Il legame tra sponsor ed entità sponsorizzata è un’arma a doppio taglio. Da qualsiasi parte la si impugni il rischio di ferirsi è enorme. Un vecchio detto latino, attribuito all’imperatore Vespasiano, per una questione, diciamo, poco sportiva, sostiene che «pecunia non olet», il denaro non ha odore. Tradotto in soldoni diremmo che i quattrini, anche quelli sporchi, non puzzano e fanno comodo.
La storia dello sponsoring racconta anche di gesti eroici fatti nel nome dell’etica. Pensiamo ad esempio alla scelta del Credit Suisse, sul finire degli anni Novanta, di dissociare il proprio marchio dal Tour de Suisse. «Il ciclismo è sporco e malato, e noi non vogliamo rimanere contagiati», avevano tuonato i responsabili del marketing del colosso bancario zurighese. Salvo poi proseguire con l’elargizione di milioni in altri ambiti, come il calcio, che non si sono rivelati certo migliori, e non sto a elencare i numerosi casi di illecito, truffa, violenza e doping.
Spesso i valori etici vengono calpestati, non solo nello sport, quando c’è di mezzo il denaro. Non a caso sono i piccoli a potersi permettere di rispettarli. Quante volte mi è capitato di vedere Società sportive locali rinunciare a due o tremila franchi, poiché il potenziale sostenitore non era in sintonia con i valori educativi del club!
Certo, quando si entra nell’orbita dei milioni, diventa più difficile arricciare il naso. Come si diceva in precedenza, a volte, anche il denaro sporco sa emanare seducenti fragranze. In questi giorni, nel mondo del ciclismo è avvenuto un avvicendamento molto importante, che ha fatto parlare di sé per varie ragioni. Dopo 10 anni di trionfi, fra cui sei edizioni del Tour de France con Bradley Wiggins (1), Chris Froome (4) e Geraint Thomas (1), dopo aver addomesticato, con lo stesso Froome, sia il Giro d’Italia, sia la Vuelta di Spagna, il Team Sky ha fatto la riverenza ed è uscito di scena per fare posto a Ineos. Da un boss delle telecomunicazioni si è passati a uno del settore petrolifero.
Non è cambiato molto, oltre ovviamente alla maglia, ma i pochi sostanziali mutamenti vanno nella direzione che gli appassionati di ciclismo mai avrebbero auspicato. Lo staff e la squadra rimangono immutati. Inalterata resta pure la filosofia del gruppo: vincere, vincere e ancora vincere, grazie alla teoria dei cosiddetti Marginal Gains, ovvero la cura maniacale dei dettagli. Sky, in dieci anni non ha lasciato nulla al caso, intervenendo sulle tecniche di preparazione, fisica, mentale, strategica; su ogni singola componente del mezzo meccanico e degli accessori; su ogni minima fibra dei vari capi di abbigliamento. Qualcuno, a giusta ragione, potrebbe obiettare che anche gli avversari avrebbero potuto adeguarsi. È vero, ed in parte lo hanno fatto, ma il dettaglio più macroscopico è che il budget del Team Sky è sempre stato di almeno cinque milioni superiore a quello della seconda squadra più ricca, il doppio e oltre, rispetto alla maggioranza di quelle ammesse nel World Tour.
Si mormora inoltre che con l’avvento di Ineos, alla cui testa c’è il magnate Jim Ratcliffe, grande appassionato di ciclismo, la forza finanziaria della squadra potrebbe aumentare ulteriormente. Come dire che, nell’immediato futuro, le possibilità di vittoria delle rivali, si assottiglierebbero, almeno nelle grandi corse a tappe, dove i Marginal Gains sono preziosi per il recupero delle energie da un giorno all’altro.
Il nuovo marchio è stato inaugurato ufficiosamente il 30 di aprile a Neuchâtel al prologo del Tour de Romandie, dove però Geraint Thomas e compagni lo hanno portato a passeggio ancora sulle vecchie maglie nere con inserti blu e bianchi. Il battesimo ufficiale è avvenuto il 2 maggio a Doncaster, in occasione della prima tappa del Tour of Yorkshire. Avrebbe voluto essere una festa, nelle intenzioni del General Manager Dave Brailsford. In realtà ha rischiato di sfociare in una sorta di guerriglia urbana, poiché un cospicuo numero di ambientalisti ha protestato a gran voce contro Ineos per le tecnologie poco rispettose utilizzate dal gruppo nell’estrazione del petrolio.
In sostanza Christopher Froome e soci sono passati da una maglia che mostrava la scritta Ocean Rescue, figlia di una campagna (di marketing) tesa a sostenere la protezione delle acque, a una che , per chi auspica la mobilità lenta, simboleggia il demonio. C’è da credere che se fino a oggi il Team Sky risultava poco simpatico a buona parte degli appassionati, per la sua spocchia, per il suo strapotere, sulle strade e nelle aule penali (vedi assoluzione di Froome dall’accusa di frode), da oggi il Team Ineos dovrà pedalare a tutta velocità per risollevare le sue quotazioni nel gradimento popolare.
Al di là degli aspetti emotivi, che sono soggetti a sensibilità individuali, resta il fatto che il nuovo colosso, grazie al denaro, potrà continuare a dominare la scena, almeno fino all’avvento di qualche altro gigante che voglia verificare se il ciclismo è un adeguato veicolo di promozione del proprio marchio. Nell’attesa viene voglia di dire che l’idea di un calmiere, sia per i bilanci, sia per i salari, come avviene in alcune leghe professionistiche americane, non sarebbe fuori luogo.