Sono passate tre settimane da quando le scuole sono state chiuse nel nostro Cantone, l’organizzazione famigliare ha subito uno stravolgimento e le emozioni hanno preso il sopravvento. Il tutto in quattro mura. E anche se va detto che ogni situazione famigliare è diversa, quello che stanno vivendo i più piccoli è comune a molti di loro. Di punto in bianco si sono trovati a casa tutto il giorno, non possono più giocare coi propri amici, e non hanno più il permesso di saltare in braccio ai nonni. Non solo, mamme e papà hanno costantemente una faccia strana, gridano molto più spesso del solito, e il tempo sembra dilatato. Abbiamo letto in diversi articoli come spiegare ai bambini l’esistenza del Coronavirus, ma ora che dobbiamo gestire le loro paure, la noia, le frustrazioni, come fare? Cinzia Pusterla, psicologa e psicoterapeuta, ci ha fornito alcune indicazioni molto utili e importanti per affrontare questo periodo in casa, soprattutto con i bambini della scuola dell’infanzia ed elementare.
Dottoressa Pusterla, come possiamo gestire le emozioni dei bambini e al contempo riuscire a far fronte al nostro bagaglio personale di ansia e stress?
Il primo lavoro che dobbiamo fare noi adulti genitori è su noi stessi. Anche noi proviamo ansia e angoscia, la fiducia e la speranza per il futuro sono messe alla prova, e c’è una sensazione di lutto, di tristezza diffusa. Il primo passo per proteggere i bambini è quindi trovare un modo per stare un po’ meglio dentro queste emozioni, che sono assolutamente umane e normali. Riconoscerle e poterle condividere con chi sentiamo vicino: il marito, un’amica, il fratello. Di conseguenza riusciremo ad essere più tranquilli nei confronti dei bambini. Quando poi trasmetteremo loro le informazioni, lo faremo senza quel carico di ansia, angoscia e tristezza, perché l’abbiamo già elaborato.
Come reagiscono i bambini? Come capire se non stanno bene? Cosa possiamo fare di fronte a comportamenti insoliti?
Il bambino che va dalla scuola dell’infanzia fino alla maturità scolastica (6-7 anni) ha un’affettività molto labile. Significa che in situazioni di ansia come quella che stanno vivendo, o quando percepiscono quella dei genitori, possono avere reazioni affettive importanti. Il bambino può quindi diventare più oppositivo del solito, meno gestibile, anche il sonno può essere disturbato. Regredisce insomma a comportamenti che aveva superato o a tappe evolutive che si era lasciato alle spalle.Un bambino che inizia la prima elementare ha raggiunto la maturità scolastica ed è in quello che noi psicologi chiamiamo periodo di latenza. L’affettività si tranquillizza e lascia spazio all’apprendimento. Il bambino quindi non reagirà con risposte emotive così forti, ma potrà chiudersi, essere meno loquace, o regredire anche lui a comportamenti ormai superati da tempo mostrando un’affettività meno stabile. Quelli che vediamo sono segnali che devono incontrare un adulto attento. Non ci dobbiamo preoccupare, non c’è nulla di patologico: i bambini in questo modo ci stanno dicendo che sono in difficoltà. È una richiesta d’aiuto che mandano in maniera inconsapevole. Bisogna riuscire ad accoglierla.
Significa anche lasciar correre riguardo i comportamenti oppositivi dei bambini? Come ci si deve comportare riguardo ai limiti, quanto bisogna esser fermi?
Vale quello che vale in qualsiasi periodo. Il bambino ha bisogno di un adulto che metta un limite chiaro, se esagera, anche in questa fase. Che lo esprima chiaramente e con fermezza. Il limite contiene e struttura. Se il bambino non si ferma di fronte al limite l’adulto può mettere una distanza affettiva, che significa non dargli attenzione per un periodo, non eccessivamente lungo però. Quando il bambino si calma si ritorna a lui cercando di esprimersi a parole su quanto successo. Per un bambino vedere il proprio genitore ancora forte, che conosce e afferma il limite, è rassicurante. Se le regole vengono a cadere il bambino prova ansia e diventa insicuro e l’irrequietezza motoria potrà diventare più importante.
