Come riparare un cuore spezzato

Psicologia – Guy Winch nel suo ultimo libro sostiene che dobbiamo ripensare il modo in cui gestiamo il dolore causato da situazioni che per il senso comune possono sembrare facili da affrontare
/ 02.04.2018
di Stefania Prandi

Guy Winch è uno psicologo di New York, conosciuto al grande pubblico per un Ted Talk con oltre cinque milioni di visualizzazioni e per i suoi saggi tradotti in ventitrè lingue. Nel suo ultimo libro, intitolato How to Fix a Broken Heart (Come riparare un cuore spezzato), appena pubblicato negli Stati Uniti, sostiene che dobbiamo ripensare il modo in cui gestiamo il dolore causato ad esempio dalla perdita di un animale domestico oppure dalla fine di una relazione breve, magari anche solo da un primo appuntamento amoroso che finisce male. Infatti, anche situazioni che al senso comune possono sembrare facili da affrontare, riescono a gettare alcune persone nello sconforto più totale, rendendole incapaci di reagire, e lasciandole con il cuore spezzato. «Azione» ha raggiunto Guy Winch al telefono. 

Guy Winch, come si fa capire quando si ha il cuore spezzato?
Il primo elemento per capirlo è rendersi conto dell’intensità del dolore che si prova. Quando si ha il cuore spezzato ci si sente travolti dal malessere, si percepisce una sofferenza reale, un senso di perdita di qualcosa che avevamo, che faceva parte della nostra vita e che non c’è più. La sensazione di mancanza diventa totalizzante: il pensiero dell’assenza è ossessivo e ha un impatto su tutto quello che facciamo. Ad alcune persone può capitare di avere il cuore spezzato in seguito alla perdita di un animale domestico oppure dopo la fine di una relazione che magari è durata poco o anche dopo un primo appuntamento. Ciò che conta sono l’intensità e le aspettative rispetto alla relazione. Dall’esterno, se non si conoscono la situazione nel suo complesso e la storia personale, non si può giudicare la reazione. 

Di fronte al lutto di un parente stretto oppure davanti a un divorzio, i capi e i colleghi, così come gli amici e i conoscenti, sono in genere comprensivi. Non sempre si riceve lo stesso supporto se si perde un animale oppure se una relazione breve, alla quale si teneva molto, finisce. A cosa è dovuta questa differenza di atteggiamenti?
Abbiamo una gerarchia di bisogni, in cima c’è il sentirsi sicuri. Poi vengono il cibo, l’acqua e così via. Fino a cent’anni fa c’erano molti problemi ai quali pensare per sopravvivere, si era occupati, non c’era tempo per altro. Lo stesso vale ancora oggi per chi vive in aree del mondo dove mancano i beni primari oppure dove c’è la guerra. In Occidente e in altre zone del mondo dove la qualità della vita è migliorata in modo sostanziale negli ultimi cinquant’anni, abbiamo cominciato a preoccuparci del nostro benessere e di questioni come la felicità e la soddisfazione personale. Abbiamo iniziato a occuparci di chi soffre, ai supporti che ci possono essere se una persona cara soffre per un lutto oppure per un divorzio. Non rientrano ancora appieno nelle nostre categorie di dolore, la perdita di un animale caro e la fine di una relazione breve. 

Nel suo libro scrive che ci sono conseguenze anche fisiche per chi si trova con il cuore spezzato. 
Sì, ci sono delle ripercussioni sulla nostra salute perché ci sentiamo depressi e stressati. Si attiva il cortisolo, l’ormone dello stress, e non per un tempo breve, ma per giorni, settimane anche mesi, rendendo il nostro sistema immunitario meno efficiente. Per questo ci si ammala più facilmente. Inoltre, lo stress cronico può avere effetti negativi sulle funzioni del nostro sistema cardiovascolare e digestivo. Ci possono essere anche conseguenze più serie come la «sindrome del cuore spezzato», che causa un significativo dolore al petto, spasmi e un innalzamento elevato (trenta volte il normale) dei livelli di norepinefrina e epinefrina, ormoni associati allo stress. La «sindrome del cuore spezzato» non è un semplice attacco di panico. Anche se non provoca danni cardiaci, si finisce in ospedale e per riprendersi ci vuole un certo periodo di tempo. In un articolo recente pubblicato sul «The New England Journal of Medicine», viene citato il caso di una donna sessantenne che ha sofferto di questa sindrome per la morte del suo cane. Si tratta di un evento molto raro, a me da quando faccio lo psicologo non è mai capitato di seguire un paziente che ne soffrisse, ma la cito proprio a dimostrazione delle conseguenze che certe situazioni possono portare. 

Lei spiega che quando ci fissiamo intensamente su chi ci ha spezzato il cuore, ci comportiamo come se fossimo dipendenti da sostanze stupefacenti. Quali sono i meccanismi e le ragioni che danno origine a questo comportamento?
Esami realizzati con la tecnica della risonanza magnetica hanno dimostrato che l’astinenza dall’amore attiva gli stessi meccanismi dell’astinenza da sostanze stupefacenti. In entrambi i casi si diventa ossessivi, si pensa ininterrottamente a chi se n’è andato e ha lasciato un vuoto. La differenza è che chi ha una dipendenza ne è consapevole, mentre una persona che ha il cuore spezzato non se ne rende conto e crede di impazzire. Il pensiero di stare entrando nel territorio della follia, aumenta i livelli di stress. 

Quali sono i suoi suggerimenti per riprendersi?
Il cuore spezzato è una forma di perdita e di lutto. Ci sono delle cose da fare per guarire e altre che invece vanno assolutamente evitate. Bisogna interrompere ogni contatto con la persona che ha deciso di andarsene, magari dopo pochi mesi o settimane di relazione. È difficile comportarsi così: significa non scrivere messaggi, non cercare informazioni, foto e video sui social network. All’inizio si penserà a chi ci ha spezzato il cuore ventiquattro ore al giorno, ma poi piano piano il tempo diventerà sempre meno. Tra le cose da fare, invece, innanzitutto bisogna lavorare sull’autostima. Inoltre, ci saranno molti vuoti nella nostra vita, come accade anche in seguito alla perdita di un animale caro, che dobbiamo cercare di riempire, magari riscoprendo vecchie abitudini e passatempi, trovando un senso nuovo. Non è semplice, ma si può riuscire. 

(L’intervista è stata tradotta e in alcuni passaggi adattata dalla giornalista)