Credere all’istinto

Psicologia – Il «pensiero di pancia» non è un salto nel vuoto o un azzardo, ma una forma di intelligenza, una modalità complessa di uso della mente. Nuovi studi suggeriscono che dovremmo dargli più credito
/ 01.10.2018
di Stefania Prandi

In alcuni momenti è importante lasciarsi guidare dall’istinto. Lo sanno bene i campioni sportivi, i musicisti, gli attori, gli artisti, che quando entrano in azione, per mantenere fluidità, concentrazione e ispirazione, devono «sospendere il giudizio». La capacità di entrare nel «flusso», nel pensiero di pancia, serve a tutti, anche nella vita quotidiana, come spiegano una serie di recenti ricerche condotte in Germania, negli Stati Uniti e in Australia. Se osserviamo il contenuto della mente troppo da vicino, infatti, rischiamo di perdere l’orientamento, bloccandoci, lasciandoci sopraffare dal rimuginìo. Secondo Gerd Gigerenzer, psicologo sociale, direttore dell’Harding Center all’Istituto Max Planck di Berlino, quando si agisce senza pensare troppo, seguendo la regola del «vai con la tua prima sensazione migliore e ignora tutto il resto», si hanno prestazioni più soddisfacenti. L’intuito, infatti, non è un salto nel vuoto o un azzardo, ma è una forma di intelligenza, una modalità complessa di uso della mente: non si può smettere di pensare se non si è già pensato prima. 

Prendiamo il caso di una cantante di opera alla Scala: ha alle spalle anni di disciplina, esercizi, prove, e non può permettersi di focalizzarsi su come migliorare la tecnica mentre si trova sul palco. Lì deve solo eseguire, dare il meglio di sé. Oppure, consideriamo una grande tennista come Serena Williams: non può essere timorosa mentre è in campo, facendosi sopraffare dalle paure, ma deve solo concentrarsi sul gioco. Claude Steele, psicologo sociale e professore emerito all’Università di Stanford, ha studiato gli effetti dell’ansia sulla performance, giungendo alla conclusione che per imparare a sospendere il pensiero bisogna cercare di proteggersi dall’auto-analisi. Più si sale con l’età, più si diventa svegli, più bisogna programmare il cervello a non perdersi troppo.

Dovremmo dare maggiore credito alla nostra pancia. Una ricerca dell’Università statale della Florida, condotta da Linda Rinaman, docente di Psicologia e Neuroscienze, sostiene che i messaggi che vengono mandati al cervello dalla nostra pancia hanno un’influenza potente su emozioni, umore e decisioni, e servono per farci scegliere certe situazioni (più favorevoli) a discapito di altre. Lo studio, pubblicato sulla rivista «Physiology» e firmato anche da James Maniscalco, ricercatore dell’Università dell’Illinois di Chicago, fornisce una comprensione scientifica di come funziona il nostro istinto. Come spiega Linda Rinaman, «pancia e cervello sono costantemente collegati da un nervo vago. È un sistema esteso a due direzioni che connette il cervello al tratto gastrointestinale, che ha un’area con una superficie enorme e molti “sensori”. Il tratto gastrointestinale è oltre cento volte più ampio della superficie della pelle e manda molti più segnali al cervello di ogni altro organo del sistema nel corpo».

Joel Pearson, professore di Neuroscienze cognitive all’Università di New South Wales (Sydney), ha cercato di misurare il modo in cui usiamo l’intuito per prendere decisioni. Di recente il suo laboratorio ha condotto un esperimento con il quale sono stati analizzati i comportamenti di un gruppo di studenti, che sono stati sottoposti alla vista di una serie di immagini subliminali con forte impatto emotivo che li «guidavano» mentre completavano un test al computer. Le immagini erano velocissime e non venivano registrate a livello conscio, ma hanno contribuito comunque a migliorare la prestazione. Questo perché quando le nostre sensazioni inconsce e le emozioni vengono combinate con le informazioni consce, siamo in grado di prendere decisioni migliori. 

L’intuito è stato studiato a lungo, da Aristotele a Carl Jung, ai manuali di management e finanza. Chi deve prendere decisioni importanti velocemente e senza avere – in apparenza – abbastanza elementi su cui basarsi è obbligato ad agire in modo istintuale. Secondo il Search Inside Yourself Leadership Institute, nato all’interno di Google da un team di esperti di mindfulness, neuroscienze e intelligenza emozionale, il nostro istinto può migliorare, se allenato, e peggiorare quando siamo giù di morale, depressi oppure arrabbiati. In un esperimento è stato chiesto a un campione di persone di studiare diversi gruppi di parole, alcuni dei quali collegati tra loro. Chi aveva l’umore più stabile è stato capace di distinguere velocemente le parole correlate, anche senza conoscerne il significato, commenta Carina Remmers, psicologa clinica alla Free University di Berlino che ha guidato lo studio. Le persone depresse, invece, hanno dimostrato incertezza facendo fatica a credere alle proprie decisioni. I ricercatori hanno ripetuto il compito, sostituendo le immagini alle parole, e le persone depresse non hanno avuto gli stessi problemi. La differenza tra questi due risultati probabilmente è dovuta al fatto che da un lato c’era un compito verbale e dall’altro visivo: quando ci sono state di mezzo le parole è iniziata la «ruminazione mentale».

Perdere la capacità di restare connessi con la propria «pancia» può diventare un problema. La giornalista Judi Ketteler ha raccontato, in un articolo pubblicato lo scorso luglio su «The New York Times», che intorno ai quarant’anni il suo intuito è andato in tilt. Come le è stato detto da alcuni esperti, può succedere, andando avanti con gli anni, di sviluppare motivazioni conflittuali e di non riuscire a bilanciare le contraddizioni. L’approccio per uscire dall’impasse è quello di cercare di entrare di nuovo in contatto con il proprio sé reale. Un buon modo è quello di tenere un diario. Sembra un suggerimento banale, ma come sottolinea Francis P. Cholle, autore di The Intuitive Compass: Why the Best Decisions Balance Reason and Instinct (La bussola intuitiva: perché le decisioni migliori bilanciano ragione e istinto), «scrivere pensieri e sensazioni, anche se si crede di avere poco da dire, aiuta la mente non conscia a rivelarsi».