Quando si parla di cultura, è inevitabile finire sull’argomento fruizione. Di solito queste tematiche portano dritte alla questione della scuola: gli anni investiti nello studio obbligatorio e post-obbligatorio, infatti, sono essenziali per sviluppare un gusto estetico e la curiosità dei ragazzi e delle ragazze attorno ad istituzioni come teatro e musei, luoghi che dovrebbero iniziare ad essere frequentati fin dalla più tenera età, per imparare a sviluppare non solo un senso critico, ma anche il piacere verso contenuti diversi rispetto a quelli cui vengono costantemente confrontati i più giovani. Ebbene, che sforzi vengono fatti in Ticino, in questo senso? Cosa si potrebbe migliorare o implementare?
Questi sono stati i temi affrontati in occasione dell’incontro organizzato da TASI (Teatri Associati Scena Indipendente) in collaborazione con l’Osservatorio culturale del Cantone Ticino, che giovedì 9 maggio nella sede della Scuola Cantonale di Commercio ha avuto il merito di riunire attori importanti in questo ambito. Tra questi anche Beat Krebs, responsabile dell’ufficio di coordinamento e del settore danza di “Scuola & Cultura” del Canton Zurigo. Il servizio, voluto dalla Direzione scolastica di Zurigo, promuove l’educazione e la partecipazione culturale degli alunni. Con un lavoro di mediazione mirato consente loro di partecipare a eventi culturali, di avere contatti attivi con istituzioni e artisti e incoraggia gli studenti stessi ad «attivarsi» artisticamente (schuleundkultur.zh.ch).
Una proposta seria per le scuole c’è anche in Ticino, diversi sono gli attori e gli artisti che incontrano studenti e studentesse nei vari ordini scolastici offerti dal Cantone, ma quello che manca, forse, affinché la proposta sia più incisiva, è una rete, un dialogo fra i diversi protagonisti che offra ai direttori scolastici e anche ai docenti una visione di insieme.
«Quello che forse sfugge, o non sempre viene recepito fino in fondo, è che il LAC è un’opportunità per le scuole», spiega, per esempio, Isabella Lenzo Massei, responsabile del servizio di mediazione culturale del LAC. «Quest’anno abbiamo fatto molto, siamo multidisciplinari e proponiamo attività che vanno dalla visita guidata alle mostre alla danza e allo yoga. Facciamo venire le scuole a teatro, sia per vedere opere di prosa che concerti. In occasione della presentazione delle nostre attività a inizio anno abbiamo registrato la presenza di 200 docenti, che non è male. Si potrebbe fare di più? Si potrebbe sfruttare meglio questa grande possibilità da parte dei diversi istituti? Sì. Ma le cose stanno già cambiando rispetto a un tempo».
Fondamentale è portare i giovani a teatro, non solo proporlo nelle scuole, come sottolinea Vania Luraschi, che con il Teatro Pan ha una grande e lunga esperienza in questo senso. «Ho iniziato a lavorare nella allora Propedeutica – il Direttore mi aveva chiamato per offrirmi un posto come animatrice teatrale. Il corso è andato così bene che la scuola ha inserito il teatro proprio come materia, accanto a matematica, scienze e italiano, con tanto di nota finale. All’inizio ero scettica, perché mi sembrava un azzardo, un’imposizione ai giovani, ma mi sono dovuta ricredere: ai ragazzi piace fare teatro, ma non crediamo con questo di creare gli spettatori di domani. Fare venire i ragazzi a teatro era una fatica e tutt’ora raramente vedo i miei ex allievi agli spettacoli. Per ottenere un risultato del genere bisogna iniziare subito, sin dalla scuola materna, in modo che si crei un pubblico che possa accogliere il lavoro svolto dalle tante compagnie indipendenti presenti sul territorio. Probabilmente il problema del Ticino è che ci sono tante belle iniziative, ma tutte sparse».
Anche Cinzia Morandi del Teatro Pan, reduce da una bella esperienza nelle scuole (ve ne abbiamo parlato nel numero dell’11 marzo), quando con il Teatro Forum ha portato fra gli allievi del Centro Professionale di Trevano uno spettacolo volto a sensibilizzare sulle tematiche legate ai social network, ritiene che sarebbe importante soprattutto coordinarsi. «Per sviluppare progetti ampi il dialogo con i direttori diventa fondamentale – specifica – Loro stessi mi dicono di essere completamente subissati dalle proposte. Per un’attività come quella che abbiamo proposto al CPT è importante anche la collaborazione con i docenti: se si lavora sia nella preparazione dello spettacolo che nell’approfondimento dello stesso, tramite schede didattiche e discussioni, il materiale che abbiamo portato può diventare una miniera».
Stefania Mariani, artista indipendente e fondatrice di StagePhotography, insiste sulla qualità delle proposte. «Spesso nelle scuole in Ticino c’è questo rischio: che vengano portati progetti un po’ improvvisati, poco curati. Invece è importante non trascurare questi aspetti, in modo che gli allievi possano fruire al meglio di queste preziose possibilità. Ho come l’impressione che a volte, gli artisti locali vengano un po’ trascurati, ma noi che lavoriamo sul territorio abbiamo molto più interesse a lasciare un buon ricordo, in modo da avviare collaborazioni durature». In Ticino per farsi conoscere, da direttori e docenti, è ancora importante il contatto diretto, via telefono o di persona. E invece sarebbe bene creare un network in grado di informare gli insegnanti sulle diverse opportunità, in modo che le attività culturali diventino centrali nella scuola e non siano più percepite come corollari.
Ne è convinto anche Hans-Henning Wulf, Responsabile del settore «Teatro Educazione» dell’Accademia Teatro Dimitri. «Quello che mi interessa del contatto fra scuola e teatro è la possibilità di trasformare la lezione, in modo che i bambini imparino attraverso il fare e che l’insegnamento torni ad essere organico. Per questo bisogna dare nuovi strumenti ai docenti e il mio progetto è quello di inaugurare una formazione di due anni rivolta proprio a chi insegna». Anche il DECS si sta accorgendo di quanto sia fondamentale approfondire il legame con il mondo della scuola. Lo ha sottolineato bene Roland Hochstrasser, dell’Osservatorio culturale del Canton Ticino, ricordando alcuni progetti fecondi che hanno visto la partecipazione degli allievi, come «Il patrimonio si racconta». Quando le classi partecipano a queste attività, di solito i risultati sono entusiasmanti. Resta da migliorare la comunicazione con i docenti, quella sorta di parete che a volte li separa ancora dalle attività proposte sul territorio.