Adolescenti faccia a faccia

Violenza giovanile – In Ticino ha preso il via un nuovo programma terapeutico rivolto a giovani dai 13 ai 20 anni che presentano comportamenti violenti. Intervista alla coordinatrice Anna Vidoli
/ 13.05.2019
di Guido Grilli

Si rivolge ai giovani con comportamenti violenti, perché alla violenza si deve poter dire addio. E, al fondamentale lavoro degli psicologi, affianca quello di registi di teatro, fumettisti e insegnanti di arti marziali per aprirsi a un mondo di nuove e valide risorse che si possono imparare: come il controllo dei propri comportamenti, l’empatia e la capacità di legame, il rispetto, lo spirito critico, le competenze sociali, il saper riconoscere e gestire le emozioni.

Si chiama Face à Face Ados ed è una delle 19 misure in tema di violenza giovanile contemplata dalla Strategia cantonale di prevenzione della violenza che coinvolge i giovani fino a 25 anni per il periodo 2017-2020 e che, voluta dal Consiglio di Stato, nasce in seno all’Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani del Dipartimento della sanità e della socialità. Face à Face Ados, una denominazione francese, traducibile in qualcosa come «adolescenti faccia a faccia», è un programma terapeutico specifico per ragazzi e ragazze da 13 a 20 anni che presentano comportamenti violenti. La proposta, in sintesi: aderire a un team interdisciplinare, 50 ore distribuite su 10 mesi, senza precludere scuola o lavoro, tra colloqui individuali e con la famiglia, gruppi misti e atelier. Coordinatrice di questa moderna proposta nata a Ginevra e che il Ticino ha adottato a partire dal 7 maggio scorso è Anna Vidoli, in collaborazione con il Servizio medico psicologico che ne coadiuva il servizio operativo.

Anna Vidoli, come si è arrivati a questa iniziativa?
L’Associazione Face à Face è nata a Ginevra nel 2001. La direttrice e fondatrice è l’infermiera psichiatrica Claudine Gachet, che nel 2002 aveva sviluppato un programma per le donne con comportamenti violenti e nel 2008 ha creato il progetto specifico per adolescenti. Nel 2011 questo programma è stato riconosciuto dall’Ufficio federale delle assicurazioni sociali e come progetto modello nel rapporto finale del programma giovani e violenza, ed è poi stato validato dal Consiglio federale nel 2015 e pertanto rimborsato dalle casse malati. In questo stesso anno siamo venuti a conoscenza di questo programma, quando cioè veniva redatta la Strategia cantonale di prevenzione della violenza giovanile. Nel 2017, quando sono stata incaricata di questo servizio ho iniziato a prendere contatti con la direttrice dell’associazione ginevrina, quindi i primi colloqui con il Magistrato dei minorenni, con l’Ufficio dell’assistenza riabilitativa che si occupa di giovani e adulti fino ai 20 anni che hanno comportamenti violenti e da subito vi è stata unanimità nel riconoscere la bontà del progetto. Così il 4 dicembre 2017 abbiamo convocato tutti gli enti interessati dal fenomeno presenti sul territorio – una trentina, tra Autorità regionali di protezione (Arp), scuole, curatori, direttori di centri educativi per minorenni, responsabili di uffici dell’aiuto e della protezione. Con la sede madre di Ginevra è stata stretta una solida collaborazione, tanto che abbiamo creato l’antenna ticinese. Quindi la direzione del progetto ha deciso di affidare l’implementazione del programma Face à Face Ados all’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale (Osc) e da lì è stato selezionato il team, composto da due psicologi e una pedopsichiatra e da una serie di professionisti esterni: una regista di teatro, un fumettista, un esperto di arti marziali e la polizia cantonale.

