La videointervista


Servizio della giornalista Maria Grazia Buletti (video di Vincenzo Cammarata).


Andropausa: mito o realtà?

Urologia - Cosa succede e quali accertamenti sono utili quando nell’uomo i livelli di testosterone calano
/ 10.12.2018
di Maria Grazia Buletti

L’orologio batte il tempo anche per lui: a quale età l’uomo avverte i sintomi dell’andropausa e quali sono? Come affrontarne le conseguenze? E soprattutto: quanto ancora questo tema è tabù? Per chiarire il tutto, abbiamo interpellato l’urologo Fernando Jermini, primario di urologia all’Ospedale Regionale di Lugano, che ha subito sfatato il primo luogo comune che vedrebbe come patologico questo processo: «Dopo i 40 anni, è invece da considerare fisiologico un calo graduale del testosterone, che è il principale ormone sessuale prodotto dai testicoli, dal quale dipendono lo sviluppo e il mantenimento dei caratteri sessuali maschili e la produzione degli spermatozoi». 

Il dottor Jermini ha infatti puntualizzato che l’andropausa sta a indicare la cessazione graduale e assolutamente fisiologica dell’attività degli organi riproduttivi dell’uomo, pur senza presentare repentine alterazioni ormonali come succede invece per la donna: «Gli ormoni prodotti dall’ipofisi, la ghiandola situata all’interno del cervello, sono preposti alla produzione di testosterone e alla maturazione degli spermatozoi e diminuiscono gradatamente nel corso degli anni. Di conseguenza, decresce anche la quantità di testosterone». Ma, ci spiega lo specialista: «Per l’uomo non esiste un vero e proprio corrispettivo della menopausa: mentre attorno ai 50-55 anni di età le donne attraversano tutte la menopausa, nell’uomo questo processo non è così evidente e rapido. Succede che a partire dai 40 anni egli va incontro a un lento, progressivo e molto più discreto declino del testosterone. Quindi, a 70 anni un uomo su 4 ha valori bassi di testosterone, ma rimane asintomatico». 

D’altronde: «Oggi il concetto di andropausa è superato, mentre la vera e propria andropausa è una patologia clinica manifesta che colpisce solo il 5 per cento degli ultra settantenni della popolazione maschile ed è definita ipogonadismo senile». Ad ogni modo, in generale si tende comunque ad associare il lento processo fisiologico del calo di testosterone maschile alla menopausa femminile, pur riconoscendo a quest’ultima le caratteristiche più incisive e repentine. E se non si tratta proprio degli stessi meccanismi, quel che è certo è che alcuni sintomi sono comunque riconoscibili: «In modo del tutto individuale, possiamo parlare di una variazione al ribasso dell’attività sessuale e della libido, erezione raggiunta più tardivamente, deficit erettile, insicurezza e senso di inadeguatezza, fino alla depressione e alla ripresa più lenta da malattie o eventi stressanti».

Anche l’uomo può dunque manifestare una serie di sintomi e disturbi neurovegetativi, tipici pure della menopausa, che interessano tutto l’organismo: «Vampate di calore, sudorazione, arrossamenti del viso. E ancora: difficoltà di concentrazione, anemia e affaticamento». Oltre all’età, alcuni comportamenti possono accelerare il processo, concorrendo all’aggravarsi della sintomatologia stessa: «Pensiamo al fumo (per cui l’insorgenza dell’ipogonadismo può presentarsi anche più precocemente rispetto ai 50 anni), fattori rischio come ipertensione e le malattie cardiocircolatorie, ipercolesterolemia, diabete, l’eccessivo consumo di alcol, una dieta inadeguata, un malsano stile di vita e mancanza di esercizio fisico». 

Ciò potrebbe comportare riflessi negativi su stile di vita e sessualità: «Far finta di niente non è consigliabile e soprattutto non permetterebbe di affrontare una realtà problematica che, di fatto, non esiste. Si rischierebbe di contribuire a cronicizzarla o aggravarla, soprattutto nei casi in cui sono associate altre patologie come ad esempio il diabete». Ignorare l’eventuale problema non concerne ovviamente i pazienti che invece si recano dall’urologo: «Quando arrivano, inviati dal medico di famiglia o accompagnati dalla compagna, hanno deciso di affrontare la situazione che, una volta diagnosticata, può essere indirizzata verso possibili terapie individualizzate». La diagnosi consiste nella misurazione del testosterone presente nel sangue: «I prelievi di sangue devono essere due ed effettuati al mattino, a digiuno, tra le 8.00 e le 10.00, per cui la diagnosi sarà confermata da due valori patologici consecutivi». 

Il dottor Jermini rassicura sulla presa in carico che inizia da un’accurata anamnesi atta ad escludere patologie associate: «Curiamo il paziente che presenta sintomi associati ai valori patologici di testosterone misurati nel sangue. Il paziente asintomatico non necessita di terapia». Secondo l’urologo: «Un importante indizio dell’ipogonadismo è l’osteoporosi con tendenza alle fratture patologiche, la perdita della massa muscolare e della forza, nonché l’aumento della massa grassa e del grasso viscerale (la “pancetta”), e infine l’anemia». 

Lo specialista indica quindi alcuni accorgimenti utili ad ogni uomo: «Se si è sovrappeso, conviene aumentare l’attività fisica che, fra i benefici, comporta anche un aumento del testosterone: il grasso consuma testosterone, perciò calando di peso si contribuisce ad aumentarne i livelli in modo naturale». Inoltre, se un paziente è diabetico «un’adeguata terapia che permetta di controllare il diabete contribuirà a far salire il testosterone nel sangue». Infine, in alcuni casi si propone una terapia sostitutiva: «È possibile sostituire il testosterone attraverso pastiglie, iniezioni o, come prima scelta, un gel da applicare tutte le mattine sulle spalle o sull’addome (mai sui genitali)». Quest’ultimo comporta alcuni vantaggi: «La terapia con gel può essere interrotta senza problemi; esso viene riassorbito e riesce a regolare un valore normale e stabile di testosterone nel sangue». Non bisogna però dimenticare che il testosterone è un ormone e potrebbe avere effetti collaterali non indifferenti. «Vietato il fai da te!», mette in guardia l’urologo. 

«La terapia con il testosterone è un toccasana solo e soltanto per chi ne ha una carenza appurata a livello diagnostico, e va assunto solo sotto monitoraggio medico permanente». Sapere che è possibile formulare una diagnosi specifica e individuale e che, sempre sotto controllo medico, esistono soluzioni personalizzate, dovrebbe incoraggiare gli uomini che presentano una disfunzione erettile a recarsi dal medico: «Non dimentichiamo che proprio la disfunzione erettile può essere campanello di allarme di una malattia vascolare e per questo, prima di intraprendere un percorso individualizzato, bisogna appurarne le cause», conclude il dottor Jermini che conferma come il parlarne, rompendo un annoso tabù, potrebbe permettere di escludere patologie soggiacenti pre-esistenti: «Formulata la diagnosi, esistono soluzioni mediche atte a migliorare anche questo periodo della vita».