di persone particolarmente aperte e disponibili quali sono i bernesi.
L’eco di questa iniziativa viene percepita anche in Ticino?
Certo, è importante che vi sia uno scambio tra le realtà ginnasiali ticinesi e quelle degli altri cantoni. Proprio in questi giorni due classi di Kirchenfeld sono nella Svizzera italiana per restituire un report di quanto sta accadendo a Berna. È molto importante stabilire un contatto diretto sul territorio.
Per diffondere la cultura della Svizzera italiana anche oltralpe funzionano anche i gadget e le app…
Sí, abbiamo realizzato il calendario per il 2017 «365 giorni con la Svizzera italiana» distribuito a tutti gli allievi e ai docenti d’italiano dei licei e delle scuole secondarie del canton Berna coinvolte.
Un vero e proprio viaggio alla scoperta della Svizzera italiana e delle sue peculiarità, per garantire continuità al progetto al di là della durata della Settimana. Il calendario naturalmente è cartaceo ma per chi ne fosse incuriosito consiglio di andare sulla nostra pagina dedicata al progetto sul sito dell’USI. Un altro progetto al quale hanno collaborato tutti i licei è invece quello dell’app Quiz sulla Svizzera italiana, disponibile sull’iTunes store: uno strumento creato dagli studenti per gli studenti mirato a conoscere la Svizzera italiana divertendosi.
Il progetto nasce in ambito universitario ma si rivolge ai licei, perché?
Quando abbiamo pensato a questa iniziativa ero a capo del Servizio Orientamento e Promozione dell’USI e dunque ero primariamente in contatto con chi non è ancora all’università. È naturale che un progetto del genere si rivolga in primis agli studenti liceali come è anche naturale che le università comunichino e lavorino con i licei del proprio cantone e non solo.
A livello personale cosa le ha insegnato sul tema del plurilinguismo in Svizzera?
Quando ero agli inizi del mio incarico di responsabile del Servizio Promozione e Orientamento, dunque diversi anni fa, per promuovere la nostra università nei cantoni di lingua tedesca o francese, mi resi conto che non aveva nessun senso girare con la bandiera dell’USI se, in fondo, nessuno sapeva per che cosa stesse USI e tanto meno fosse interessato a conoscere questa parte linguistica del territorio. Da Vallesana, giunta in Ticino per caso e poi rimasta, ho voluto fare un lavoro che affrontasse la radice del problema comunicando un messaggio molto semplice: abbiamo diverse regioni linguistiche, ognuna con la sua cultura e le sue peculiarità ed è bello conoscersi, promuovere uno scambio inteso come arricchimento e ampliamento degli orizzonti. Personalmente mi è piaciuto molto imparare e migliorare una lingua e farla diventare mia muovendomi in un paese dove ogni giorno cambio lingua. Trovo sia una ricchezza.
La prossima edizione?
Dopo il coinvolgimento di tanti attori su un così vasto territorio, l’anno prossimo saremo nel Giura. D’altronde questo è il nostro obiettivo, portare il nostro progetto in tutti i cantoni della Svizzera.