Capire gli adolescenti

Il caffè delle mamme – Il nuovo saggio della family coach Nan Coosemans aiuta i genitori a interpretare i silenzi dei figli
/ 05.03.2018
di Simona Ravizza

I figli che da chiacchieroni e sempre sorridenti si trasformano in essere muti e perennemente svogliati, insofferenti alle regole e ribelli, più in sintonia con gli amici che con i genitori dai quali si sentono incompresi, desiderosi di essere indipendenti ma non ancora autonomi. E ancora: il loro cuore che batte per la prima volta, la curiosità per il sesso, la prima sigaretta, gli amici e le delusioni. Noi genitori saremo mai pronti ad affrontare gli anni della bufera, ossia l’adolescenza? 

La domanda a Il caffè delle mamme è ricorrente. Adesso una risposta all’interrogativo arriva da Nan Coosemans, formatrice e madre di due pre-adolescenti e di un bambino appena nato, da quasi vent’anni family coach e autrice del nuovo saggio Quello che i ragazzi non dicono (ed. Sperling & Kupfer, 23 gennaio 2018): «Il segreto è imparare ad ascoltarli». Il consiglio non è una contraddizione in termini: anche i silenzi – con gli stati d’animo, gli sguardi e gli umori che li accompagnano – possono essere interpretati e compresi ancora prima delle parole.

Un esempio a tal proposito arriva dall’ultimo film di Luca Guadagnino Chiamami con il tuo nome, appena uscito nelle sale e candidato a quattro Oscar. Il momento più toccante è quando Elio, il figlio 16 enne che ha incontrato l’amore e si è scontrato per la prima volta con la delusione che fa a pezzi il cuore, si siede senza dire nulla sul divano accanto al padre. Non c’è una raffica di domande, il senso di smarrimento non viene liquidato con frasi del tipo «tanto passerà, ci siamo passati tutti», nessun giudizio sulle scelte compiute va a sminuire il dolore dell’adolescente. Il padre cerca di mettersi nei panni del figlio, con l’esperienza del proprio vissuto, ma senza farsene sopraffare: «Stai male e ora vorresti non provare nulla, forse non hai mai voluto provare nulla, ma ciò che ora provi io lo invidio. Soffochiamo così tanto di noi per guarire più in fretta, così tanto che a trent’anni siamo già prosciugati e ogni volta che ricominciamo una nuova storia con qualcuno diamo sempre di meno, ma renderti insensibile così da non provare nulla, è uno sbaglio». È la rivendicazione del dolore come momento ineludibile di crescita e contraltare della felicità. Così, che sia per una questione amorosa o per qualsiasi altro problema che un adolescente può trovarsi ad affrontare, il padre di Elio riesce a vincere la sfida lanciata da Nan Coosemans: «Scoprire le parole e i gesti che permettono ai genitori di essere il sostegno di cui i figli hanno bisogno per trovare la loro strada e camminare sicuri». Ma nella vita quotidiana come possiamo riuscirci?

Le preoccupazioni che accompagnano la crescita dei nostri figli, fin da quando sono in pancia, sono destinate ad aumentare esponenzialmente con l’arrivo dell’adolescenza, quando i bambini che abbiamo conosciuto stanno per diventare giovani adulti con il cervello e il corpo in subbuglio. Uno scombussolamento che ha anche motivazioni scientifiche: «Nei primi dieci anni di vita il cervello del bambino si forma con gli input che arrivano dai genitori e dalle persone più vicine. Dalla preadolescenza fino ai venticinque anni, la corteccia frontale “si riforma”, attraverso un processo in cui vengono rielaborate le informazioni ricevute fino ai dieci anni – spiega Nan Coosemans –. Per dirlo in maniera più semplice: durante l’adolescenza i ragazzi hanno bisogno di scoprire certe cose da soli, hanno voglia di esplorare il mondo e di farlo a modo loro sentendosi indipendenti». Del resto, il termine adolescenza deriva dal latino adolescere, che significa crescere. 

In questa fase i ragazzi fanno anche più fatica a dormire: «È stato appurato che si verifica un ritardo nel rilascio della melatonina, uno degli ormoni che induce il sonno. La sua concentrazione nel sangue aumenta nelle ore serali, ma nei giovani sembra che inizi ad aver effetto verso mezzanotte: ecco perché i nostri giovani vanno spesso a letto più tardi e hanno più difficoltà a svegliarsi al mattino – continua l’autrice di Quello che i ragazzi non dicono –. Dall’altra parte hanno bisogno di dormire di più, quindi nei weekend recuperano il sonno, rimanendo a letto fino alle undici o più. Sarà bene tenere conto del fatto che questi orari rilassati non sono solo frutto di pigrizia». Ma i genitori spesso fanno fatica a capire i loro sentimenti e il perché dei loro atteggiamenti. Il rischio è di innescare incomprensioni e conflitti. «Gli adolescenti devono essere liberi di sognare, di esplorare e di cadere in piena autonomia – scrive Nan Coosemans –. I genitori hanno il compito di incoraggiare le loro esplorazioni, rispettando al massimo la loro indipendenza, senza mai sostituirsi a loro».

Ne Il Piccolo Principe lo scrittore francese Antoine de Saint-Exupéry ci fa riflettere: «Tutti i grandi sono stati piccoli, ma pochi di essi se ne ricordano». Lo stesso monito vale a maggior ragione per l’adolescenza. Ribadisce Nan Coosemans: «A volte dimentichiamo di metterci nei panni dei nostri figli, e non ricordiamo più come ci comportavamo noi e come vivevamo la nostra fase adolescenziale». Bisogna semplicemente esserci, osservare e ascoltare, far sentire che crediamo in loro, mai giudicare. Ma che fatica! Coosemans dà una serie di consigli pratici per riuscire a sfangarla: allargare gradualmente i loro spazi di autonomia; lasciare che i figli crescano e sperimentino da soli in modo da aumentare autostima e fiducia in se stessi; rispondere tenendo ben presente il loro punto di vista senza offrire soluzioni pronte sul piatto con la saggezza di oggi; non continuare a offrire consigli non richiesti, ma fare sentire gli adolescenti ascoltati e capiti; mai prendere sul personale i pensieri, i sentimenti e le responsabilità dei figli. 

Ne Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach, il giovane Jonathan risponde così alle preoccupazioni della mamma: «Non mi importa se sono penne o ossa, mamma. A me importa soltanto imparare cosa si può fare su per aria». Il gabbiano vuole abbandonare la massa dei comuni gabbiani per i quali il volo è un semplice mezzo per procurarsi il cibo e volare alto nel cielo. Senza farsi condizionare dall’affetto che prova per i genitori, né dalla paura di deluderli. Noi genitori, dobbiamo aiutare i figli a volare. Per traghettarli dall’adolescenza alla vita adulta.