Inizia dallo sguardo rivolto alla persona l’attitudine con la quale si accompagna chi è affetto da deterioramento cognitivo. Valorizzare il qui ed ora, cogliere l’attimo presente, oltre ad essere più rispettoso dell’individuo, ne facilita l’accompagnamento. Lo testimonia Joséphine Marrocco, infermiera di origine francese che ha scoperto l’approccio denominato proprio Carpe Diem nel 2008 durante un convegno in Francia. Dopo averne approfondito la conoscenza in Canada, dove è nato negli anni Novanta, lo ha portato in Ticino nell’ambito della sua attività sia nelle case per anziani, sia a livello di insegnamento alla SUPSI. Appassionata del suo lavoro e di questo approccio che privilegia la relazione umana nella sua essenza, nonché nella sua naturalezza, Joséphine Marrocco è protagonista di un docufilm che sarà presentato giovedì 12 marzo alle 20 al cinema Iride a Lugano. La sua vasta esperienza è stata raccolta in una produzione audiovisiva di 35 minuti realizzata da Multimedia Dynamic Group di Chiasso e sostenuta da Alzheimer Ticino, Cantone Ticino e Assicurazione per l’Invalidità. «La presentazione pubblica del docufilm – spiega Ombretta Moccetti, responsabile del Centro di competenza Alzheimer e altre forme di demenza – ha quale obiettivo di diffondere nella popolazione la conoscenza di questo approccio pensando in particolare ai familiari dei malati. Promuovere metodi e approcci riconosciuti validi per fornire un accompagnamento adeguato alle persone confrontate con un deterioramento cognitivo è d’altronde uno degli obiettivi della Strategia nazionale sulla demenza 2014-2019».
Anche il linguaggio riflette l’attitudine promossa da Carpe Diem, sottolinea Joséphine Marrocco contraria alla parola demenza, poiché etimologicamente associata alla follia. «Il nostro linguaggio determina le nostre azioni», afferma l’infermiera, precisando che espressioni come «Gestire il paziente» e «Affrontare il problema» denotano mancanza di umanità e spirito negativo. Sostituire la prima con «Accompagnare la persona» rivela un’attitudine diversa che incide sulla relazione fra chi offre e chi riceve il sostegno. «Ho preparato il bagno per lei, vuole venire?» è in effetti molto diverso da «Andiamo a lavarci».
Sembrano dettagli ma non lo sono. La relazione di fiducia fra curanti e pazienti è infatti il primo dei quattro grandi principi dell’approccio Carpe Diem, che non viene definito metodo essendo sempre adattabile ai bisogni della persona. L’obiettivo è mantenere il massimo grado possibile di autonomia e autostima attraverso appunto la flessibilità negli orari e nelle attività. Il rispetto dei ritmi di vita precedenti la malattia e il coinvolgimento attivo della cerchia di persone più vicine costituiscono un altro caposaldo di Carpe Diem che nel quarto principio riassume il suo credo: «Creare una risposta unica in funzione della situazione, offrendo servizi adattati a ogni persona e a ogni famiglia lungo l’intero corso della malattia».
Nella vita quotidiana come si traducono questi principi? Risponde Joséphine Marrocco: «Occorre inanzitutto posare lo sguardo sulla persona con serenità ed ottimismo, valorizzando le sue capacità e non concentrandosi sulle sue mancanze. Quando lavoravo nel reparto protetto della Residenza Visagno a Claro svolgevamo piccole attività domestiche e andavamo a fare la spesa, sfruttando al meglio le risorse di ognuno. Bisogna partire dal principio di andare nella realtà dell’altro senza aspettarsi che l’altro venga nella nostra. Contrariamente a quanto si sente spesso affermare, tutti i loro comportamenti hanno un senso; rappresentano un messaggio che cerchiamo di comprendere attraverso l’empatia e la conoscenza della loro vita prima della malattia. La memoria procedurale guida gran parte delle loro azioni e spiega molti comportamenti all’apparenza incomprensibili. Un esempio è il rifiuto di salire in auto a destra di un uomo che ha sempre usato l’auto come guidatore, quindi salendo a sinistra della medesima. Non appena si capisce questo processo, il problema è risolto».
Il costante confronto fra i curanti, per capire quali azioni hanno un effetto positivo sul comportamento della persona malata, è uno dei punti di forza dell’approccio canadese. La casa Carpe Diem, gestita da un organismo comunitario autonomo senza scopo di lucro, gode dell’indipendenza necessaria per sperimentare e innovare a tutti i livelli. L’abitazione familiare, situata in Québec, è stata trasformata in struttura di accoglienza per persone affette da deterioramento cognitivo nel 1995 dai membri della Società Alzheimer della regione Mauricie guidati da Nicole Poirier, la cui famiglia era proprietaria dell’edificio. Oggi ospita 14 residenti e 20 persone nel centro diurno. Già venuta a più riprese in Ticino e presente anche nel docufilm, Nicole Poirier è stata per Joséphine Marrocco dapprima fonte d’ispirazione (nel convegno francese del 2008 seguito mentre svolgeva un Master in geriatria alla SUPSI) e poi prezioso punto di riferimento. Precisa l’intervistata: «Uno dei vantaggi di questo approccio è costituito dalla sua applicazione quotidiana in un centro che vanta un’esperienza ultraventennale. La collaborazione con la casa Carpe Diem è ottima e in questi anni fra il Ticino e il Québec vi sono stati scambi reciproci a livello di stage. Il personale curante dimostra grande interesse per questo approccio, perché facilita e valorizza l’attività professionale. Entrare in sintonia con la persona malata di Alzheimer o di un’altra patologia legata al degrado cognitivo permette di ridurne le reazioni aggressive e di conseguenza le terapie medicamentose».
Questo esito positivo è dimostrato dall’esperienza canadese, ma pure riscontrabile nell’ambito di un progetto di ricerca promosso dalla SUPSI in collaborazione con diverse case per anziani ticinesi. Diretto da Rita Pezzati, psicologa e docente alla stessa SUPSI, il progetto si sta avviando alla conclusione con la pubblicazione dei risultati. Rita Pezzati, con la quale Joséphine Marrocco collabora sin dai tempi del Master in geriatria, introdurrà l’incontro con la protagonista del docufilm dopo la proiezione di giovedì sera.
Sarà un incontro all’insegna della passione per la cura (sottotitolo del docufilm), così come è avvenuto con «Azione». Ogni esempio, ogni riflessione di Joséphine Marrocco riflette la gioia con la quale si avvicina alle persone affette da deterioramento cognitivo per accompagnarle nel loro percorso. «Mi rifiuto di ridurle a un protocollo» commenta. La situazione nelle strutture di accoglienza del nostro cantone sta evolvendo. Metodi alternativi, fra i quali l’approccio Carpe Diem, vengono sperimentati a tutto vantaggio di malati, familiari e personale curante. Formazioni mirate su Carpe Diem si sono già svolte in diverse case per anziani e sono previste anche la prossima primavera. Per Joséphine Marrocco bisognerebbe però andare oltre, prestando maggiore attenzione alla fase che precede l’entrata in istituto. Visite a domicilio da parte dei futuri curanti permetterebbero di conoscere meglio la vita quotidiana della persona anche prima dell’insorgere della malattia. L’obiettivo di Joséphine Marrocco e dell’approccio con il quale si identifica resta infatti l’accompagnamento della persona in quanto tale nel rispetto della sua identità, del suo vissuto e della sua volontà. Una sfida che passa in primo luogo da un cambiamento di attitudine.