Coppa Davis: New Look

Sport - C’è molto calcio nella nuova formula della leggendaria manifestazione tennistica. Le innovazioni non convincono tutti
/ 09.12.2019
di Giancarlo Dionisio

La storia della coppa Davis è legata a un filo che parte e arriva ad Harvard, la prestigiosa università del Massachusetts. Furono quattro studenti dell’Ateneo statunitense ad avere l’idea di fondare una competizione per squadre nazionali. Era il 1899. L’anno successivo una selezione USA e una del Regno Unito si giocarono la prima insalatiera della storia. 

A distanza di quasi 120 anni, un laureato di Harvard ha disegnato e portato in scena la nuova formula della Davis. Uno studente molto particolare, in possesso di un Master in Business, Media, Sports and Entertainment, ma tuttora attivo in qualità di stimato calciatore, che passa la maggior parte del tempo in braghette corte e la maglia «blaugrana» del Barcellona. Gerard Piqué Bernabéu, alias «signor Shakira», è un tipo molto intraprendente. Catalanissimo, 32enne, già campione mondiale ed europeo con la Roja (la nazionale spagnola), presidente del Futbol Club Andorra, Piqué ha fondato alcuni mesi fa la Kosmos Holding, un fondo di investimento che è decollato molto rapidamente. 

Grazie alla credibilità del suo nome, ha saputo coinvolgere la Federazione Internazionale di Tennis in un processo di rinnovamento dell’ultracentenaria Coppa Davis. L’ha rivoltata come un calzino, dandole una veste molto simile alla Coppa del Mondo di calcio: selezioni preliminari in febbraio, che hanno visto la Svizzera, priva di Roger Federer e Stanislas Wawrinka, uscire subito di scena, eliminata in casa dalla Russia. Quindi fasi finali concentrate in una settimana, su tre campi madrileni. 

Le 18 qualificate hanno affrontato dapprima una fase a gironi, poi, a partire dai quarti di finale, si è passati all’eliminazione diretta. Per la cronaca, ha vinto la Spagna di Rafael Nadal e Roberto Bautista Agut. 

Inutile sottolineare che per il pubblico spagnolo si è trattato di una fiesta. Tuttavia, la nuova formula, nonostante l’allettante montepremi globale di 20 milioni di euro, ha sollevato anche parecchie perplessità. Anzitutto per il periodo. Si è giocato, intensamente, a fine stagione, con molti atleti a corto di energie e di motivazione. La concentrazione di tutti gli incontri in tre soli stadi ha creato l’effetto-aeroporto delle giornate di punta, con lunghissimi tempi di attesa. 

Italia-Stati Uniti, ad esempio, è andata in scena alle quattro di mattina. Il pubblico ha risposto bene quando in campo c’era la Spagna, ma molte partite, soprattutto durante la fase a gironi, si sono disputate a spalti semivuoti. I 3500 presenti alla sfida tra Australia e Canada, su un Centrale che ne può ospitare 12’500, è stato uno spettacolo desolante. È evidente che i conti si faranno anche, e soprattutto, a palline ferme, quando si potrà fare una riflessione su come ha risposto il pubblico televisivo. Una delle ragioni che ha spinto Kosmos Holding e Federazione Internazionale di Tennis a proporre una nuova formula, è infatti la presunta lentezza di alcuni incontri, che si protraggono a oltranza durante il quinto set, magari per 4 o 5 ore. E ciò in un’epoca in cui la fruizione su schermo dei prodotti sportivi si fa sempre più diversificata e parcellizzata. Da qui l’introduzione della formula «Best of 3» che si vorrebbe portare anche nei tornei del Grande Slam. 

Ci può stare, anche perché il tennis sa sconfinare nel gesto artistico, quando nell’arena scendono fenomeni come Roger Federer, Rafael Nadal, Novak Djokovic e pochi altri, ma sa anche essere tremendamente noioso quando, per ore, ti ritrovi in campo due mediocri «pallinari», che, senza un briciolo di creatività, non si scostano mai dalla linea di fondo. È giusto cambiare, o, perlomeno, tentare nuove vie. Ma con una consapevolezza: se è vero, come si dice nel mondo del ciclismo, che la corsa la rendono spettacolare i corridori e non il percorso, è altrettanto vero che il buon tennis, indipendentemente dalla formula delle sfide, non può prescindere dalla qualità dei suoi protagonisti. Non a caso, quasi in concomitanza con la finale di Coppa Davis, la sfida-esibizione fra Roger Federer e Alexander Zverev, ha convogliato nello stadio di Città del Messico, 42’517 spettatori, nuovo record mondiale. 

Un primato che King Roger vorrebbe superare il prossimo anno grazie a un incontro-evento, che lo vedrà opposto al suo rivale storico Rafael Nadal. Da parte sua Gerard Piqué ha fatto, e farà di tutto per corteggiare i tre Big. Il Maiorchino e il Serbo sono già dalla sua parte. Il Rossocrociato nicchia, poiché difende la dignità della Laver Cup, una sua creatura che si gioca in settembre a partire dal 2017. Se poi pensiamo che l’ATP vorrà far sentire la sua voce inserendo, dal prossimo anno, un nuovo appuntamento, l’ATP Cup, ecco che il rischio di fare una frittatona indigesta a tutti, per abbondanza di uova, è tutt’altro che scongiurato.