Come si fa quindi ad accogliere le loro reazioni? Come ci si comporta per permettere al bambino di elaborare quanto sta vivendo?
Il gioco simbolico e la relazione privilegiata a due sono grandi strumenti per il bambino e il genitore in difficoltà. Gli si può dire: «Vedo che sei arrabbiato, mi sembri triste, facciamo qualche cosa assieme» e aiutarlo così a dedicarsi al gioco simbolico, un’esperienza molto vicina al bambino. Inventare una storia con i playmobil, una costruzione di lego, giocare a mamma e papà. Anche solo stargli accanto ha un valore terapeutico, è molto importante. A volte i bambini chiedono all’adulto di partecipare al gioco, lo si può fare, ma seguendo le loro indicazioni da esperti in campo. Dobbiamo essere adulti umili, i bambini ci indicano la strada suggerendoci come muovere i personaggi. Nel gioco simbolico il bambino esprime le sue emozioni, i suoi vissuti, e se l’adulto è lì con lui, li condivide. I bambini più grandi si esprimono anche con il disegno, e anche qui, basta stargli accanto.
I ritmi sono completamente cambiati. La scuola non c’è più, come organizzare queste giornate nuove?
I genitori devono pensare a un nuovo ritmo che sia abbastanza regolare e soprattutto prevedibile. Questo, in una situazione dove tutto è cambiato e non c’è niente di sicuro, tranquillizza molto, contiene le emozioni, e fa bene a tutti. Non vuol dire svegliarli presto, anzi. Il mattino è un tempo prezioso anche per i genitori. Dopo la loro colazione si può giocare un poco e poi viene il tempo per la scuola. Se sono già in grado possono poi aiutare con la preparazione del pranzo, ma dopo mangiato è essenziale per tutta la famiglia, compresi mamma e papà, fare una piccola siesta. Se i bambini non ci riescono, anche la televisione va bene, basta scegliere e controllare. Ognuno crea il suo ritmo, fondamentale la regolarità. E non dimentichiamoci, quando è possibile, di prendere del tempo per sé stessi – una telefonata, un libro, o anche solo stare sul divano – così da essere più sereni quando si rientra in contatto coi bambini.
Come gestire la frustrazione dei bambini, per esempio quando incontrano un amico e non possono giocare insieme?
È una frustrazione reale. Lo si può aiutare esprimendo al suo posto le emozioni, magari dicendogli «capisco che ti fa tanta rabbia, ti fa venire da piangere, anche io sono arrabbiata e un po’ triste perché non posso più andare ad abbracciare la nonna, è difficile. Ma questa situazione passerà». Se la frustrazione è sostenibile, le parole bastano.
In questi giorni si sente spesso parlare di morte, la malattia colpisce gli anziani, i nonni: i bambini hanno paura. Come affrontare questo tema con loro?
La prima domanda che dobbiamo farci è quale idea abbia il bambino della morte. Egli ne comprende l’irreversibilità solo a partire dal periodo di latenza, quindi nell’età della scuola elementare. Quando i bambini sono piccoli e fanno domande al riguardo bisogna cercare di capire cosa pensano che succeda. Ogni bambino piccolo ha una sua teoria. È inutile spiegare troppo, basta ascoltare quello che propongono. Poi, più tardi, si possono piuttosto porre domande, e aiutarli a esprimere cosa sentono rispetto alla morte.
Cosa rimarrà nei bambini dopo questa esperienza? Ci potranno essere dei traumi?
Le conseguenze sul bambino di questo particolare momento dipendono in modo importante da come la situazione viene affrontata in famiglia. Io penso che se il quotidiano dei bambini non è troppo carico di ansia e di conflittualità e se ci sono adulti pronti a cogliere e accogliere le loro difficoltà, i bambini potranno ricordare questo periodo come un momento molto particolare in cui hanno fatto un’esperienza importante. Potranno capire che si può stare in un momento così difficile, e si può anche uscirne. E soprattutto i genitori potranno testimoniare e insegnare ai bambini che nella vita di ognuno ci sono e ci saranno difficoltà da affrontare, ma grazie alle proprie risorse, si può andare avanti, superarle.