«Anesthesia is terribly simple but sometimes can be simply terrible» (L’anestesia è «terribilmente semplice», ma può essere «semplicemente terribile»). Un gioco di parole di uno dei tanti siti online dedicato alle pratiche mediche, per portare alla luce – anche in modo ironico – i più disparati timori delle persone che si devono sottoporre a un intervento chirurgico che necessita un’anestesia.
Considerata a buona ragione una delle più importanti scoperte del secolo scorso, nell’immaginario comune l’anestesia ha avuto sempre un fascino controverso dovuto per lo più al timore della perdita del controllo di sé. Per meglio comprendere i meandri di questa specialità medica, incontriamo il viceprimario di anestesia dell’Ospedale Regionale Bellinzona e Valli (ORBV) Andrea Saporito, nel Blocco operatorio di cui egli è responsabile: «Potremmo definirla come una pratica medica complessa che permette al paziente di vivere in modo più umano possibile un’esperienza che di per sé potrebbe essere alienante». Egli ci accompagna attraverso la scoperta di quella che definisce «una presa a carico peri-operatoria del paziente (dunque a tutto tondo), volta a fargli superare nel modo più umano e confortevole possibile l’esperienza dell’intervento chirurgico. Una pratica medica sicura, che inizia con la presa a carico del paziente settimane prima della sala operatoria, quando lo si incontra per una visita preliminare». Questo colloquio dimostra sempre quanto visita e conoscenza reciproca «abbiano più effetto sull’ansia di certi farmaci».
L’anestesia è di fatto una delle specialità mediche che ha attraversato un’evoluzione enorme, pure dal punto di vista farmacologico: «Oggi disponiamo di farmaci la cui caratteristica e i cui vantaggi sono essenzialmente legati a una maggior sicurezza e flessibilità sulle diverse situazioni; ciò permette di dosare un’anestesia personalizzata e maggiormente accurata nella tempistica, di praticare un’anestesia loco-regionale laddove l’intervento chirurgico lo consenta (oggi più della metà di tutte le anestesie praticate in Europa contempla anche una tecnica di anestesia loco regionale). I pazienti si sveglieranno subito dopo l’intervento e potranno tornare in brevissimo tempo in piedi, favorendo una migliore e più rapida ripresa e convalescenza post operatorie».
Sottoporsi all’anestesia, oggi più di ieri, non dovrebbe fare così paura: il dottor Saporito porta ad esempio l’esimio «National Institute of Medicine» americano che ritiene l’anestesia l’unica specialità medica ad aver ridotto in modo significativo la mortalità dei pazienti nel corso degli ultimi anni. «Non dimentichiamo che la percezione del rischio di qualunque cosa è soggettiva: le persone percepiscono come maggiori i rischi che hanno connotazioni emotive, sottovalutando quelli che non associano a particolari connotazioni negative», afferma il medico, confermando come psicologicamente si sottostima il rischio di qualcosa quando si ha l’illusione di averne il controllo.
«Vorrei ricordare che il medico anestesista è formato in primis (dunque ancor prima di considerare il suo bagaglio tecnico-medico) per preservare e garantire la sicurezza del paziente», afferma Saporito al quale chiediamo quali sono i timori comuni dei pazienti: «Vi sono due categorie: quelli che temono la perdita di controllo, e quelli che invece vogliono perderlo, non vedere e sentire assolutamente niente». L’anestesista deve dunque essere anche molto psicologo, oltre che competente nei più svariati generi di anestesia, secondo le necessità del chirurgo, lo stato del paziente e le sue esigenze: «Non si addormenta solo il paziente o i suoi nervi, ma si coprono molti aspetti di quello spazio di tempo dedicato non solo all’intervento chirurgico, ma pure al prima e al dopo. Per quanto attiene all’intervento, parlo dell’abolizione della coscienza, della protezione dal dolore, del mantenere la muscolatura del paziente rilassata durante l’intervento, affinché il chirurgo possa operare nel migliore dei modi».
Malgrado un’era di super specializzazione medica, emerge l’esigenza di un approccio olistico al paziente: «A prescindere dai timori comuni legati all’anestesia, non dimentichiamo che oggi l’aumento dell’aspettativa di vita ci porta pazienti che sempre più spesso presentano patologie multiple che si curano e a volte cronicizzano, causando conseguenze a catena: siamo dunque confrontati con pazienti complessi che necessitano un approccio multidisciplinare, oltre a una personalizzazione sempre maggiore della sua presa a carico».
L’anestesista diventa dunque il fulcro su cui si concentra tutto ciò che ruota attorno all’intervento chirurgico: «Infatti, in sala operatoria ciascun paziente avrà il suo chirurgo, ma l’anestesista è colui che si occupa della gestione clinica di tutti i pazienti, come pure dell’intero processo peri operatorio: visita pre operatoria, organizzazione dell’intero processo e del dopo, pre-medicazione, posto letto nei reparti super specialistici all’occorrenza (come le cure intensive), quando chiamare ogni paziente in sala e via dicendo». In concreto, per ogni paziente: «Sulla base di una visita pre operatoria obiettiva, in cui si effettua un’anamnesi e si esamina la terapia, l’anestesista elabora una strategia anestesiologica ideale che contempla sia la tecnica anestesiologica sia l’ottimizzazione del rischio clinico. Il paziente giunge in sala operatoria nel migliore dei modi, anche grazie alla scelta dell’anestesia (loco-regionale, combinata o generale) che più si conforma alle sue esigenze».
Trapianti multiorgano, interventi complessi di neurochirurgia e operazioni che richiedono molte ore non sarebbero possibili, oggi, se accanto alle tecniche chirurgiche non si fossero evolute anche quelle anestesiologiche. Molti dei timori legati alla perdita di controllo del sé possono essere ridimensionati e il dottor Saporito ci porta infine un esempio su cui riflettere, a conferma delle paure ingiustificate dettate dall’emotività e dall’errata valutazione del rischio: «Subito dopo l’attentato alle Torri Gemelle del 2001 si stima che più di un milione e mezzo di persone non ha preso l’aereo per le proprie vacanze negli USA. Questo ha prodotto, purtroppo, mille morti in più sulle strade americane». Inoltre, la paura dell’anestesia, oggi, è molto smorzata da un «farmaco» di cui si servono gli anestesisti in fase di visita pre operatoria che si chiama «empatia».