Più in concreto come si svolge il programma terapeutico?
Il programma si articola su tre cicli. Va precisato che si parla di più tipi di violenza – da quella fisica, verbale, economica, alla violenza contro se stessi. Il giovane non va etichettato come violento – nel suo complesso – ma lo è il suo comportamento in una data e precisa circostanza. Il programma Face à Face Ados si propone proprio di offrire e indicare al giovane altre risorse perché possa finalmente abbandonare gli atti di violenza. Durante la presa di contatto viene effettuata una prima valutazione della situazione. L’adolescente, con la famiglia o il curatore, s’impegnano a stipulare un contratto con l’antenna ticinese di Face à Face. Dopo un primo modulo di tre giorni consecutivi che prevede fra l’altro incontri con l’obiettivo di stimolare riflessioni, confronti e scambio di idee, segue un secondo modulo di cinque incontri di due ore ciascuno, nei quali i giovani lavorano fra l’altro su temi quali la violenza agita, l’autostima, i comportamenti e le loro conseguenze; infine un terzo modulo mira fra l’altro a rafforzare la fiducia in se stessi. Per agevolare gli spostamenti dei giovani che aderiscono al progetto, quale sede di lavoro è stato scelto un luogo centrale, un’aula presso l’Archivio di Stato di Bellinzona. L’attività scolastica o professionale del giovane non è compromessa, c’è a tal proposito una stretta collaborazione tra i Dipartimenti e la Magistratura, va detto infatti che il programma terapeutico può, in alcuni casi, costituire una misura decisa dagli inquirenti o dalle autorità di protezione.

Quali risultati ha raggiunto finora Face à Face Ados? 
I risultati conseguiti a Ginevra sono confortanti. Si parla di un tasso di non recidiva pari all’80% registrata negli ultimi anni. 

Il 7 maggio, dunque, l’esperienza ha preso il via in Ticino. Quanti giovani vi partecipano e come sono stati scelti?
Una volta portati a termine i colloqui individuali con i giovani e le famiglie, il progetto pilota è partito con 5 giovani. È un numero ideale per iniziare. I giovani sono stati scelti da enti e associazioni interessati a questo fenomeno cui sono stati trasmessi nelle scorse settimane i contenuti del progetto che abbiamo già presentato ai plenum di diverse scuole Medie e professionali e agli Uffici dell’aiuto e della protezione (Uap).

Ma qual è il quadro del fenomeno dei giovani con comportamenti violenti in Ticino?
La Strategia cantonale di prevenzione della violenza che coinvolge i giovani ha proprio come obiettivo quello di tenere sotto controllo il fenomeno della violenza sul nostro territorio. Quando si parla di violenza giovanile spesso si pensa al giovane come autore di violenza. Non va tuttavia dimenticato che il giovane può essere vittima o testimone di violenza. Violenza domestica, situazioni di bullismo nelle scuole o nello spazio libero. Quindi la Strategia cantonale combina una serie di misure nei vari ambiti di sviluppo di un bambino e di un giovane. Teniamo d’occhio le statistiche della Confederazione. In Ticino, dopo l’avvio del programma giovani e violenza, c’è stata una diminuzione della violenza giovanile nel suo complesso. L’anno critico in Ticino è stato il 2009. Nel 2015 si è registrato un aumento di reati di media entità. Nel 2016 c’è stato un ulteriore piccolo aumento. I reati di violenza giovanile sono poi rimasti piuttosto stabili e di casi particolarmente gravi non se ne sono registrati. Il fenomeno va comunque monitorato nell’ottica della prevenzione.

Nel progetto Face à Face Ados la presenza della famiglia appare indispensabile. 
Sì, è importante che ci possa essere la famiglia, perché spesso si tratta di famiglie vulnerabili con una carenza di risorse. L’obiettivo del programma prevede anche il sostegno e il coinvolgimento del nucleo familiare, non si propone solo un lavoro individuale con il giovane.

E se il giovane interrompe il programma, a quel punto cosa succede? 
Può essere che il giovane rinunci, ma da parte degli psicologi e della pedopsichiatra saranno attuati i passi necessari affinché il giovane trovi un motivo per partecipare. Soprattutto l’inizio è una fase delicata. Da parte nostra siamo positivi perché crediamo nella bontà del progetto, che è anche attestata dalla buona rispondenza mostrata dai diversi enti presenti sul territorio, consci che contro la violenza giovanile e le sue ricadute sta nascendo una risorsa in più.