Un abete d’acqua
La mia cartolina viene dal passato e da lontano. Correva l’anno 1995 quando, a pochi giorni dal 25 dicembre, mi ritrovai negli occhi il più gigantesco albero di Natale che avessi mai visto. Forse anche il più bello per la cornice naturale in cui si trova e per la sua natura speciale: non è un albero, ma una cascata.
Un invisibile salto d’acqua che da anni, scorrendo lungo una parete del Cañon del Sumidero, incide nella roccia di travertino balzi su cui si adagiano depositi di muschio e di carbonato, a dar vita a quel magico effetto.
La cascata «Arbol de Navidad», alta circa 200 metri, si trova in Messico, nel Chiapas, ed è raggiungibile solo in barca serpeggiando lungo lo spettacolare fiume sormontato dalla montagna spaccata in due. Il canyon fa parte di un parco nazionale di oltre 20mila ettari. Non serve dunque disboscare pinete intere per animare lo spirito natalizio. Certo, questo «alberello» possiamo portarcelo a casa solo in fotografia ma, in fondo, Natale significa anche ferie e viaggi. Perché non diventare pellegrini… della natività? / Manuela Mazzi
Le Feste viste da dietro le quinte
Era già buio da un po’ quando finalmente mio padre riusciva a chiudere a chiave la porta del negozio. Arrivava a casa canticchiando, con il passo svelto e la voglia di infilare le pantofole e buttarsi sul divano. Nella serata si cominciava a sorridere e scherzare, mentre mia madre metteva in tavola le buone cose da mangiare che aveva preparato. Si concludeva così, in salotto, tra le luci intermittenti dell’albero e del presepio, un periodo di lavoro intenso e impegnativo, durato settimane. Sul bancone del negozio erano rimasti fogli di carta colorata, nastri dorati, forbici e rotoli di scotch. Mio padre li avrebbe messi a posto il 27 dicembre, con calma, al rientro.
Guardando lui avevo imparato a comprendere il senso delle Feste. Erano due giorni di vero riposo, in casa, in cui godersi i frutti del lavoro di un anno, riprendere fiato e, dopo il tradizionale inventario finale, prepararsi a immaginare il lavoro dell’anno seguente. Quando vedo i miei colleghi nei reparti, indaffarati tra gli scaffali, non posso fare a meno di pensare al «backstage» del Natale. All’impegno che serve a preparare la festa. /Alessandro Zanoli
Il lusso di un mondo migliore
Qualche giorno fa mi sono imbattuta in un libro appena uscito in Italia dal titolo Il lusso secondo me (Il Sole 24 ore), che mi ha fatto riflettere su che cosa sia il lusso. Non riuscendo a darne una definizione precisa, mi sono affidata all’etimologia latina del termine.
Secondo la Treccani il lusso deriva dal latino «luxus», inteso come «fasto, sovrabbondanza, eccesso nel modo di vivere», probabilmente affine all’aggettivo «luxus» nel senso di «slogato, storto, lussato». In questa accezione è contenuta l’idea di allontanamento, e non tanto quella, più positiva, di elevazione. Il lusso rappresenterebbe così una sorta di spostamento al di fuori del normale modo di vivere, provocato da una spinta all’eccesso. Come quando per una lussazione (dal latino «luxare») della spalla, la testa dell’omero fuoriesce dalla cavità in cui è posta.
Per analogia, che cosa rappresentano quindi Greta, la lotta ai cambiamenti climatici, la riduzione dei gas a effetto serra, se non una lussazione da uno stile di vita, normale ma non più sostenibile, onde evitare la catastrofe? Un mondo sostenibile è il vero lusso per il futuro dell’umanità. Secondo me. Secondo quella coppia di sposi fotografati a Natale in piazza Duomo a Milano che certamente stava pensando a un mondo migliore per i propri figli. Per molti altri resta ancora, insegna la conferenza sul clima di Madrid conclusasi senza un accordo, un lusso rinunciabile. / Monica Puffi
Un presepe di sardine
La frase che più mi ha colpito, sentita sullo spiazzo davanti San Giovanni in Laterano il 14 dicembre a Roma, è quella di un giovane ai suoi amici, a manifestazione conclusa: «che bella gente oggi, mi sentirei di uscire la sera con ognuno di loro». Delle centomila sardine che si erano raccolte davanti a questa Basilica, da sempre luogo di adunata della sinistra, qualche migliaio ancora indugiava e si scambiava impressioni come questa. La giornata era stata un successo, il richiamo lanciato a un’altra Italia, rispetto a quella del leghista Salvini, era stato ascoltato anche a Roma. Dopo la rabbia dei Vaffa day, che elevò i 5 Stelle per un attimo nel firmamento politico, oggi sono le più pacate sardine a portare in superficie il bisogno di un’altra politica, soprattutto di un’altra etica. Diventeranno un partito? Ne sarebbero capaci? In questo momento non conta, oggi è importante che rappresentino un monito ai politici e il forte desiderio di difendere i valori umanitari e la speranza in un mondo inclusivo. Una presenza inaspettata sotto l’albero di Natale, italiano ed europeo. / Peter Schiesser
Silenzioso amico
È vero, come dice la grande Wislawa Szymborska ne Il silenzio delle piante, che «parlare con voi è necessario e impossibile». Anche a me piacerebbe, di tanto in tanto, dire qualcosa a una pianta, magari anche sostenerla o difenderla, in un’epoca in cui le motoseghe ruggiscono e gli incendi divampano. Ma è, appunto, impossibile. Eppure una nevicata leggera e senza importanza come quella di qualche giorno fa, che ha velato di bianco anche l’albero della foto, un temporaneo canale di comunicazione lo crea. E lo fa attraverso il denso silenzio che naturalmente succede alla caduta dei fiocchi. Proprio il vuoto, l’assenza di rumore, hanno il dono prezioso e intrinseco di dare una tregua al nostro pensiero, di fare un po’ di ripulisti nelle nostre vite, sempre più traboccanti di informazioni immagini commenti idee e proclami. Quell’albero silenzioso, a sua volta contemplato in silenzio, archetipo di tutti gli alberi della terra, anche quelli di Natale, con la sua presenza maestosa e tranquilla, ci rimette al nostro posto. E forse di un simile baricentro avremmo bisogno più spesso, non solo a Natale. / Simona Sala
L’Avvento dei diritti
Aprire le finestrelle del calendario dell’Avvento rimane uno dei riti più amati di dicembre, in fondo il bello del Natale è soprattutto l’attesa del Natale. Alle scuole elementari di Massagno i bambini e i maestri hanno creato un particolare calendario dell’Avvento: ogni sera una finestra dell’edifico decorata dalla classe si illumina, l’immobile intero è insomma un enorme calendario al centro del quartiere. L’idea, bella di per sé, racchiude anche una riflessione sui diritti dell’infanzia proposta quest’anno agli allievi dell’Istituto per ricordare il trentesimo anniversario della Convenzione ONU. I bambini di Massagno, in controluce, ci ricordano i diritti dei più piccoli, quelli in teoria sottoscritti da praticamente tutti i Paesi del mondo, e ce ne propongono di nuovi. Così ecco spuntare un fantastico «diritto ad essere un po’ selvaggi» e un sacrosanto «diritto ad avere una chance». E che i bambini siano sempre un passo avanti lo dimostra il «diritto di sentire la mancanza del proprio paese e di poterci tornare». / Barbara Manzoni