Il dottor PhD Alessandro Ceschi
(Vincenzo Cammarata)

Al di là dello sballo, gli effetti collaterali

Salute - Ricercare effetti psicotropi e di alterazione della coscienza attraverso le nuove droghe sintetiche può essere pericoloso per la salute
/ 03.04.2017
di Maria Grazia Buletti

«Chi fa uso di nuove droghe sintetiche non ne conosce i rischi», è la sintesi del comunicato emanato di recente dal Dipartimento federale dell’interno (DFI), che, pertanto, ha inserito 35 nuove sostanze negli elenchi degli stupefacenti. Un aggiornamento che «ha anche lo scopo di combattere il traffico di droga», afferma il DFI parlando delle nuove sostanze psicoattive come «sostanze sintetiche dagli effetti simili a quelli degli stupefacenti».

Chiamate anche legal highs, designer drugs o research chemicals, il comune denominatore sta nel fatto che il loro consumo costituisce un rischio per la salute. «Si tratta di droghe “progettate” in laboratorio, letteralmente “disegnate” con lo scopo di mantenere o di potenziare gli effetti psicoattivi desiderati e, nel contempo, raggirare la legge che definisce e controlla la loro composizione chimica», ci conferma il dottor Ceschi, responsabile medico e scientifico dell’Istituto di scienze farmacologiche della Svizzera italiana (ISFSI) e viceprimario della Clinica di farmacologia e tossicologia clinica dell’EOC. Egli dice che «uno dei maggiori problemi» che si pone nell’uso (va da sé, illegale) di queste sostanze risiede nel fatto che i loro effetti collaterali sono poco noti: «Parliamo di sostanze nuove e illegali, non sviluppate dunque attraverso le procedure classiche con cui si producono i farmaci, per i quali invece la sperimentazione prima della commercializzazione (effettuata attraverso precise fasi obbligatorie stabilite legalmente) permette di conoscere preventivamente a fondo tutte le peculiarità, tra cui gli effetti collaterali più frequenti». 

Lo scenario di produzione di queste droghe sintetiche illustrato dal nostro interlocutore è preoccupante: «Sono sostanze prodotte in laboratori per lo più clandestini, da chimici più o meno esperti, e questo comporta una carenza della qualità di sintesi». Ne deriva che si formano «sostanze indesiderate o contaminanti oltre alla possibile variabilità nella composizione e nelle concentrazioni delle sostanze». Chi le acquista e le utilizza si trova perciò a fare da cavia: «Da topo di laboratorio».

Ceschi conferma che oggi la loro commercializzazione passa per lo più attraverso Internet (affiancato dallo spaccio classico) dove si riforniscono i cosiddetti «psiconauti»: «Nel 2013 l’EMCDDA (European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction) aveva identificato 651 venditori in rete, rispetto ai 170 del 2010». Dal canto suo, la Fondazione Dipendenze Svizzera spiega chiaramente questo trend nel suo opuscolo Nuove sostanze psicoattive: «L’idea di svilupparle su misura è molto antica, ma è negli anni Settanta che il termine designer drugs viene usato per la prima volta negli USA per indicare sostanze dagli effetti simili a quelli dell’eroina. Poi vengono prodotti stimolanti della famiglia delle feniletilammine (quali il mefredone), fino al consumo dell’MDMA (ecstasy), il cui successo è strabiliante. Solo dall’inizio del nuovo secolo si entra nell’era delle Nuove sostanze psicoattive». 

Con l’inserzione negli elenchi degli stupefacenti delle 35 nuove sostanze, il DFI vuole dunque attirare l’attenzione proprio sulla loro pericolosità: «Il rischio clinico differisce da sostanza a sostanza» esordisce Ceschi nell’illustrare la situazione clinica di chi chiede aiuto dopo averne consumata una ed essersi sentito male. «La maggior parte delle persone che arriva al Pronto soccorso presenta un quadro clinico non estremamente grave che va dalla tachicardia, all’ipertensione, agli stati agitazionali e alla presenza di allucinazioni». Ma non bisogna trascurare quella percentuale di pazienti che presentano sintomi ben più gravi: «Crisi epilettica, depressione del sistema nervoso centrale, coma, grave aritmia, ipertermia: sintomi gravi che possono condurre anche al decesso del paziente».

Proprio perché manca la conoscenza approfondita della tossicità di queste sostanze psicotrope, è necessario raccogliere il maggior numero di informazioni nella pratica clinica, valutando e idealmente registrando ogni singolo caso che si dovesse presentare al Pronto soccorso dell’Ospedale. «A questo proposito è nato il progetto Euro-DEN: una messa in rete dei Pronto soccorso di varie città europee in cui si registrano e si classificano in modo anonimo le informazioni e i casi clinici di pazienti che hanno consumato queste sostanze psicoattive», racconta Ceschi, affermando che la Svizzera sta aderendo a questa Rete: «Da qualche anno il nostro Paese è attivo nel progetto con l’Ospedale universitario di Basilea, a cui dall’anno scorso si è aggiunto l’Ospedale universitario di Berna». Non resta indietro il nostro Cantone: «Da quest’anno, insieme ai centri di Basilea e Berna, abbiamo creato una rete svizzera di monitoraggio di queste sostanze (Swiss-DEN) e, nel corso dell’anno, anche il centro ticinese si candiderà per entrare a far parte della rete europea. Lo scopo finale del progetto è quello di aumentare le scarse conoscenze sulla tossicità clinica di queste sostanze e, quindi, offrire una migliore presa a carico, rispettivamente un’ottimale gestione clinica di chi si presenta al Pronto soccorso con una sintomatologia relativa alla loro assunzione».

I dati relativi al Ticino risultano essere «migliori che in altri Paesi»: «Non siamo il Paese con l’uso più importante di queste sostanze; primeggiano quelli nordici come Inghilterra, Irlanda e alcuni Paesi nordici da dove queste droghe spesso si diffondono e dove se ne fa un uso più ampio che qui». Il nostro interlocutore consiglia comunque di non abbassare la guardia: «Bisogna sorvegliare il mercato, perché anche noi vediamo casi e conseguenze di chi usa queste sostanze».

Ad esempio: «A Zurigo abbiamo descritto per la prima volta nella letteratura medica l’uso della metoxetamina. In Ticino abbiamo osservato l’utilizzo di altre sostanze, e anche qui succede che vengano assunte in fase precoce dopo essere state immesse sul mercato». La sorveglianza tramite la rete Swiss-DEN, ad esempio, è importante perché «registrare d’un tratto una serie di casi può essere il segnale che qualcosa sta cambiando: qualche nuova sostanza, o qualche dose non calibrata, è sul mercato». La messa in rete dei centri specialistici è un mezzo efficace per aumentare l’evidenza attraverso la raccolta di singoli casi in modo condiviso: «Così si acquisisce conoscenza della tossicologia clinica di queste droghe sintetiche».